L’avanzare dei robot e dell’intelligenza artificiale in uno scenario ipotetico che sembra già delineato

Fascino e preoccupazione. Due elementi contrastanti mentre la fantascienza è già tra noi, a Dio piacendo.

Una trentina d’anni fa noi semigiovani dell’epoca eravamo sedotti e affascinati dall’avanzare delle nuove tecnologie che iniziavano ad essere a portata di tutti. Il telefono portatile e il 286 sembravano un punto d’arrivo di quello che non era altro che un punto di partenza.

Da quei primi anni 90 sono passate maree di nuova informatica sotto i ponti, tante che oggi noi generazioni di quasi pionieri siamo stati surclassati da figli e nipoti, imbattibili complici di quella intelligenza artificiale che neppure lentamente, inesorabilmente sembra destinata a sostituire la nostra.

È da un po’ di tempo che sto seguendo l’andare delle cose e gradualmente mi si sta insinuando una certa, quanto incerta preoccupazione. L’intelligenza artificiale sembra stia uscendo da un ipotetico nascondiglio e che da un po’ di tempo, si renda viva, pensante, autonoma e manifesta sotto varie forme di comunicazione mediatica.

Certo il cinema, già dai suoi albori e dal bianco e nero, si è sempre sbizzarrito nell’inventare sceneggiature fantascientifiche capaci di terrorizzare il pubblico e fargli piantare le unghie nelle poltrone. Altrettanto la letteratura, primo tra tutti quel Giulio Verne che le aveva azzeccate tutte in tempi non sospetti, tanto da pensare che fosse più di un profeta, ma un uomo venuto da un altro luogo o un altro tempo. Niente al confronto di quello che oggi ci bombarda da ogni dove, presentandoci un futuro dove l’uomo conterà sempre di meno e dove la realtà non avrà un suo volto, non più.

Il grande schermo e la tv ci presentano Avatar e dinosauri con naturale continuità, cartoni animati sempre più reali talvolta ammoniscono, altre volte ricordano le buone maniere, mentre immagini computerizzate danno vita a gigantesche catastrofi che segneranno la morte del pianeta. Mutanti contro umani, umani contro emancipati robot, cervelli controllati da macchine pensanti, alieni tra noi, già seduti sui posti di comando, documentari a prospettarci la razza umana spazzata dalla terra oppure decimata, sottomessa da Verdi o Grigi e gli uomini, o schiavi o burattini…

È vero che il clima sta cambiando e non ci sono più le stagioni di una volta, in compenso vi sono quelle che ipnotizzano dalla tivù. Tra cuori infranti e omicidi seriali, vanno per la maggiore le serie americane che ci svelano i complotti tecnologici, economici e politici di un insieme centrale del potere, sempre e solo ipotizzato ed ora uscito allo scoperto.

La fantascienza, in breve è diventata scienza. I giovani dal pollice saettante non giocano più a pallone per le strade, non chiedono una chitarra per regalo, non dialogano più di tanto con noi, generazione antica e rappresentante d’un tempo che era solo ieri, ma è sempre più distante . Noi che ci vennero gli occhi grandi vedendo le acque del Mar Rosso spalancarsi per far passare gli ebrei. Erano gli albori degli effetti speciali e il cinema, settima arte, iniziava a superare le altre.

Di manipolazione mediatica attraverso grandi e piccoli schermi se ne parla ancora poco, ma sempre un po’ di più. Le telecamere che ci spiano da ogni dove sono giustificate da motivi di sicurezza, mentre ogni nostro movimento è tracciato da un prelievo plastico, dal cellulare, dalla nostra nuova auto che guida da sé. Occhi di satelliti controllano il pianeta dai margini della ionosfera, giocare a nascondino è sempre più dura! Mentre il pc, fedele compagno, ci permette di effettuare ogni operazione da casa, cosicché ogni dato possa essere archiviato nel grande cervello che tutto sa, che tutto può cambiare, nascosto chissà dove, quattro piani al di sotto, in un bunker segreto, nella capitale del mondo.

A queste ed altre cose sto prestando attenzione mentre si consuma il mio tempo a disposizione. Forse è perché sono un po’ nostalgico di quando si sapeva meno, di quando eravamo solo in 2 miliardi sulla pelle del pianeta e già sembravamo tanti, di quando il sogno era una 500 blu, di quando si contavano i soldi in tasca, magari pochi, ma li sentivo miei. E l’attenzione, da un lato mi fa sentire superato, dall’altro mi sussurra che c’è troppo che stride dal futuro ipertecnologico e l’intelligenza artificiale è l’elemento che mi turba in modo trasversale.

Mentre sto riflettendo sul futuro prossimo venturo, il 9-10 novembre a TAG Milano vi sarà “Futureland”, evento dedicato alla “realtà aumentata”, alla robotica, alle ultime tecnologie, ai droni che svolazzano sbirciando nelle case. Appuntamento in cui l’intelligenza artificiale celebra se stessa, destinata a sedurre ancor di più gli umani acquirenti.

In questo 2017, anno della collaborazione “uomo-robot”, ben più illustri colleghi hanno espresso molta preoccupazione. Su un articolo de “La stampa” dal titolo inquietante, in cui 116 pionieri della robotica e dell’intelligenza artificiale mettono in guardia sugli scenari catastrofici che si potranno generare se lo sviluppo di “macchine che uccidono” sarà corsa esponenziale, come si presume dalla storica, stupida aggressività umana.

 http://www.lastampa.it/2017/08/21/societa/lallarme-dei-pionieri-dellintelligenza-artificiale-bisogna-fermare-i-robot-che-uccidono-BDkUUxElLvoCw7QJirsKJN/pagina.html 

È un sabba di tecnologica follia quello che la mia intelligenza normale e antiquata ha dedotto osservando, ha immaginato sommando. La tv mi ha forzato la mano quando, da un programma culturale, descriveva gli ultimi robot per grandi e piccini, nuovi complici e nuovi compagni, capaci di autoriprodursi, con una testa destinata a sostituire quella di chi sembra averne sempre di meno. Quell’uomo che pare volersi mettersi in competizione col proprio padre storico: con Dio o chi per Lui, di qualunque pasta sia fatto.

Metafora che vuole introdurre un finale alternativo e personale. Fantascienza mentale di un ormai semivecchio, mediocre novelliere che a suo tempo si è lasciato andare in più di un apprezzato racconto con finale a sorpresa. Ipotesi di una storia fantastica che in questo contesto di realtà virtuale, forse ci può stare.

Immagino l’intelligenza artificiale già presente dalle origini dell’uomo, celata in qualche anfratto del cervello ancora primitivo, ivi installata da un Supremo, inafferrabile progetto, magari da una biblica sfida tra il bene e il male tutta da giocare intorno a una semplice scommessa. Un primordiale, biologico microchip installato tra le tante sinapsi della mente, aspettando il darwiniano sviluppo. Programma che ci ha portato al progresso in accelerazione costante, fino al presente, quando, il libero arbitrio di cui siamo dotati già dall’inizio, sta delineando l’ultimo scenario dell’esperimento.

Quando tutto si darà appuntamento alla fine dei tempi, all’annunciato Olocausto, solo uno dei due giocatori avrà vinto la mano. In un clima di rassegnazione, sembra infatti che la razza umana, sedotta e affascinata da tutti i suoi balocchi, si stia avviando consapevolmente all’autodistruzione.

Che sia per manipolazione climatica, per nuovi virus, per guerra nucleare o per robotica, tecnologica progressione, lo scenario ce lo ha già anticipato la letteratura, il cinema, la televisione. Persino la data del non ritorno sembra già sia stabilita.

Nel romanzo che non ho scritto mai, alla fine del confronto, i due giocatori sceglieranno un altro mondo, si inventeranno nuove pedine con cui sfidarsi in placida tenzone e in questo smisurato universo che esiste dagli inizi del tempo, il bianco e il nero daranno il via a una nuova partita infondendo la vita. Andrà avanti finché l’intelligenza, qualsiasi essa sia, in qualche modo l’avrà finita.

 

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Articolo pubblicato il 05/10/2017