Fuoco e furia: sappiamo bene quali potrebbero essere le conseguenze di un attacco nucleare.

Eppure chi ne è responsabile continua pensare di poter utilizzare le armi capaci di uccidere il pianeta.


Notizie inquietanti giungono dalla Corea del Nord con la  minaccia di attaccare Guam, poiché sembra sia riuscita con successo a ridurre a dimensioni contenute un ordigno atomico potenzialmente applicabile ad un missile balistico intercontinentale. Un ordigno pericoloso, capace di colpire  il territorio Usa, come riportato da diverse agenzie. In risposta a questo, il presidente Donald Trump ha attaccato verbalmente il minaccioso avversario ammonendolo a non proseguire su questa strada poichè, in caso contrario, avrebbe scatenato un inferno di furia e fuoco sui suoi territori, come mai si è visto al mondo.

E' chiara l'allusione all'utilizzo delle armi nucleari in caso di necessità, opzione che annienterebbe l'avversario se l'attacco non venisse neutralizzato, ma una simile scelta, che prevede una altrettanto potente risposta, sarebbe devastante non solo per il nemico. Questa  si rivelerebbe alla lunga suicida a causa degli effetti collaterali di cui sono responsabili  simili armi. Effetti che non vengono contenuti dai confini della nazione avversa, ma coinvolgono una gran parte del pianeta con mortale devastazione. Analizzando quali potrebbero essere i danni  alle popolazioni ed alle cose esposte a un simile rischio, è sufficiente rifarci a quanto successe sia ad Hiroshima che a Nagasaki. Entrambe furono colpite, come noto, da due differenti bombe rispettivamente il sei  ed il nove Agosto del 1945  andando completamente distrutte e,  se allora il disastro fu enorme, oggi lo sarebbe ancor di più.      

Gli effetti peggiori dello scoppio di una bomba nucleare sarebbero avvertiti  nei centri urbani, dove più altadthgrrr è la concentrazione della popolazione.  Il numero delle morti sarebbe subito causato sia dall'onda d'urto dall'immenso calore sprigionatosi al  momento dello scoppio con conseguente sviluppo di incendi di tutto ciò che possa essere combustibile e dalle ferite per lo più gravissime, causate dai crolli e dal potente   spostamento d'aria che si verrebbe a creare. La maggior parte delle persone, non uccise all'istante dall'esplosione, sarebbero infatti ferite dalla pressione dell'esplosione, mentre un numero incalcolabile di vittime sarebbe esposta a ferite causate dal crollo di edifici o colpite da schegge impazzite. La maggior parte delle costruzioni, in un raggio di mezzo km dalla detonazione, sarebbe abbattuta o gravemente danneggiata. Solo pochi  individui che possano disporre di rifugi sotterrranei potrebbero salvarsi temporaneamente dall'esplosione.

Chi si trova coinvolto in prossimità della deflagrazione, ma sufficientemente lontano dal punto di impatto della bomba, in spazi aperti, può tentare di rifugiarsi in edifici fortemente rinforzati, qualora sia possibile il loro utilizzo, restando lontano dalle finestre, diversamente deve sdraiarsi a terra  proteggendosi per quanto possibile, aspettando almeno 30 secondi dopo l'esplosione per evitare  l'onda d'urto e rimanendo al riparo fino a quando non arriva l'ordine di evacuare la zona. Subito dopo l'esplosione, le persone dovrebbero togliersi i vestiti  di dosso per rimuovere le particelle radioattive.

Coloro che si trovano a maggiore distanza dall'esplosione, almeno un chilometro dall'epicentro dello scoppio, possono avere il tempo di approntare alcune elementari difese, per aumentare le loro probabilità di sopravvivenza; il lampo della luce causato dalla detonazione,  viaggia molto più velocemente delle onde di pressione e di urto, il che significa che potrebbe essere visto, lasciando alle persone il tempo per chiudere gli occhi, allontanarsi dalle finestre, rannicchiarsi cercando un semplice riparo per difendersi dalla forza d'urto che sarebbe smorzata rispetto  a quella causata dall'esplosione principale.

ewgrrrIl temibilissimo pericolo, immediatamente successivo da affrontare, è il fall-out  radioattivo. Quando esplode una bomba nucleare, si ha la polverizzazione  di migliaia di tonnellate di macerie; quel materiale, in cui sono contenute  le particelle radioattive formatesi a seguito dell'esplosione, viene scaraventato ovunque.  Questo processo è il responsabile della formazione del noto "fungo", composto da migliaia di tonnellate di polvere radioattiva, che ricade  lentamente verso terra. Le particelle di maggiori dimensioni, più pesanti, cadono, raggiungono rapidamente il suolo e sono per lo più rintracciabili  nella zona dell'esplosione iniziale. Le particelle di più piccole dimensioni, possono galleggiare ad una quota più alta e vengono sospinte dai venti a distanze assai elevate, fino a 15-35 km di distanza. Il problema dunque è che la maggior parte della radioattività delle particelle viene trasferita lontano, contaminando i terreni, quando raggiungono il suolo.  

Gli effetti immediati delle radiazioni sono gravissimi, si verificano  infatti precoci disfunzioni del sistema nervoso centrale nel caso di esposizione a dosi molto elevate; a seguito di lesioni della mucosa del tratto gastro intestinale vi è comparsa precoce di  nausea, vomito e diarrea, con conseguente disidratazione e problemi di nutrizione.  Il normale processo di produzione delle cellule del sangue è completamente alterato, con mancanza di piastrine e conseguenti emorragie difficilmente controllabili, così come vi è comparsa di infezioni a causa della mancanza di globuli bianchi. Il danno da radiazioni rappresenta una complicazione che si verifica anche a distanze assai elevate. Circa la metà delle persone che sperimentano una improvvisa dose totale di radiazioni di circa 350 roentgen,  ha la certezza di morire da intossicazione acuta da radiazioni nel volgere di  due o tre giorni.    

Altri soggetti,  lontani dalla zona in cui è esplosa la bomba, apparentemente indenni, non si rendono conto4qewy immediatamente del loro stato, ma avendo assorbito un numero assai elevato di radiazioni potenzialmente fatale, cominciano ad avvertire tutti i sintomi citati anche dopo una settimana o due, con un grave declino fisico,che conduce all'exitus nel volgere di una o due settimane.

Un altro enorme problema è costituito dal fatto che, nell'area interessata dall'esplosione, la maggior parte dei membri del personale della sanità verrebbe ucciso e molte deile strutture mediche sarebbero distrutte o non sarebbero  più in grado di  funzionare adeguatamente. Sarebbero introvabili medicinali e le attrezzature necessarie alle medicazioni ed alle cure,   bende, antibiotici e analgesici, ad esempio, non sarebbero disponibili. Non sarebbe utilizzabile la rete di distribuzione della corrente elettrica e non si potrebbero rendere funzionali le sale operatorie, le sale radiologiche e i presìdi anestesiologici.

Tutto questo è già successo una volta.  Abbiamo a nostra disposizione l'esempio di Hiroshima, dove a  1,5 km dall'epicentro, le strutture ospedaliere erano rimaste in gran parte intatte, dal punto di vista strutturale, ma  non potevano  più servire da centro di cura perché le attrezzature erano  inutilizzabili e un terzo del suo personale aveva perso la vita, le trasfusioni erano impossibili, essendo  la maggior parte dei potenziali donatori uccisi o feriti.

Non possiamo certo affermare di non essere stati avvertiti. Eppure gli scienziati continuano a produrre ordigni sempre più potenti e devastanti spendendo incalcolabili somme di denaro per armamenti sempre più devastanti, somme che potrebbero essere utilizzate per permettere una vita dignitosa a tutti i poveri del pianeta ma, purtroppo, sia i politici che i militari, non tengono conto di quanto affermò Einstein già nell'immediato dopo guerra, in un noto telegramma che inviò ai potenti della Terra e ai suoi colleghi scienziati, a qualunque nazione questi appartenessero:

" Il nostro mondo è di fronte ad una crisi di cui non si sono ancora accorti coloro che hanno il potere di prendere grandi decisioni per il bene o per il male. La potenza dell'atomo, scatenata, ha mutato tutto, tranne i nostri modi consueti di pensare e noi andiamo alla deriva verso una catastrofe senza precedenti. Noi  scienziati, che abbiamo dispiegato una immensa potenza, abbiamo la schiacciante responsabilità in questa lotta mondiale per la vita e per la morte di scomporre l'atomo a beneficio dell'umanità, e non per la sua distruzione".

Siamo avvertiti. E' auspicabile che, alla luce di quanto succede in questi giorni in cui assistiamo alla minaccia di utilizzo di armi atomiche assai più potenti di quelle utilizzate in un passato ancor troppo recente, il tutto sia solo un bluff e che le intelligenze più influenti del globo riescano ad arrestare la corsa verso un nuovo inverno nucleare che, tragicamente,  si profila all'orizzonte.  

 

 

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Articolo pubblicato il 13/09/2017