Italiani come "untori": quando sbarcano, li infettiamo.

Tutti sani, giovani e belli.

Sorge intanto spontaneo un interrogativo. Perché tra gli immigrati non ci sono persone anziane? Non soffrono anche loro per le guerre, la fame, le lotte tribali, la miseria ed anche il clima?

Già qualche anno or sono Civico20News si era occupato della diffusione della malattia tubercolare in Italia. Aveva organizzato un dibattito pubblico a cui avevano preso parte opinionisti, sociologi e medici specialisti in pneumologia.

La questione, che gettava qualche ombra sulle responsabilità dei flussi migratori, aveva suscitato alti lai da parte della sinistra, che si era schierata come un sol uomo, denunciando l’infame delitto di lesa maestà del migrante. Si erano alzate le immancabili tiritere con le accuse di xenofobia ed anche di razzismo.

Non ancora quelle di fascismo perché il grosso e grasso piddino Emanuele Fiano non si era ancora fatto strada tra le file dei salvatori della patria, nata, come al solito, dalla resistenza.

I filo-immigrazionisti più esagitati, tutti intellettualoidi di sinistra, sostenevano una loro tesi.

Chi sbarcava nel nostro paese era in perfetta salute, perché arrivava da paesi con buona sanità.

I servizi sanitari africani erano validi e quelli gestiti in Katanga da stregoni, tra i quali vi era il padre della ministra di Letta, Kashetu Kyenge, erano solo casi eccezionali.

Ed infine che, una volta arrivati sul nostro suolo in ottime condizioni, gli immigrati venivano infettati dagli italiani.

Una visione onirica in voga ancor oggi che relegava i nostri connazionali nel ruolo che il Manzoni aveva attribuito agli untori che a Milano erano accusati di trasmettere la peste.

E’necessario oggi ritornare ad affrontare la diffusione della malattia tubercolare, che purtroppo non si propaga come immaginano i compagni che amano i migranti.

Dati del ministero della salute rivelano che nel decennio 2004-2014, su circa cinquemila casi di tubercolosi all’anno, oltre la metà riguardava cittadini stranieri.

Nulla si sa di quanto accaduto negli anni successivi, quando l’arrivo dei migranti ha raggiunto dimensioni tali da indurre gli opinionisti di scuola renziana ad arroccarsi nel più vieto negazionismo.

Il conduttore di un talk show della solita RAI3, tale Gerardo Greco, si è coperto di ridicolo, gridando felice “solo due! solo due! alla notizia che due negri affetti da tubercolosi erano in cura in un ospedale sardo. I suoi squittii si erano subito spenti quando gli avevano fatto osservare che in quel nosocomio erano due, ma che in Sardegna gli ospedali erano tanti.

Sul tema è intervenuta di recente anche La Stampa, detta, non senza fondati motivi, “la busiarda”.

Sul quotidiano torinese, abbiamo potuto leggere che, secondo esperti biologi e gli immancabili luminari fiorentini,  “nelle popolazioni africane si annida una grande quantità di microrganismi che il nostro mondo ha perso” e che “quindi l’immigrazione è una risorsa, perché ci consente di importare nuovi microbi che ci rafforzano”. Una specie di lorenziniana vaccinazione allo spera in dio.

Peccato che tra questi “buoni microbi” ci sia un batterio tubercolare di tipo nuovo, resistente alle cure attualmente in uso e pertanto incurabile.

Con il trascorrere del tempo la malattia tubercolare, insensibile al negazionismo delle sinistre, è destinata ad espandersi tra i nostri connazionali. 

In primo luogo perché può essere trasmessa in tutti i luoghi pubblici per via aerea con la tosse e con il respiro.

In secondo luogo perché molti immigrati arrivano da paesi in cui è presente un’endemia tubercolare come la Nigeria, il Burkina Faso, il Sudan, il Pakistan e la Moldavia.

Ed infine perché in Italia sono stati smantellati dalla sinistra tutti quei presidi anti-tubercolari che, come i dispensari, potevano fare argine alla grave infezione.

E’ indispensabile che l’attuale sgangherata barca governativa termini al più presto la sua corsa.

 

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Articolo pubblicato il 18/10/2017