L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Spagna - Catalogna. Arriveremo alla guerra civile?

L’appello di Puigdemont ai movimenti indipendentisti

Si sta scrivendo in questi giorni, una pagina di Storia che potrebbe sconvolgere l’assetto politico ed istituzionale della Spagna e non solo.

La tensione innescata in Catalogna dal conflitto tra il governo regionale che ha promosso un referendum per l’indipendenza dalla Spagna, e il governo di Madrid deciso ad impedirlo, è giunta al culmine giovedì scorso, quando una grande folla ha assediato a Barcellona fino a notte inoltrata la sede del ministero catalano dell’Economia dove agenti della Guardia Civil, erano intenti a una perquisizione.

Soltanto dopo ore la maggior parte di loro ha potuto lasciare l’edificio grazie all’intervento di agenti della polizia regionale catalana. Il clamoroso episodio ha portato alla ribalta dell’attualità internazionale una crisi già in corso da alcuni mesi, ma sin qui non abbastanza considerata.

Non si deve dimenticare che la Catalogna  ha una propria lingua e una propria forte identità tanto da essere definita ufficialmente una nazione e vive con disagio la sua inclusione nei confini dello Stato spagnolo.

Perciò la Spagna democratica post-franchista le riconobbe uno statuto di particolare autonomia già nel 1979, poi sostituito nel 2006 da un nuovo statuto da cui la sua capacità di autogoverno risulta ulteriormente ampliata.

Le Comunità Autonome (così si chiamano in Spagna i territori con particolare autonomia) hanno poteri ben più estesi di quelli delle nostre Regioni. Nemmeno lo statuto del 2006 riconosce tuttavia alla Catalogna quella fondamentale e decisiva autonomia in campo fiscale di cui godono invece il Paese Basco e la Navarra, territori con specificità altrettanto rilevanti.

In Catalogna è lo Stato spagnolo che continua a gestire il fisco, anche se poi trasferisce automaticamente al governo catalano quanto gli spetta.

Il confermato diniego della competenza fiscale ha paradossalmente fatto dello statuto del 2006 il detonatore che ha provocato il salto dalla richiesta dell’autonomia alla richiesta dell’indipendenza.

Frattanto la situazione si è complicata sia dal punto di vista sociale che politico. Il grande sviluppo di Barcellona ha richiamato migranti dal resto della Spagna e dall’America Latina. Barcellona e il suo hinterland sono perciò divenuti un’area dove gli “spagnoli” sono più numerosi dei catalani, e dove quindi la causa dell’indipendenza non è così popolare come nel resto della Catalogna.

Non è dunque certo che la maggioranza degli aventi diritto al voto sia a favore dell’indipendenza dalla Spagna. Il partito CiU (Convergenza e Unione), di tradizione democristiana é schierato per l’autonomia ma non per il distacco dalla Spagna. Ha perso la maggioranza a favore di una coalizione di partiti di sinistra che sono schierati per l’indipendenza.

In questo clima Carles Puigdemont, il leader della coalizione, al governo di Barcellona dal 2015, ha indetto per il primo ottobre prossimo un “referendum vincolante" sull'indipendenza della Catalogna,  che il governo nazionale di Madrid ha dichiarato illegale in quanto non ammesso dalla Costituzione spagnola.

Su ricorso del governo nazionale, il 7 settembre scorso la Corte Costituzionale spagnola ha sospeso il decreto di convocazione del referendum, ma Puigdemont ha deciso di andare avanti lo stesso ignorando tale sospensione.

Per tener lontano lo spettro di una guerra civile, il premier Rajoy ha scelto, sino ad oggi, di evitare lo scontro frontale con  Puigdemont e il suo Governo, ossia il  governo regionale catalano.

Servendosi dei reparti delle due polizie nazionali che sono stanziati in Catalogna, cerca di impedire il referendum bloccandolo con azioni come il sequestro delle schede referendarie nei magazzini dove si trovano in attesa della loro distribuzione, e con denunce e arresti di funzionari regionali impegnati nell’organizzazione dell’evento.

Funzionari liberati venerdì scorso in seguito all’ordinanza del Tribunale di Barcellona. Tutti hanno rifiutato di rispondere alle domande del giudice che aveva ordinato la detenzione.

Sono stati dichiarati indagati per disobbedienza, abuso di potere e presunta malversazione, per l'organizzazione del referendum del primo ottobre.

Alla decisione del tribunale si contrappone quella della procura dello Stato spagnolo che ha denunciato per presunta "sedizione" i manifestanti, fino a 40mila, che si erano concentrati davanti alla sede del ministero dell'Economia di Barcellona per protestare contro il blitz della Guardia Civil e l'arresto dei 14 dirigenti.

Costoro, secondo quanto previsto dal Codice Penale, rischiano condanne sino a 15 anni di reclusione.

La temperatura resta alta. Il governo spagnolo del premier Mariano Rajoy ha previsto "tutti gli scenari" per impedire lo svolgimento del referendum. Il portavoce ha ribadito che "il referendum è illegale e non si terrà". Lo stesso premier ha confermato l'invio di rinforzi di polizia in Catalogna, senza precisare quanti agenti saranno trasferiti.

La situazione è comunque molto delicata essendo chiaro che può precipitare da un momento all’altro, con il radicalizzarsi della posizione dello Stato Spagnolo e del Governo Catalano.

Non di registrano, al momento, significative prese di posizione dei governi europei a favore della Spagna.

La politica romana si sta cimentando nella telenovela dell’ennesimo tentativo di riscrivere la legge elettorale, tra ripicche e imboscate già annunciate e ordite all’interno dei due schieramenti.

Corre voce che l’ultima Presidente della provincia di Cuneo eletta con il voto popolare ed attuale leader del gruppo della Lega Nord al Consiglio Regionale del Piemonte, Gianna Gancia, stia presentando un odg a sostegno dell’anelito all’indipendenza del popolo Catalano ed a favore del referendum

I movimenti indipendentisti, Baschi già mobilitati, invece guardano con attenzione a quel che potrà capitare a Barcellona.

La diatriba Spagna Catalogna, potrà rappresentare la miccia decisiva in grado d’incendiare gli altri movimenti separatisti, presenti o latenti in ogni Paese d’Europa?

Si registra la presa di posizione a favore del Referendum e della secessione, da parte del movimento “Alto Adige nel cuore” con seggi al Consiglio Regionale dell’Alto Adige e alla provincia di Bolzano.

In Piemonte, il movimento identitario Piemonte Stato, ha indetto  un presidio il 1 ottobre, davanti al Consolato Spagnolo. Le loro leader Sonia Turinetti ha dichiarato: ”Ci sentiamo in dovere di manifestare contro uno Stato che impedisce al popolo di esprimersi pacificamente, ci sentiamo in dovere di non fare finta di niente mentre un popolo viene represso con la violenza, ci sentiamo in dovere di manifestare per la libertà, e perché Franco, come altri dittatori, siano relegati alla storia…”. 

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 24/09/2017