Lavoro, libertà e dignità

Il lavoro ci farà liberi, la libertà ci farà grandi

In questi giorni le cronache ospitano numerosi interventi in merito alla questione libica. E più in generale quella africana nel contesto di una migrazione ormai strutturale.

Su La Stampa del 5 agosto si può conoscere la posizione in merito dei sindaci libici. Faraj Aban, Primo cittadino di Janzur, spiega: “Ci servono corsi di formazione per i giovani: devono imparare un lavoro se vogliamo che non finiscano in crimini e traffico di migranti”. Un lavoro dalla funzione pedagogica, quindi, che allontana dalle scorciatoie della criminalità e consegna all’uomo un’armoniosa dignità produttrice. Riecheggia così la massima garibaldina “il lavoro ci farà liberi, la libertà ci farà grandi”.

In una società in cui, scrive Umberto Galimberti, “più si fa tecnologica, più si riducono i posti di lavoro. E paradossalmente quello che è sempre stato il sogno più antico dell'uomo: la liberazione dal lavoro si sta trasformando in un incubo”, qual è il posto per il lavoro che libera e rende grandi?

È una preoccupazione che, come gruppo di imprenditori, abbiamo più volte indagato: consapevoli delle opportunità, teoriche, dell’Internet delle cose; nonché degli aspetti negativi, pratici, che quest’ultima rivoluzione industriale, a livello occupazionale, con ineluttabilità porta con sé.

Citiamo “un principio molto semplice” che un presidente di un’associazione locale di volontariato con disabili riferiva a un quotidiano online, ArticoloTre, “quando conosci una persona domandi due cose “come ti chiami” e “che lavoro fai”. Non poter rispondere, non avendo un lavoro o non avendo acquisito delle capacità spendibili all'esterno, influenza molto la dignità della persona”. 

L.V.C.

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Articolo pubblicato il 07/08/2017