Made in Italy in USA: Un grande potenziale a rischio

Quando ed in quale misura potrà intervenire il protezionismo?

Il BBF (bello e ben fatto) italiano ha un potenziale di crescita di 13 miliardi sul mercato americano, ma il neo-protezionismo promosso da Trump potrebbe far sfumare questa rosea prospettiva.

Secondo i dati elaborati dall’ultimo rapporto “Esportare La Dolce Vita” (EDV), la crescita di importazioni BBF provenienti dall’Italia negli USA tra il 2016 e il 2022 sarà almeno del 28%, fino a raggiungere quasi 13 miliardi nel 2022, confermandosi il primo mercato per il BBF italiano.

Questa previsione rappresenta però, solo lo scenario di conservazione delle quote di mercato. Con l’aumento delle quote, l’import potenziale dall’Italia potrebbe arrivare fino a 20 miliardi.

Questi numeri rappresentano i vantaggi concreti che imprese e Sistema Paese possono raggiungere lavorando insieme per il successo del BBF italiano.

Tra gli oltre 200mila esportatori italiani però, solo 40mila vendono negli Stati Uniti e la causa principale è la distanza, 7mila chilometri che separano l’Italia dalla costa est americana.

Altri fattori sono la minore conoscenza del mercato, le norme diverse e più rigide di quelle UE e le dimensioni relativamente piccole della maggioranza delle imprese italiane che hanno gli USA come primo mercato di sbocco.

Un’adeguata tutela dei canali distributivi tradizionali, lo sfruttamento dell’e-commerce e del brand Italia e maggiori sinergie fra i settori BBF e il settore del turismo sono le principali strade per il rafforzamento della presenza italiana negli USA.

Secondo quanto stimato nel rapporto EDV per import proveniente dall’Italia, nel 2022 le aree più promettenti per gli acquisti saranno quelle intorno a New York (6,7 miliardi di euro) e la California (1,5 miliardi di euro).

La nautica costituisce il settore più promettente: le imbarcazioni italiane, oltre a presentare le caratteristiche tipiche del BBF, svolgono un ruolo chiave perché veicolano al proprio interno altri prodotti BBF e sono quindi vere e proprie vetrine mobili per esportare la dolce vita.

Il caso della nautica da diporto negli USA rappresenta un utile esempio di superamento degli ostacoli dovuti a “divergenza regolamentare”; nonostante le numerose differenze a livello di normative per la costruzione delle unità, nel 2015 l’Italia si è aggiudicata la fetta di mercato più ampia negli USA (23,2%) davanti a Canada (12,8%), Francia (11,3%) e Messico (10,8%). 

Sulle buone prospettive del BBF negli USA incombe lo spettro del neo-protezionismo. Se messo in atto potrebbe condizionare gli scenari delle importazioni americane, sfumando una parte dei vantaggi prospettati per il BBF.

Lo scenario prudente, adottato nel rapporto EDV come base, registra un peggioramento delle condizioni di accesso ma nessuna guerra commerciale.

Ben prima della Presidenza Trump, la crisi ha infatti formato uno spartiacque tra i processi di liberalizzazione e il protezionismo strisciante. L’idea di fondo è che a queste non seguiranno vere e proprie rivoluzioni della politica commerciale americana, almeno per ciò che interessa le imprese italiane e gli strumenti più tradizionali come i dazi.

Le imprese del BBF dovranno probabilmente confrontarsi con ulteriori certificazioni e nuovi passaggi burocratici che possono rendere oggettivamente più complessa l’attività di esportazione e incentivare una presenza diretta sul territorio americano.

Giada Speziale

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Articolo pubblicato il 30/06/2017