CULT PER L'ESTATE - "La rabbia giovane"

Esordio cinematografico per Terrence Malick, una atipica storia d'amore "on the road" per una giovane coppia allo sbando

Era il lontano 1973 quando nei cinema usciva "La rabbia giovane" ("Badlands" in lingua originale), prolifico periodo storico a seguito dei mitici "Easy Ryder" e "Punto zero" (da noi consigliato la scorsa estate) altri due film intrisi di libertà e ribellione sullo sfondo dei magnifici panorami naturali degli Stati Uniti.

Primo film scritto, diretto e prodotto da Terrence Malick; qui al suo esordio di una carriera che lo porterà poi a diventare uno dei massimi esponenti nel campo dell'unione di arte e cinema, ricerca della cura nella forma come ne significato; uno dei registi "anti-commerciali" per definizione.

Dopo aver diretto pochi anni più tardi (1978) "I giorni del cielo", altro film con non pochi punti in comune con quello di cui parliamo di oggi (l'amore, la fuga, la violenza); la sua "ricerca artistica" lo porterà addirittura a prendersi vent'anni di pausa prima di dirigere un nuovo film.

Bisognerà infatti aspettare il 1998 per il ritorno di Malick, attesa più che premiata dal risultato, visto che il regista spiazza di nuovo il pubblico con "La sottile linea rossa", poetica quanto sanguinosa finestra sull'anima umana che per il sottoscritto va inserito tra i migliori film di guerra di sempre; assieme ad "Apocalypse Now" di Coppola e i due capolavori Kubrickiani "Orizzonti di gloria" e "Full metal Jacket".

Parlare di Malick non è certo facile, in quanto come detto un regista che punta a tutto ma meno che mai a "impiacentirsi" il pubblico con le solite banalità Hollywoodiane.

Un regista che fa della cura dell'immagine in ogni singolo fotogramma un'ossessione, una sinfonia di inquadrature atte ad aprire il cuore e la mente dello spettatore sui drammi interiori dei suoi personaggi; narratore di storie basate sulla semplicità di sceneggiatura e dialoghi come pochi altri, il tutto inserito in un contesto di montaggio e scenografie orchestrate ad arte come pochissimi altri suoi colleghi sono in grado.


Ma di cosa parla questo film? Perchè merita di essere visto, rivisto e capito in tutte le sue sfumature?

Analizziamo più nel dettaglio tutta la sua forza e curatissima bellezza punto per punto.


BONNIE E CLYDE ALLA MALICKIANA
Ispirato (molto liberamente) a un reale fatto di cronaca degli anni '50, la storia è incentrata sul rapporto di amore tra un giovane Martin Sheen e l'ancora più giovanissima Sissy Spacek.

I due giovani innamorati non esitano a uccidere il padre di lei per poi darsi alla fuga lungo le immense praterie americane, dal sud Dakota fin quasi al confine col Canada dove la polizia mette finalmente termine alla loro avventura.


Ancora lontano dal successo internazionale come protagonista tormentanto del citato "Apocalypse Now", Sheen interpreta un "ragazzaccio" alla James Deen (analogia citata anche dai poliziotti che gli danno la caccia) decisamente atipico per il ruolo.

Senza alcuna esitazione o rimorso nell'uccidere chi gli sbarra la strada, rimane sempre e comunque un personaggio pacato e tranquillo, tenero e comprensivo verso la sua compagna e che affronta serenamente le difficoltà di giorno in giorno senza andare fuori di testa; pur nell'evidente follia omicida di base che guida i suoi istinti e impulsi più primitivi.

Dall'altra parte invece la Spacek, che di li a poco approderà alla fama internazionale con lo splendido "Carrie" di Brian De Palma; interpreta un personaggio molto più "confuso", istintivo e bisognoso di protezione prima dal padre e poi dal suo fidanzato.

Ma la giovane quindicenne dimostra comunque di non essere una pedina incapace di pensiero proprio, intanto come voce narrante di tutta la storia che ci guida e spiega le motivazioni della ragazza e il suo amore per il ragazzo nonostante gli omicidi.


Una violenza che però a lungo andare finirà con l'aprire una breccia e separare i due innamorati, special modo la giovane Spacek ormai stanca di scappare e nascondersi vivendo alla giornata braccati come criminali.


ORIZZONTI INFINITI D'AMERICA
Malick riesce come pochi a riassumere nelle sue immagini il senso di "sconfinata libertà" che i grandi panorami americani sono in grado di suscitare.

Alla pari dei campi lunghissimi di Leoniana memoria negli vecchi spaghetti western (o quelli alla John Ford per i western più classici), il regista ammalia l'occhio dello spettatore con distese infinite di una America così grande che l'occhio non l'abbraccia.


Tramonti e albe a fior dell'orizzonte lungo la strada dei due fuggiaschi, mentre sullo sfondo le montagne del confine si fanno sempre più vicine.

Forse ci vogliono due criminali in fuga per assaporare meglio questo tipo di libertà, una distesa immensa di possibilità nella quale perfino i protagonisti lasciano decidere a una bottiglia la direzione da prendere per la loro nuova vita.


Un amore e una libertà che però come detto hanno una data di scadenza, vuoi per gli impulsi ancora adolescenziali di una ragazzina che sta ancora crescendo e non sa bene cosa decidere; vuoi per gli impulsi criminali di un ragazzo più grande che però non trova posto nella società e decide di darsi alla macchia, vivere alla ventura finchè può e godersi il suo amore del momento anch'esso destinatoa svanire.

Un ragazzo squinternato che però è anche ammirato, nella sua libera e lucida visione della vita, perfino dai poliziotti stessi che finiranno per arrestarlo; i quali lo circondano affascinati e divertiti dal suo comportamento prima di portarlo via alla sentenza finale che sancisce la chiusura del film, sempre sotto voce narrante della giovane Spacek ormai separata dalla sua fiamma giovanile.



CON TUTTA L'UMILTA' A CUI IL SOTTOSCRITTO E' CAPACE DI FARE APPELLO PARLANDO DI UN REGISTA UNICO COME TERRENCE MALICK, NON POTEVO NON APRIRE IL MIO PICCOLO "CICLO ESTIVO" DI FILM CULT SE NON PARTENDO DA QUESTO CAPOLAVORO (UN PO' DIMENTICATO) DEGLI ANNI '70, VERTICE D'INIZIO DI UNA CARRIERA DA "POETA DEL CINEMA" COME AHINOI NON CE NE SONO PIU' MOLTI AL GIORNO D'OGGI, QUINDI QUEI POCHI CHE CI RESTANO AMIAMOLI E COCCOLIAMOLI E NON SMETTIAMO MAI DI RIVEDERE E APPREZZARE LE LORO OPERE.

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Articolo pubblicato il 02/07/2017