Cresce in Europa il fenomeno delle bande armate islamiche

Il fallimento del modello multiculturale tedesco certificato da uno studio dell’Università di Munster

In un’Europa, sempre più invasa da flotte di immigrati e rifugiati politici di fede musulmana, fioriscono e si consolidano, ogni giorno di più, ghetti islamici e “no go zones”, vere e proprie aree territoriali autogestite, off-limits per la polizia, sotto il controllo di bande armate, sottratte al controllo dello Stato.

Uno dei paesi maggiormente colpiti da tale processo di islamizzazione è la Germania che, dopo aver preso atto della situazione, in maniera improvvisa e drammatica, la notte di Capodanno del 2015, quando, nel centro di Colonia, migliaia di uomini di origine “araba o nordafricana” molestarono ed aggredirono sessualmente più di 500 donne tedesche, oggi, giorno dopo giorno, sta sempre più aprendo gli occhi riguardo alla mancata integrazione dei milioni di turchi ed immigrati islamici presenti sul proprio territorio.

Uno scenario suicida, efficacemente descritto in un brano tratto da un documento riservato del governo tedesco, pubblicato su Die Welt, dove si legge:

«Noi stiamo importando l’estremismo islamico, l’antisemitismo arabo, i conflitti nazionali ed etnici di altri popoli, come pure una diversa concezione della società e del diritto. Le agenzie di sicurezza tedesche non riescono ad affrontare questi problemi di sicurezza importati e le conseguenti reazioni da parte della popolazione tedesca».

Il fallimento del modello multiculturale tedesco è stato chiaramente messo in luce in uno studio di 22 pagine, realizzato dal Dipartimento di Religione e Politica dell’Università di Münster e riportato dal Gatestone Institute, intitolato Integrazione e religione dal punto di vista dei turchi che vivono in Germania (Integration und Religion aus der Sicht von Türkeistämmigen in Deutschland) dove si evidenzia come «quasi la metà dei tre milioni di turchi che vivono in Germania crede che sia più importante rispettare la legge islamica della Sharia piuttosto che la legislazione tedesca, se esse si contraddicono. (…)

La ricerca – che si basa su un sondaggio che ha coinvolto i turchi che vivono in Germania da molti anni, spesso decenni – confuta quanto asserito dalle autorità tedesche, ossia che i musulmani sono ben integrati nella società tedesca».

Secondo il documento dell’Università di Münster il 47% degli intervistati concorda infatti con l’affermazione che «l’osservanza dei comandamenti della mia religione è per me più importante rispetto alle leggi dello Stato in cui vivo», il 32% degli interpellati è favorevole al fatto che «i musulmani dovrebbero battersi per tornare a un ordine societario come ai tempi di Maometto»; il 36% ritiene che «solo l’Islam è in grado di risolvere i problemi dei nostri tempi»; il 20% degli interpellati dichiara che, «la minaccia che l’Occidente pone verso l’islam giustifica la violenza»; il 7% ritiene che «la violenza è giustificata per diffondere l’Islam», e via così con statistiche inequivocabili di tale tenore.

Negli ultimi tempi, la latitanza o leggerezza del governo nell’affrontare tale processo di islamizzazione ha favorito la nascita di gruppi di vigilanti anti-musulmani, che hanno portato la Bundesamt für Verfassungsschutz (BfV), l’intelligence interna tedesca, a mettere in guardia, nella sua ultima relazione annuale, circa i concreti rischi di un innesco di una pericolosa spirale di incontrollabili reazioni che potrebbero portare ad una guerra aperta tra bande contrapposte per le strade della Germania.

Tra le bande musulmane tedesche, una delle ultime nate, a maggio 2017, sono i Germanys Muslim, un gruppo di bikers, in stile Hell Angels, che, come scrive il Die Welt, si propongono l’obiettivo di proteggere i loro “fratelli” minacciati dall’islamofobia crescente.
Il gruppo, fondato da Marcel Kunst, un tedesco convertito all’Islam, con il nome di Mahmud Salam, ha sedi a Mönchengladbach, Münster e Stoccarda ed aspira a diffondersi progressivamente in tutta la Germania. Sulla loro pagina Facebook, dove contano circa un migliaio di seguaci, il gruppo viene presentato come una libera iniziativa di cittadini «che promuove la pacifica convivenza tra musulmani e non musulmani in Germania».

Tuttavia, la polizia tedesca concorda molto poco con tale discutibile definizione, sottolineando come molti dei suoi membri anziani siano noti salafisti radicali, a cominciare dallo stesso fondatore, Kunst, definito un «islamista che si muove nei circoli salafisti».

La preoccupante crescita del fenomeno salafista in Germania è stata confermata nella relazione annuale della Bundesamt für Verfassungsschutz, pubblicata lo scorso 4 luglio, che riporta come il salafismo sia un «movimento islamico in rapida crescita in Germania». Un’ascesa attestata dai dati statistici che riportano come il numero di salafisti sia negli ultimi anni progressivamente cresciuto in Germania, passando dai 3.800 del 2011 ai 9.700 del 2016.

Il BfV ha quindi avvertito riguardo i rischi di possibili disordini civili derivanti da tale contesto di sempre più accesa contrapposizione ideologica:

«La potenziale minaccia della violenza salafista rimane pericolosamente alta. La violenza salafista potrebbe generare una dinamica aggiuntiva attraverso interazioni con gruppi estremisti provenienti da altri campi ideologici “ostili”, come già avvenuto in casi in passato».

Una seconda banda di bikers di Allah, altrettanto nota ed attiva sul territorio tedesco e non solo, sono gli “Osmanen Germania”, ossia “Germania Ottomana”, un gruppo, composto per lo più da tedeschi turchi, che già dal nome mette in chiaro la sua netta linea d’azione. L’esplicito riferimento all’Impero Ottomano che nel 1683 fu fermato e sconfitto alle porte di Vienna, esprime infatti emblematicamente quello che è il vero obiettivo di tale gruppo: riprendere e completare la conquista islamica della Germania e dell’Europa iniziata nel XVI secolo.

Ufficialmente gli Osmanen Germania si presentano come una società pugilistica che toglie i ragazzi sbandati dalla strada, ma secondo la polizia tedesca sono una vera e propria associazione a delinquere operante in tutt’Europa, che si finanzia facendo affari nel mondo dello sfruttamento della prostituzione, del traffico di armi e della droga.

Su YouTube è possibile visualizzare decine di video del gruppo, tutti dello stesso tenore, sguardi truci e minacciosi, fisici tatuati e palestrati, auto sportive e armi. In uno di questi, un muscoloso componente della banda, circondato da altri affiliati, si rivolge alla telecamera gridando, «Ora attacco frontale, capito?», mentre una voce fuori campo aggiunge, «Stiamo arrivando e prenderemo tutto il paese».

Il video prosegue poi con immagini in cui si alternano orde selvatiche di cavalieri nel deserto e di “posing rockers”, uomini, spiega sempre una voce narrante, «che rimarranno sul campo di battaglia fino all’ultima goccia del loro sangue».

Recentemente il ministro degli Interni tedesco Ralf Jäger ha affermato che il tasso di espansione della banda Osmanen Germania è così rapido che risulta molto difficile da contrastare: «Non c’è modo di gestire questa situazione con le risorse esistenti».

A conferma del fatto che il gruppo Osmanen Germania sia in espansione anche al di fuori della Germania, vi è la notizia che il gruppo ha recentemente inaugurato due sedi “estere” in Svizzera, a Zurigo e a Basilea, che possono contare già tra i 180 e i 220 componenti, con un numero di adepti in costante crescita.

Secondo quanto dichiarato al principale quotidiano svizzero “20 Minuten” da M.M., un rappresentante della “Osmanen Germania Switzerland”, l’ultima cellula della banda si chiama «Osmanen Germania South-end» e raggruppa i membri provenienti da Ravensburg e dal lago di Costanza e «presto saranno diversi i membri provenienti dalla Svizzera Orientale».

La nascita di bande armate islamiche nel cuore dell’Europa e la crescente preoccupazione delle intelligence europee rispetto al possibile insorgere di conflitti etnici tra bande ideologicamente contrapposte conferma quella che è la strategia promossa e diffusa dall’ISIS on-line, da tempo, attraverso i suoi diversi network. In particolare, lo Stato Islamico ha messo a punto una studiata e sofisticata campagna di propaganda sul web fatta di video, audio, immagini e testi che vengono divulgati attraverso i principali canali di comunicazione della rete con il fine di renderli virali per reclutare combattenti, diffondere il più possibile il suo messaggio di lotta ed ottenere finanziamenti

Uno di questi e-book intitolato, guarda caso, Muslim Gangs si apre con questo preciso avviso ai lettori: «Lo scopo di questo libro è quello di dare ai musulmani un punto di partenza su come fare le proprie bande e farle crescere in un movimento jihadista che può assumere e diventare una forza di resistenza in Occidente».

L’autore sottolinea come Muslim Gangs costituisca, rispetto alle pubblicazioni precedenti, un passo in avanti ulteriore nella strategia di lotta all’Occidente, fornendo al lettore una serie di preziosi consigli: «Si è già discusso nel ebook How to Survive in the West di come essere un lupo solitario. In questo ebook, Muslim Gangs, vogliamo andare oltre e trasformarci in una banda di resistenza. La prima cosa che devi decidere è: qual è il tuo obiettivo come banda? Vuoi fare il lavoro di propaganda per cambiare la società, o vuoi fare il lavoro militare e formare una tua milizia armata? Scegli uno dei 2 bracci: Ogni paese e organizzazione terroristica ha 2 bracci principali: braccio di propaganda e braccio militare».

L’e-book fa leva sul sentimento di fratellanza universale che riunisce insieme tutti i musulmani del mondo, appartenenti indistintamente alla grande comunità della umma islamica, scrivendo:

«Un musulmano può essere di qualsiasi parte del mondo, di ogni razza e cultura, ma la sua fede fa di lui un fratello di un altro musulmano. Quindi ci sarà un musulmano bianco, un nero e uno marrone all’interno dello stesso gruppo ma i loro cuori sono uno, la loro lealtà sono uno, sono uniti nella loro causa e uniti nella loro dipendenza da Allah (Dio). (…) Noi siamo un solo popolo, misericordiosi gli uni con gli altri e implacabili contro il nemico. (…) Tutte le bande musulmane che non sono musulmani praticanti sono fedeli alla loro religione anche se non la praticano, e soprattutto quando sono minacciati da un nemico comune».

L’autore del testo mette inoltre in luce come il fenomeno della “bande musulmane”, seppur differenziato in base alle etnie di immigrati presenti sul territorio, sia diffuso capillarmente in tutta Europa:

«È importante sottolineare che questo fenomeno delle bande “Ghetto” musulmane è diffuso in tutta Europa. Esempio: nel Regno Unito, la maggior parte delle bande sono composte da musulmani del Sud Asia, in Francia sono bande di arabi maghrebini, in Germania sono bande di turchi, in Finlandia sono bande somale ecc».

Un formidabile ed inaspettato alleato, in tale processo di conquista dell’Europa, è, secondo l’autore dell’e-book, l’Europa stessa, fragile e disorientata ed in preda ad una profonda crisi economica e di identità:

«L’Europa sta tornando al Medioevo [a causa della recessione finanziaria]. Bande armate si stanno formando in milizie per i politici razzisti, e un giovane minoranza musulmana è loro nemico. Tutto questo mentre un califfato è in crescita in tutto il Mediterraneo della porta accanto».

Lo scenario prospettato dall’autore è quello, come abbiamo visto, condiviso oggi da alcuni rappresentanti della nostra intelligence, di una situazione di crescente conflitto sociale che inevitabilmente porterà ad uno scontro frontale tra le due fazioni, islamici ed anti-islamici:

«I tuoi attacchi, all’inizio saranno piccoli in rappresaglia agli attacchi del nemico nel vostro territorio. Cercheranno di colpire dove fa male, così anche voi dovrete colpirli dove fa più male. Questi colpi tra le due parti aumenteranno l’intensità del conflitto, e gradualmente prenderà fuoco una guerra.

La guerra sarà così dura che non ci sarà spazio per polizia e resteranno sul campo ad affrontarsi solo i mujahideen e i neo-nazi. (…) L’unica ragione con la quale la polizia può mostrare un segnale di forza è perché possono portare rinforzi in un “punto preciso” di violenza. Ma, se ci sono molteplici aree di violenza attraverso il paese semplicemente non ci sarà polizia sufficiente per contrastare. E cosi ci saranno lotte “tribali” e mini milizie che si formeranno in diversi paesi europei, ciascun gruppo per difendere il proprio territorio e, la moschea, la chiesa o le logge framassoniche diventeranno i quartieri generali di ciascuno di questi gruppi».

L’Islam avanza dunque in Europa secondo due direttrici strategiche chiave, rappresentate dai suoi due bracci di azione sopra descritti «braccio di propaganda e braccio militare».

Il primo braccio rappresenta la linea “dolce”, attuata silenziosamente, grazie anche alla suicida connivenza europea, con le armi demografiche, migratorie e di propaganda; il secondo braccio militare è invece la linea “dura”, messa in pratica attraverso attentati e bande armate, finalizzate a creare una situazione di incontrollabile caos e conflitto sociale.

Bisogna sperare quindi che conoscere il piano di conquista possa aiutare l’Europa e l’Occidente a prendere atto della realtà e favorire una maggiore consapevolezza del pericolo che incombe su di noi.

Lupo Glori

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Articolo pubblicato il 18/08/2017