Il dramma sulla SS 24 della val di Susa. Assassinio stradale premeditato

Dopo il terribile fatto di cronaca, un oltraggiato momento di riflessione su quanto le motociclette, al pari delle biciclette, siano l'anello debole della guerra che si consuma quotidianamente sulle nostre strade.

Sono trascorsi un paio di giorni dall'olocausto di Elisa Ferrero e dalla distruzione di un’altra vita appesa a un filo, quella di Matteo Penna, i due giovani spiaccicati sulla loro moto contro un guardrail da quel Maurizio De Giulio, recidivo rissoso, l'inseguitore ''offeso'' da un diverbio consumatosi sulla statale della valle di Susa, che ha placato i suoi istinti nel più bieco dei modi.

Un fatto di cronaca che ha sollevato profonda emozione e sulla sua dinamica già sembra essersi fatta chiarezza. Il giornalismo impone di non esprimere giudizi, quindi qui mi libero della qualifica e scrivo come un semplice ometto, aggiungendo la mia vicinanza alle famiglie certamente distrutte come fu la mia a suo tempo.

Le notizie si aggiornano, le testimonianze si fanno agghiaccianti, i dubbi sfumano e il popolo dei motociclisti, che già aveva capito, sui social network mastica rabbia e invoca giustizia. Questo non è un incidente, è ben altro! Sono in molti a raccontare di certe simili esperienze scampate per un pelo.

Si tratta di un vomitevole, raccapricciante esempio della parte più oscura che si cela nella natura di alcuni esemplari di questa rozza razza umana, fortunatamente non di tutti o non nella medesima dose.

il criminale ha inseguito la moto, ha schiacciato, ha trascinato sull'asfalto i corpi sotto agli occhi della gente attonita. A bordo aveva moglie e figlia! Poi è sceso senza mostrare pentimento. Aggiornando la cronaca a quattro giorni dopo, secondo i Tg, per il momento rimane agli arresti (ci mancherebbe!), ma l'avvocato rassicura, l'uomo si difende: "non volevo uccidere"....

Omicidio stradale? Non sarà mai! È un killeraggio volontario ispirato dalla rabbia repressa che a sua volta reprime gente pericolosa, ma senza volto, senza una bandiera che permetta di identificarla. Gente brutta che si muove sulle strade ''armata'' di mezzi meccanici sempre carichi e pronti a colpire.

Oggetti che, per vari motivi legati a ben altre, recenti tragedie, abbiamo finalmente iniziato a considerare per quello che sono se usati come armi da guerra. Ne abbiamo tutti almeno uno, pronto a combattere. È una guerra che si consuma sulle strade da sempre, ma con sottovalutato silenzio. Una guerra che, da vittima della strada, motociclista abbattuto al suo passaggio qual io sono, denuncio da tempo.

Il fatto di cronaca legato alla pazzesca, sfortunata sorte dei due giovani fidanzati, forse può aprire un varco all'autocritica, ad un più lucido ragionamento che ci aiuti a trovare la verità in noi stessi e a sfatare vecchi, abusati modi di dire.

Le motociclette erano oggetti pericolosi tanti anni fa, quando avevano sospensioni a trapezio, pneumatici buoni per i carretti e freni ridicoli. Oggi sono mezzi perfetti, sicurissimi se guidati con la giusta attenzione. È dunque la motocicletta un oggetto pericoloso? Certamente no! E questo vale anche per la bicicletta. Non ringhiano, non mordono e se ben adoperate non fanno male a nessuno. Vale per molto di ciò che la nostra società, in teoria evoluta, ha saputo costruire, camion e automobili comprese, ma l'olocausto di chi viaggia sulle due ruote o anche solo a piedi, sembra non volersi arrestare.

L'assassino della statale 24 è un caso particolare, ma non isolato. Molti soggetti squilibrati seduti al volante ce l'hanno con il prossimo e soprattutto con quelli a due ruote. Sarà perché vanno più svelti, sarà perché fanno talvolta troppo rumore, sarà perché chissà quel che sarà, ma per chi è andato tanto in motocicletta guardando avanti verso la strada, il fenomeno è ben conosciuto.

Questo è quanto accade dentro alla testa di un altro, di uno sconosciuto che si sente offeso per essere stato superato da una moto solo perché andava più piano o mentre friggeva di rabbia mentre era fermo in colonna, ma nella testa di chi? Bella domanda!

Manca una bandiera di segnalazione sul tettuccio della vettura pilotata dal rissoso, dal violento, dal pregiudicato, dall'ubriaco, dall'isterico, dallo stressato, dal depresso autista vittima dei casi suoi che sta guidando in quel momento. Ma chi è? Nessuno di noi lo è mai stato anche e solo per un breve istante? Mai il fascino di un istinto omicida ci ha sedotto da un oscuro lato del cervello anche in un fuggitivo momento? Qualche volta è successo pure a me. La differenza sostanziale è l'arma che si stringe in quel momento e poi, la volontà di usarla oppure di placare subito l'istinto o persino di deridere se stesso.

Insomma, è questione di carattere, di cultura, di educazione, di un radicato senso dell'appartenenza che sta cedendo all'individualismo represso e violento che è in fase dilagante. Il trend delle risse e degli omicidi in seguito a discussioni "stradali" è in progressivo aumento, talvolta anche a causa di un semplice parcheggio o di un'occhiata trasversale.

Ma per ritornare all'arma, c'è una bella differenza tra un furgone che la schiaccia ed una motocicletta con due ragazzi seduti sul sellino. Neppure un certo "sinistro" senso dell'onore, il coraggio di una sfida ad armi pari, ma crudeltà e vigliaccheria aggiunta di chi, appollaiato nel suo "carro armato", sa che nel torneo contro l'innocuo cavaliere disarmato, lui non rischia niente, almeno non fisicamente. Non è affatto un caso isolato, molti di noi si trasformano in mostri una volta chiusi nelle ipotetiche fortezze!

Ecco dunque logico mettere mano ai pesi delle forze in campo che tutti i giorni si scrutano da un finestrino all'altro, pronti a partire per la guerra che si consuma sulle strade: migliaia di mortI e vite devastate che non saranno mai più le stesse, immolate ogni anno.


Chi cammina, chi viaggia in bici oppure in moto è parte debole, è un bambino facile da picchiare, è persona da difendere e da rispettare dagli uomini di buona volontà, sulle statali come in città.

Ci vuole coraggio di questi tempi nevrotici a coltivare quella bella passione delle due ruote che di per sé richiede un certo "equilibrio". L'esperto conosce il rischio nascosto tra il traffico e le migliaia di "volubili caratteri alla guida". Pericoli non identificati da alcuna bandiera di segnalazione sul tetto di un'arma "pesante" che, nascosta tra tante, è in agguato sovente e solo per distrazione, ma sempre carica di tutto il suo potenziale. Chi guida la moto è sempre molto attento. In molti casi non basta. Quello in questione è fuori categoria, è un omicidio raccapricciante! L'arma? Un automezzo...

Un mostro silente che, tra imprevedibili mani, circola nel flusso della guerra non dichiarata, in un tutti contro tutti che non è eguale per tutti, momentaneamente quieto fino a quando qualcosa non scatena quel sinistro, assassino, incontrollato apparato della mente, e qualche altra vittima della strada cade. Forse la si poteva evitare. Ma come?

E intanto: nel weekend altri cinque eroi senza paura stesi sull'asfalto e sei arresti in attesa di giudizio. Stiamo vivendo male, nonostante gli aumenti degli standard di sicurezza, siamo tutti a rischio dei nostri mostri interiori o di quelli che stiamo incrociando per caso. Vale la pena parlarne.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 11/07/2017