Università bloccate a Torino come nel resto d’Italia

Lunedì nero per gli atenei italiani e per tutti gli studenti.

"E mo?" Mi scrive un vecchio collega d’università presentatosi in aula per dare uno degli ultimi esami a coronamento della magistrale e trovatosi in un’aula semivuota circondato da ragazzi spiazzati tanto quanto lui.
L’esame non si terrà causa sciopero, avvisa l’assistente del docente.
I pochi presenti, tra cui il mio amico, se ne vanno sconsolati.

Questa la scena che si è ripetuta più o meno ugualmente in gran parte degli atenei italiani stamane.

Erano ben quarant’anni anni che i docenti universitari non davano una dimostrazione di forza e unità di questo tipo, e la stessa modalità di protesta, bloccare gli esami, è stata criticata dal ministro dell’istruzione Fedeli, che ha provato fino all’ultimo, attraverso serrate trattative, a trovare una mediazione.

La causa di tanta fermezza sta nel il blocco degli stipendi in vigore dal 2011 e mai più rimosso.
La decisione, all’epoca, fu presa dal governo Berlusconi, e permise allo stato di risparmiare parecchi soldi: tuttavia, nel 2015, gran parte dei dipendenti statali vide una ri-contrattazione del proprio salario, cosa non successa per docenti universitari.
Da lì l’inizio della protesta, ormai partita nel 2014, e gestita dal “Movimento per la dignità della docenza universitaria”, una rete di insegnanti apolitica capitanata dal professor Carlo Vincenzo Ferraro del Politecnico di Torino che ha commentato  Il 7 giugno ci hanno chiesto delle proposte che abbiamo fatto ma sono cadute nel vuoto. La ministra in tutte le sedi parla di trattativa aperta ma in realtà non esiste alcuna negoziazione visto che non abbiamo avuto responsi”. E ancoraNon serve uno sforzo finanziario tale da mandare in rovina il Paese per risolvere questa questione che non è solo economica ma di dignità.”

In tre anni sono stati fatti appelli e raccolto firme, in tutto 14’000, inviate al Presidente della Re Mattarella, aperti tavoli e rilasciato buoni propositi: nella sostanza, non si è mosso nulla.

Il seme della protesta, nel frattempo, ha visto gettare gettare le proprie radici e irrobustirsi in tutta Italia: a Pisa sono 264 i docenti che incroceranno le braccia, a Bologna 213, a Bari 162, a Firenze 120, a Genova 118, a Siena 96, 90 a Catania e Torino e 86 a Salerno.

In tutto 5’444 docenti e un totale di 79 atenei toccati da questo sciopero che, però, vede delle limitazioni in favore degli studenti. L'astensione, infatti, riguarderà solo il primo degli appelli previsti nella sessione autunnale che va da oggi, 28 agosto, al 31 ottobre.
Nelle Facoltà dove è previsto un solo appello dovrebbe esserne garantito uno straordinario a partire dal quattordicesimo giorno della prova saltata per sciopero. La richiesta, da parte degli stessi docenti agli Atenei, è anche quella di essere flessibili sulle verbalizzazioni per non danneggiare chi deve presentare domanda di laurea.

E chi subisce sulla propria pelle tale iniziativa con chi sta? Per ora gli studenti, per voce del movimento “Unione degli Universitari”, criticandone i modi.
“Questa modalità di protesta, continuano i rappresentanti degli studenti, rischia di produrre una spaccatura nell’Università, invece di creare la coesione necessaria a rilanciare le rivendicazioni contro i principi delle riforme che hanno ridotto l’università allo stato disastroso di oggi.”

 

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Articolo pubblicato il 28/08/2017