Anche l’Italia avrebbe bisogno di un Macron

Riflessioni sull’assenza di leadership nella politica nostrana.

Diciamolo chiaramente, da quando il sette maggio il 39enne Emmanuel Macron è salito all’Eliseo, poco più di due mesi, è già riuscito a rifilare all’Italia tre begli schiaffi.  

Non poco per essere a capo di un Paese amico, verrebbe da pensare.

In primo luogo la questione libica: il presidente francese ha avuto il merito di convocare a Parigi i leader delle due fazioni cui è diviso il paese africano: Fayez al Serraj, primo ministro del governo libico di unità nazionale e unico riconosciuto come legittimo dall’ONU, e Khalifa Haftar, capo dell’Esercito nazionale libico e di fatto leader della Libia orientale.

Ovviamente l’interesse nemmeno troppo malcelato dietro questo tavolo della pace organizzato dai galletti è quello di entrare a gamba tesa nell’economia libica, bypassando l’Italia che, al solito, resta a guardare.

A Macron poi, pare non dispiacere il ruolo di paciere mondiale, facendo intravedere quella voglia di invischiarsi nelle questioni africane che tanto è manifesta nella storia francese.

Il Renzi francese, così era stato impropriamente battezzato da alcuna stampa italiana, dimostra di avere le idee chiare anche sull’immigrazione, proponendo la creazione di hotspot in Libia entro la fine dell’estate.

Di questi centri d’identificazione per migranti direttamente sulle coste del “partente” si parla e se n’è parlato a lungo nelle sedi europee, anche prima dell’avvento del Napoleone odierno, solo che nessuno ha mosso un dito.

Molti obiettano dicendo che è una cosa nemmeno troppo legale, in quanto si tratterebbe di occupare le coste di uno stato sovrano senza le necessarie autorizzazioni: infatti non si è ben capito con chi interloquire a livello politico.

Una cosa però è certa, Macron ha le idee e la volontà di portarle avanti, e in questo momento pare una Ferrari contro delle Panda, se paragonato ai sonnacchiosi burocrati europei.

L’ultimo ceffone, quello più forte, viene dall’affaire Sain Nazaire: la decisione del gabinetto francese è quella di nazionalizzare i cantieri Stx, facendo perdere un appalto importante al colosso italiano Fincatieri, oltre che svariati punti in borsa.

I fan dell’enfant prodige francese, quelli che avevano salutato la sua vittoria a colpi di bella ciao, ringraziando il popolo della baguette per aver scartato la nazionalista Le Pen, ora sembrano già rimangiarsi tutto.

Strillano che è venuto meno il principio di reciprocità, e che si tratta di un grave affronto verso l’Italia.

Già, magari hanno ragione, però chi li ascolta? Che azioni possono intraprendere verso gli odiati cugini?

E soprattutto chi se ne fa carico?

Non certo Mattarella, buon Presidente, ma limitato a distribuire moniti e presenziare a inaugurazioni.

Non certo Gentiloni, Primo Ministro senza capire bene come, che ha il carisma e l’autorità di una triglia.

Non certo Alfano, Ministro degli Esteri, la cui presenza basterebbe per confermare quanto poco sia serio il nostro Paese.

E’ proprio quest’assenza di leader forti, capaci di farsi ascoltare dai grandi interlocutori europei e, se necessario, in grado di sbattere i pugni sui tavoli giusti che preoccupa.

Serve un leader in grado di mettere al primo piano l’interessa nazionale.

Già, perché è proprio quello che sta facendo, giustamente, Macron. Mettere al primo posto gli interessi dei francesi, con tanti saluti ai discorsi europeisti che avevano scandito la sua vittoria.

E quello che preoccupa è che anche andando a scandagliare le fila dei partiti italiani più rilevanti, non si trova nessun con una capacità di leadership simile: non me ne vogliano i Renzi, Di Maio, Salvini e Meloni.
Berlusconi, per età e inagibilità politica tendo a non considerarlo.

Intanto Macron giovedì ha incontrato la Merkel con l’obiettivo di ridiscutere le regole di Shengen.

La legge sulla libera circolazione in terra europea non piace più ai due paesi dell’Europa centrale, così come a molti altri. E la colpa è soprattutto dell’Italia: in Francia gli immigrati sarebbero aumentati del 156% nel 2016 rispetto all’anno precedente e ciò sarebbe causato dagli scarsi controlli fatti nel Belpaese

Chiudere le frontiere in uscita ci getterebbe in ulteriori guai, e probabilmente non sarebbe giusto che solo noi ci trovassimo a fronteggiare un’emergenza provocata anche da altri, francesi in testa. Già, ma chi sarebbe in grado di denunciare la cosa? Chi verrebbe ascoltato autorevolmente a livello europeo?

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Articolo pubblicato il 30/07/2017