Punti di vista - Parte 3

Film in soggettiva, ovvero quando il Cinema passa dagli occhi dei protagonisti

Abbiamo parlato moltissimo negli ultimi due articoli di questa serie sui film girati interamente in soggettiva, della loro nascita ed evoluzione nel corso della storia del cinema suggerendovi infine tutta una serie di film tra i più validi nello stile in questione.

Film horror, action, fantascientifici... dallo "Shining" di Kubrick con il suo celebre bambino sul triciclo all'assalto alla Morte Nera del primo "Guerre Stellari", la visuale in soggettiva nelle mani giuste è sempre sinonimo di alto coinvolgimento del pubblico con i personaggi di una storia, vedendo direttamente attraverso i loro occhi.

Un esempio su tutti può essere l'uso che ne fece la famosa regista Kathryn Bigelow nel suo "Strange Days", cult poliziesco/sci-fi tra i più significativi dei film di fine millennio.

Ambientato appunto negli ultimi giorni dell'anno 1999, la storia poggiava le sue basi sulla fantascientifica tecnologia "SQUID", un dispositivo sensoriale in grado di registrare e riprodurre le esperienze di vita di altre persone.

Esperienze ovviamente riprese dalla Bigelow tramite ottime sequenze con visuali in soggettiva, come la clip testimonianza di un delitto che sarà il "motore" di tutta la vicenda, davvero da scuola di regia per quanto concerne questa tecnica cinematografica.

Altrettanto (se non più) originale in tal senso è l'incipit di "Lord of war", emozionante film del 2005 di Andrew Niccol basato sull'inafferabile trafficante di armi interpretato da Nicolas Cage.

Un film che si apre quanto mai logicamente su una sequenza di scene in soggettiva di una pallottola, dalla fabbrica dove viene prodotta ai vari passaggi e cambi di mano con cui arriva in Africa fino al estrema conclusione di finire nella canna di un fucile ed essere sparata contro la testa di un bambino soldato.

Se è vero che un immagine vale più di mille parole, allora a volte la scena di un film vale diecimila immagini.

Ed è così che l'uso di una soggettiva usato da Niccol come intro per il suo film spiega in poco meno di due minuti l'economia della guerra su cui poggiano nazioni come gli Stati Uniti, la corruzione e l'inefficienza dei controlli tra le frontiere attraverso cui passano le armi, oltre infine alla triste storia dei bambini addestrati ad uccidere dagli eserciti più malfamati della terra.

Ma veniamo adesso ai tre film in soggettiva che consigliamo oggi, ancora una volta tre titoli molto particolari su tre storie raccontate in prima persona attraverso gli occhi dei protagonisti.


LA DONNA PROIBITA (1997 - Philippe Harel)
Consigliamo per cominciare questo film d'amore, amanti e tradimento con la telecamera perennemente puntata sul personaggio di Isabelle Carré, vista dall'esterno attraverso gli occhi degli altri protagonisti.

Un film una volta tanto "leggero" sul tema dell'adulterio, non proprio una commedia ma con un filo sottile di ironia tutta francese (parigina nello specifico) e anche quella giusta dose di cinico disinteresse atta a rendere tutta la miscela più credibile.

Brava e bella la protagonista che regge la scena perfettamente, come già detto, per quasi tutto il film come soggetto principale dell'inquadratura.

Una storia che saltella a balzi temporali nei mesi e gli anni che seguono una festa e un passaggio a casa tra la bella Carrè e lo sposato ma infatuato Philippe Harel, anche co-protagonista oltre che regista di tutta l'opera.

Non troppo impegnativo il lavoro alla regia di Harel, che delega la maggior parte del lavoro alla giovane attrice di cui sopra, perfettamente calata nel ruolo di "tentatrice" dall'aspetto all'acqua di rose ma capace di mettere in crisi il matrimonio del protagonista.

Un film che è un piccolo interessante esperimento, più umano e meno romantico di altre storie come il (più riuscito, onestamente) trittico "Prima dell'alba" / "Prima del tramonto" / "Before Midnight" di Richard Linklater; ma forse per questo anche più ad altezza d'uomo (anche per la visuale) e meno favoleggiante di altri film romantici sullo stesso genere.


LO SCAFANDRO E LA FARFALLA (2007 - Julian Schnabel)
Dall'omonimo romanzo e per mano di un regista/pittore/artista come Julian Schnabel, un altro film particolare che gioca questa volta sulla prospettiva di un uomo costretto alla totale immobilità una volta colpito da un ictus.

Capace di comunicare solo attraverso il battito delle palpebre, l'uomo vive di labili interazioni mentre tenta di adattarsi alla sua nuova vita e una serie di ricordi presentati al pubblico sotto forma di flashback.

Un mondo visto e commentato attraverso i pensieri dell'uomo, a volte cinici ma per lo più in grado di accettare perfino con ironia la sua situazione.

Ironia che però non sfora mai nella volgare scurrilità offensiva gratuitamente, ma è anzi leggera e creativa come l'immaginazione del protagonista e del regista di questo film.

Dal punto di vista dello stile infatti, Schnabel si diverte parecchio con inquadrature e movimenti di camera, forse per puro gusto personale o magari per contrapporlo (altrettanto ironicamente) alla forzata immobilità del suo protagonista.

Una storia delicata e personale, su temi mai banali e sempre di attualità come la volontà e la necessità di continuare a vivere (oppure no?) per chi è colpito da gravi handicap e malattie, su scelte che solo chi è passato per simili esperienze è probabilmente in grado di comprendere.


ENTER THE VOID (2009 - Gaspar Noé)
Ancora più particolare è questo film di Gaspar Noé, già regista del controverso "Irréversible", altro film "sperimentale" che vantava il (discutibile) record per la scena di stupro più lunga della storia del cinema, ai danni della nostra connazionale Monica Bellucci.

Un film che parte in soggettiva dagli occhi di un tossico/spacciatore e prosegue poi, una volta ucciso, attraverso l'insolita prospettiva dell'anima fluttuante dello stesso protagonista.

Ambientato tra gli appartamenti spogli, i vicoli sporchi e i locali colorati illuminati al neon delle strade di Tokio; il film è una lunga "esperienza astrale" dello spirito in procinto di morire di un ragazzo dalla morale e i modi discutibili.

Fortemente legato alla sorella (la bella e brava Paz de la Huerta) con cui è rimasto orfano fin da bambino, per poi averla portata nella sua città dove la stessa inizia una squallida "carriera" da spogliarellista.

Un film che alterna situazioni e dialoghi frivoli e mondani a temi più profondi come l'amicizia tradita, il rapporto semi-incestuoso fratello/sorella del protagonista; oltre che il suo status di "anima bloccata" tra i mondi dopo il suo omicidio.

Veramente sbalorditiva in alcune sequenze la tecnica del regista argentino, capace di svolazzare tra i flashback squinternati del suo protagonista per poi riportarci a terra fluttuando sugli altri personaggi ignari nei momenti prima e dopo l'omicidio.

Un continuo salto avanti e indietro a livello temporale, ma perfettamente fluido e comprensibile per lo spettatore; per un altro film "sperimentale" (oggi abusiamo un pò del termine) su un tema spirituale e non religioso, quindi comune a tutti, del mondo tra l'aldilà e l'aldiqua; limbo sospeso nell'aria dei momenti successivi al trapasso di noi tutti.

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Articolo pubblicato il 17/09/2017