Torino - Non ferrovie, non autostrade e neanche strade.

Una città a misura di ciclista.

 Lei ama la bicicletta, viaggia per la città in bicicletta, si fa fotografare in bicicletta. E’madama Appendino, la sindaca di Torino, che ha in testa solo piste ciclabili. Lei delle automobili se ne frega e lo dimostra, con la sua banda d’Affori, in tutte le sedute del consiglio comunale.

 

Ha imbarcato nella sua povera giunta assatanati no-tav che non vogliono saperne dei collegamenti ferroviari moderni con la Francia e con l’Europa. Non ha nessun interesse ad arrivare a Parigi in sole tre ore. Il suo mondo è solo quello dei quartieri del centro cittadino che può raggiungere con la sua bicicletta. Non ha interesse per le periferie, abbandonate nel triste stato in cui le avevano ridotte prima Castellani e dopo di lui Chiamparino.

 

Madama la sindaca non è ancora riuscita a capire perché i torinesi l’hanno votata. Non certo per programmi come la decrescita felice della città, che peraltro sta attuando con la sua incapacità di governo. Ma solo perché i cittadini volevano liberarsi da una cricca, chiamata Sistema Torino od anche “l’ambientin”, che imperava sulla città, coordinata dal suo predecessore Piero Fassino.

 

Cricca in cui la Appendino, con l‘aiuto non disinteressato di Chiamparino, si è invece subito insinuata, incurante del fatto che proprio quella cupola aveva indotto la nostra città nello stato di depressione in cui oggi si trova.

 

Nulla in un anno è cambiato, ed anzi la città di Torino ha ancora accentuato la sua condizione di vassallaggio verso la capitale della Lombardia considerata oggi un vero e proprio capoluogo del nord Italia.

 

 

A proposito di Milano, due sono i percorsi che portano dal centro di Torino all’imbocco della autostrada TO-MI.

 

Uno è corso Giulio Cesare, difficile da imboccare dal centro cittadino. Una strada caotica, infarcita da semafori non sincronizzati, quasi tutta ad una sola corsia, con una linea tranviaria che, in un momento di follia delle precedenti amministrazioni, era stata collocata proprio nel bel mezzo dell’asse viario.

 

Il secondo percorso si avvale di un lungo rettilineo a due corsie, progettato per le olimpiadi del 2006 ed inaugurato da Fassino nel 2016, tre giorni prima della consultazione elettorale, per convogliare su di lui, inutilmente, i voti dei concittadini.

 

Il rettilineo, superato con un tunnel la piazza dello Statuto, raggiunge la famigerata piazza Baldissera, ora denominata “rotonda Appendino”, e si perde, prima in un corso Venezia sempre in rifacimento e poi in un dedalo di piccole vie, disposte a ricciolo, dove si trovano in difficoltà, anche per l’assenza di ogni segnalazione, coloro che vengono da fuori Torino.

 

Mentre a fianco, come un miraggio nel deserto, compaiono due larghe arterie a doppia corsia, anch’esse progettate per le olimpiadi del 2006, e poi portate avanti per anni con l’indolenza tipica di tutte le amministrazioni di sinistra.

 

Destinate a raggiungere le autostrade per Milano ed Aosta, sono tuttora incompiute ed i torinesi non hanno perso la speranza che un giorno la buona “grillosindaca” le apra al traffico. Purtroppo per i grillini, queste arterie non sono le loro amate piste ciclabili.

 

La sindaca Appendino e la sua giunta si dice poi che abbiano deciso di non occuparsi delle periferie cittadine e dei loro irrisolti problemi.

 

Perché lì la decrescita, anche se non proprio felice, (vedi per esempio il MOI ed i campi zingari) è già in atto e non c’è bisogno di loro.

       

 

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Articolo pubblicato il 07/10/2017