Alcune considerazioni tratte dal vedanta non duale sistema metafisico completo ed affascinante.

Ouspensky: la vita corrente dell’uomo è una vita condotta in uno stato di sonno e di sogno.

Uno dei sistemi metafisici più interessanti, affascinanti nonché completo, è quello dell’advaita vedanta, che tradotto significa vedanta non duale. Questa non dualità indica esplicitamente l’illusorietà della manifestazione del nostro universo, che sarebbe una danza di Maya, una apparizione passeggera in cui la coscienza umana è imprigionata in un sonno eterno.

L’unica realtà veramente reale sarebbe quella della divinità assoluta da cui le scintille di luce umane, ora addormentate, provengono.

La manifestazione della Maya cosmica si dispiega su tre livelli: lo stato di veglia, chiamato Vaishwanara, quello di sogno, detto Taijasa e quello di sonno profondo senza sogni denominato Prajna. Queste diverse modalità di vita che la coscienza umana esperisce durante le ventiquattro ore della giornata, sono ritenute dal vedanta oniriche.

Quindi non solamente negli ultimi due livelli la coscienza è addormentata, ma anche nel cosiddetto stato di veglia l’uomo dorme, sognando la vita comune a tutti insieme alla grande famiglia umana.

Nei suoi lungimiranti discorsi, il grande esoterista del secolo scorso Ouspensky, dichiarava spesso che una via esoterica in realtà è una via di risveglio, sottolineando con ardore che la vita corrente dell’uomo è una vita condotta in uno stato di sonno e di sogno. Le sue concezioni moderne di un risveglio interiore sono quindi perfettamente in linea con i concetti di  base di ogni tradizione genuinamente spirituale ed esoterica, quindi anche con quelle dell’advaita vedanta.

Il concetto di una Maya cosmica è assai complesso perché indica in realtà, non l’inesistenza assoluta del nostro universo, ivi noi compresi, ma la sua inerente  instabilità di base: ogni cosa nasce, cresce e perisce, quindi appare e poi scompare e ciò indica al filosofo intento a sondare i misteri dell’esistenza, che tutto questo movimento non può essere reale nel senso ultimo del termine, poiché in fondo passeggero.

Secondo il vedantino, la vera realtà risiede in uno stato fuori dal tempo e dallo spazio, che si può raggiungere ponendo fine al moto mentale, vera ed unica causa dello dispiegarsi dell’illusione cosmica che ci salda  alla realtà onirica del dominio di Maya.  

Bisogna quindi raggiungere, attraverso un percorso di autoconoscenza che mira ad esplorare coscientemente i tre livelli onirici citati, un quarto stato denominato Turiya, che significa proprio “il quarto“. Turiya trascende addirittura il livello del sonno senza sogni e rappresenta la prima soglia del divenire desti in un mondo costituito da strati sempre più sottili ma tutti assolutamente inconsistenti e fatti della materia del sogno.

Una cosa interessante detta da Nisargadatta, vedantin moderno da pochi decenni deceduto, è quella che, una volta raggiunto lo stato di Turiya, bisogna trascendere anche questo livello! Cosa questa per noi incomprensibile, poiché attuare una trascendenza della trascendenza assoluta non può essere ammessa dalla mente ordinaria che, per l’appunto, è ancora immersa in uno stato di sonno totale.

Queste poche affermazioni tratte dal bagaglio sapienziale contenute  nell’advaita vedanta, mirano a risvegliare nel lettore un interesse verso concezioni forse poco note ma presenti in tutte le tradizioni filosofiche del pianeta. Ad esempio, nel seicento europeo, sorse un arguto personaggio nella Spagna di quel tempo che porta il nome di Calderon de la Barca. La sua opera più famosa si intitola “La vita è sogno”.

Questo scritto, seppur espresso come opera teatrale, indica alla perfezione in un linguaggio artistico, gli stessi concetti esposti dal vedanta, creando inoltre un senso di profondo interesse inconscio come solo le opere artistiche possono fare.

Vorremmo chiudere questo breve esposto con una citazione tratta da una upanishad. Ricordiamo che il vedanta nasce anche dalle fonti di questi testi sacri che , seppur antecedenti, rappresentano la corrente sotterranea della “filosofia perenne”, presente in tutte le epoche e culture del paese.

“fa che io passi dal non essere all’essere,

dalle tenebre fa che io passi alla luce,

dalla morte fa che io passi all’immortalità.

(Brhadaranyaka upanishad – 1, III,28)

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Articolo pubblicato il 27/09/2017