Giano bifronte simbolo del doppio volto dell’essere egoico-divino.

Generalmente il simbolo del dio Giano è considerato l’espressione di chi possiede una “doppia faccia”, ovvero di chi è un personaggio truffaldino e falso. Questo è verissimo se applichiamo la simbologia ad un livello prettamente umano, un livello inferiore quindi.

Come Ermete, svilito nel suo significato è arrivato a simboleggiare il basso pensiero macchiavellico dei ladri e dei truffatori, così il simbolo di Giano per lo più indica caratteristiche negative dell’essere umano.

Però ogni simbologia pura, in realtà possiede soprattutto una valenza superiore di interpretazione. In realtà, il dio dalla doppia faccia, indica la duplicità di volto di quell’essere umano che ha risvegliato dal suo sonno di morte il suo alter- ego divino: un volto è così costantemente rivolto verso il mondo esteriore, con le sue gioie e i suoi dolori, le sue pene e i suoi problemi; l’altro invece ha focalizzato perennemente la sua vista e il suo interesse verso l’interiorità microcosmica dell’essere, verso l’universo interiore dell’anima.

In questo contesto, il volto bifronte di Giano è comparabile alla sfinge egizia, composta  per metà da un corpo animale e per metà da un volto umano. Questa dualità della sfinge, anche se indica in realtà propriamente la natura complessa del microcosmo, la ritroviamo nel simbolo di Giano, composto da un volto prettamente egoico ed uno spirituale.

La sfinge  indica quindi lo stato elementare del microcosmo umano, metà divino e metà umano ad un livello però, come dire “eterogeneo”, diviso e scisso, seppur unito in un unico sistema.

Il dio Giano invece sottolinea, con lo sguardo rivolto su due mondi in antitesi tra loro, l’avvenuto risveglio dell’uomo interiore divino, quindi simboleggia uno stato superiore a quello che indica prettamente la sfinge.

Infatti,la dualità del dio Giano è prettamente simmetrica, poiché i due volti sono equivalenti ed indicano in realtà un solo viso in cui la parte mortale si è unita di buon grado con la  parte divina dell’essere , formando un tutto unico.

La sfinge invece non è simmetrica tra le sue due parti, poiché il corpo animale  imprigiona nelle sabbie del deserto il volto umano originale incastrato, come in un trapianto, nella sua parte inferiore mortale, che lo tiene prigioniero nel mondo apparente della dualità.

Nella sfinge lo yin e lo yang in senso superiore, sono delle forze ancora  non armonizzate e sono in competizione tra di loro. Giano invece rappresenta l’avvenuta trascendenza della dualità nell’essere in cui si è formato, quindi, è un simbolo polare ed assiale, non più duale, anche se composto da due volti diversi.

In effetti, a livello macrocosmico, esiste solo l’unità, e l’apparente contrapposizione duale tra le forze dello yin e dello yang che sperimentiamo giornalmente in noi, in realtà risulta essere uno squilibrio proprio perché i nostri due volti, interni ed esterni, non sono ancora simmetrici ed omogenei tra di loro.

Divenire un “Giano” dal volto bifronte nel senso da noi descritto, non è un’impresa facile, dato che fondamentalmente noi preferiamo volgere i nostri occhi verso il mondo esteriore, sono rari coloro che  fanno uscire il volto della propria essenza dal sonno di morte in cui normalmente si trovano tutti gli uomini: costoro si riconosceranno certo nella figura del dio antico, ed apprezzeranno questo simbolismo che rappresenterà l’equilibrio nell’uomo, e non certo una “doppia faccia” con cui ingannare il prossimo.

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Articolo pubblicato il 27/06/2017