Pamparato (CN) Festival del Saraceni

Sonate Italiane Marchio DOC. Giovedì 13 luglio ore 21, Salone del Palazzo Comunale

Il farmacista burlato - ovvero un pasticcio alla maniera del Settecento, Quasi-opera di Corrado Rollin su musiche di vari reputati Maestri, Sabato 15 luglio ore 21, Chiesa Parrocchiale di San Biagio

Prosegue con successo il programma del Festival di musica antica dei Saraceni che ha già felicemente concluso la prima settimana con quattro concerti a Pamparato e in altre sedi del Monregalese.

La settimana che è appena iniziata prevede due appuntamenti, il 13 e il 15 luglio

Il concerto del 13 luglio alle ore 21, si terrà nella prestigiosa sala del Castello di Pamparato oggi sede del Municipio con il seguente programma:

Antonio Vivaldi (1678 -1741)

Sonata in si bemolle maggiore per violoncello e basso continuo RV 46

Largo – Allegro – Largo – Allegro

Santo Lapis (1699-1765)

Sonata terza in do maggiore per clavicembalo solo (Dodici Sonate per cembalo)

Spiritoso

Francesco Geminiani (1687-1762)

Sonata in re minore per violoncello e basso continuo op. 5 n. 2

Andante – Presto – Adagio – Allegro

Santo Lapis

Sonata ottava in la maggiore per clavicembalo solo (Dodici Sonate per cembalo)

Allegro

Salvatore Lanzetti (ca 1710-ca 1780)

Sonata in la minore per violoncello e basso continuo op. 1 n. 9

Adagio – Allegro – Andante

Ensemble ArtiCoolAzione

Nicola Brovelli, violoncello

Luigi Accardo, clavicembalo

“Il repertorio barocco, come annota il professor Giovanni Tasso, riserva ai suoi appassionati sempre nuove sorprese, grazie alla incessante ricerca musicologica che da mezzo secolo continua a riportare alla luce opere e compositori caduti da tempo nell’oblio.

Nella maggior parte dei casi si tratta di figure di importanza secondaria se non addirittura marginale, ma ognuno di questi compositori va ad aggiungere una nuova tessera a quel meraviglioso mosaico che è la produzione musicale fiorita tra il XVII e il XVIII secolo, di cui oggi viene eseguita normalmente solo una minima parte.

Questo concerto ha il merito di riproporre due sonate per clavicembalo di Santo Lapis, compositore, arrangiatore di pasticci operistici e impresario teatrale nato a Bologna nel 1699, sulle cui vicende biografiche continuano a permanere più luci che ombre.

Dopo aver ricoperto una serie di incarichi musicali tra Bologna e Venezia, nel 1733 Lapis – che, a dispetto del nome di battesimo proprio santo non doveva essere – abbandonò la moglie e il figlioletto per fuggire con un’altra donna nei territori dell’impero asburgico, dove ebbe inizio il suo lungo peregrinare in tutto il continente.

Dopo essersi unito a una compagnia operistica itinerante, Lapis cominciò a farsi notare in alcuni dei principali centri periferici dell’attuale Austria, ma – quando era ormai pronto per il grande salto nel paradiso dorato di Vienna – scoppio la Guerra di Successione Austriaca, che lo costrinse a fuggire in Olanda, dove rimase per una quindicina di anni raggiungendo un buon successo, organizzando concerti in abbonamento e stagioni operistiche, impartendo lezioni ai rampolli della borghesia e della nobiltà locale e scrivendo opere di pregevole fattura per il numero sempre maggiore di musicisti dilettanti di Amsterdam, L’Aja, Haarlem e Leida.

Nel 1757, ormai giunto alle soglie della sessantina, Lapis si trasferì nella prospera Inghilterra, dove continuò a dare prova del suo multiforme talento fino alla sua morte, avvenuta nel 1765.

Subito dopo la sua scomparsa, di Lapis si perse quasi completamente la memoria e la sua produzione andò in gran parte dispersa, al punto che delle sue 18 opere a stampa sei sono andate irrimediabilmente perdute e delle altre ci sono pervenute pochissime copie, mentre del suo copioso catalogo operistico si è salvato un solo titolo, La generosità di Tiberio, un’opera seria messa in scena a Venezia nel 1729.

Di questo fascinoso compositore vengono proposte tre delle dodici sonate composte nel 1746 per la ventenne contessina russa Elisabeth Esperance Golowkin, che probabilmente fu una delle allieve di Lapis durante il suo soggiorno all’Aja.

Si tratta di opere brillanti e tutt’altro che banali sotto l’aspetto tecnico – un fatto che depone sul talento che doveva avere la ragazza – che sotto il profilo stilistico anziché guardare verso le allora nuove suggestioni rococò si riallacciano alla collaudata scrittura di Domenico Scarlatti, che in quegli anni continuava a sfornare sonate su sonate a Madrid.

La vitalità cordiale e coinvolgente di queste opere tratteggia l’immagine di un autore che aveva saputo imporsi efficacemente nei colti salotti della borghesia olandese e che – fatti gli opportuni distinguo – seppe incarnare lo spirito malandrino e avventuroso di un certo Settecento come i ben più noti Giacomo Casanova e Lorenzo Da Ponte.

Per accompagnare il ritorno del compositore bolognese sono state scelte tre sonate per violoncello e basso continuo di una stella di prima grandezza, un satellite (di Arcangelo Corelli) e una meteora del panorama musicale italiano del XVIII secolo.

Accanto alle due note pagine di Antonio Vivaldi e di Francesco Geminiani – concepite secondo la struttura della sonata da chiesa, con una doppia alternanza di movimenti lenti e veloci – spicca la bella Sonata di Salvatore Lanzetti, compositore originario di Napoli e attivo per molti anni alla corte torinese di Vittorio Amedeo II, da dove partì per diverse fortunate tournée all’estero – soprattutto in Inghilterra – che gli permisero di mettere in grande evidenza il suo sbrigliato virtuosismo.

Più che per la raccolta di sonate per violoncello e basso continuo pubblicata nel 1736, Lanzetti è passato alla storia della musica per i Principes de l’application du Violoncelle par tous les tons, un metodo per violoncello che riscosse un notevole successo per molti anni.


Sabato 15 luglio ore 21.00

Pamparato – Chiesa Parrocchiale di San Biagio

il farmacista burlato – ovvero un pasticcio alla maniera del settecento

Quasi-opera di Corrado Rollin su musiche di vari reputati Maestri

Christian Chiggiato: Sempronio, farmacista

Francesca Lanza: Leonora

Mimo: Carletto, suo figlio

Corrado Rollin: don Annibale Pistacchio, cliente di Sempronio

Coro degli Allievi del Summer Camp di Pamparato

Con l’ensemble strumentale I Musici di Santa Pelagia

Nicola Brovelli, violoncello

Violino I, violino II

Maurizio Fornero, clavicembalo e direzione

Così l'autore Corrado Rollin ci presenta la serata. “Immaginiamo di trovarci in una farmacia del Settecento, con i loro scaffali polverosi di legno scuro, pieni di bellissimi vasi bianchi e blu colmi di erbe essiccate ed essenze provenienti da paesi lontani, con l’aria che profuma di aromi misteriosi e con dietro il bancone Sempronio, il burbero farmacista.

Mettiamo che detto farmacista abbia una figlia, Leonora, innamorata di un giovane che non va a genio al padre, che vorrebbe invece farle sposare un suo vecchio amico. Aggiungiamo poi un fratellino furbo, che chiameremo Carletto, con un sacco di compagni di scuola pronti a ogni burla e un povero cliente, don Annibale Pistacchio, pieno di acciacchi incomprensibili, che spera di ottenere qualche medicina che lo guarisca e invece deve sorbirsi le lamentele del farmacista.

Adesso aggiungiamo delle musiche, tutte rigorosamente non originali perché già usate in qualche altra opera che tanto il pubblico non conosce.

Mettiamoci sopra delle parole nuove per raccontare la nostra storia e otterremo un pasticcio... Sì, un “pasticcio”, nel Sette-Ottocento si chiamavano così gli spettacoli che adattavano musiche di opere famose a un libretto nuovo.

A volte era il compositore stesso che riutilizzava propri brani, dando loro nuova vita in un altro contesto. A volte invece, visto che il diritto d’autore non esisteva, i compositori erano diversi. Non li si interpellava affatto, ma molto semplicemente li si saccheggiava per mettere insieme con le loro musiche una storia fino ad allora mai vista.

Sono stati pasticci il Bajazet di Antonio Vivaldi, il Muzio Scevola di Georg Friedrich Händel, L’ape musicale su testo di Lorenzo da Ponte che utilizza brani di Mozart, Salieri, Cimarosa, Zingarelli e Rossini.

Rossini stesso autorizzò due pasticci su musiche sue Ivanhoé e Robert Bruce.

Insomma erano dei collage, spesso di soggetto comico, che davano la possibilità al pubblico abituato ad andare a teatro di riconoscere i brani originali rivestiti di un nuovo testo.

I telespettatori meno giovani ricorderanno di certo “La biblioteca del Quartetto Cetra” che utilizzava la stessa tecnica, adattando romanzi famosi alle canzonette più in voga. Sentendo la melodia di “Maria” di West Side Story cantata su “Faria, io sono l’abate Faria” nel Conte di Montecristo il divertimento era assicurato.

Spettacoli simili vengono oggi portati con successo nei teatri italiani dagli Oblivion che adattano Otello cantando per esempio “È il Moro che sale” sul tema di “Sapore di sale”... “Cambiare le parole” è un vecchio metodo che si usa nel varietà, quindi questa volta ci proviamo noi...

Il libretto del Farmacista burlato ricalca i modelli settecenteschi italiani, ma il risultato è una specie di Singspiel, con brani cantati che si alternano a brani recitati (come si fa anche nell’operetta e nel musical). I ragazzi sono coinvolti nella drammaturgia e si troveranno immersi in un universo sonoro e teatrale che è a tutti gli effetti quello del grande repertorio del XVIII secolo, dove noi abbiamo rubacchiato senza vergogna. In effetti dobbiamo anche confessare che Sempronio l’ha inventato Goldoni, Leonora Ditters von Dittersdorf e don Annibale Pistacchio Donizetti. Ma fa lo stesso, l’importante è andare in scena...”

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Articolo pubblicato il 10/07/2017