L'Oriente è Rosa

La Massoneria al Femminile di Aldo Alessandro Mola

Gentili lettori di Civico20news,

per gentile concessione del prof Aldo Alessandro Mola, storico e grande conoscitore di questioni latomistiche, proponiamo la lettura di un Suo Articolo apparso nell'editoriale del Giornale del Piemonte e della Liguria.

Le considerazioni sul valore oggettivo delle Iniziazioni femminili ci offrono la grande opportunità per riflettere sulle differenze tra i due sessi che ad una attenta analisi ci appaiono di natura essenzialmente profana.

Il Prof. Mola estende il discorso alle varie Confessioni religiose che ancora oggi si dimostrano lontane da una visione più aperta che prenderebbe in considerazione il Sacerdozio femminile.

MARIA DERAISMES (1828 - 1894)

 


L'ORIENTE E' ROSA

di Aldo A. Mola

Non lasciamo passare in sordina un 150° memorabile: l'elezione della contessa Giulia Caracciolo Cigala a venerabile della loggia massonica “Vessillo di Carità e Anita”, costituita a Napoli tre anni prima. Nel 1867 le “sorelle massone” si prodigarono nell'ultima spedizione di Giuseppe Garibaldi per debellare il papa-re e fare di Roma la capitale d'Italia.

L'impresa finì male, a Mentana, il 3 novembre (verrà ricordato dalle “istituzioni”?). La tragedia fu l'alto numero di garibaldini abbattuti con fucili di precisione dai francesi accorsi in aiuto degli zuavi pontifici (150 morti e 240 feriti, contro 2 caduti francesi e 30 zuavi pontifici) e dei 1.600 prigionieri (incarcerati a Roma in pessime condizioni), ma soprattutto  il completo fallimento politico del progetto. Garibaldi contava sull'insurrezione dei romani, che invece non mossero paglia.

La colonna di volontari mandata in loro aiuto fu annientata a Villa Glori. Enrico Cairoli cadde nello scontro. Suo fratello Giovanni morì per le ferite. Garibaldi aveva circa 6.000 uomini. Nel bel mezzo della battaglia una buona metà lasciò il combattimento perché sognava Roma capitale della Repubblica universale ispirata da Giuseppe Mazzini mentre il Generale voleva unirla alla corona di Vittorio Emanuele II re costituzionale.

Garibaldi scommetteva sulla benevola comprensione del governo, presieduto dall'alessandrino Urbano Rattazzi, espressione della sinistra democratica, con alto tasso massonico. Ma Napoleone III, antico carbonaro e circondato da massoni come già suo zio, Napoleone il Grande, tenne duro: Roma doveva rimanere al papa, non perché egli fosse devoto alla “sacra pantofola” ma per equilibrio europeo.

Nel 1866 Vittorio Emanuele II già aveva avuto il Veneto senza vincere la guerra, come scrive Hubert Heyriès in “Italia 1866” (ed. il Mulino), Premio Acqui Storia 2017. Rattazzi fu sostituito dal generale Luigi Federico Menabrea. Le lancette della politica si fermarono. La Sinistra tornò al governo solo dieci anni dopo, nel marzo 1876, col “fratello” Agostino Depretis.

La cosa più sorprendente  è che il Grande Oriente d'Italia non spalleggiò affatto l'impresa di Garibaldi. Il facente funzioni di gran maestro, Ludovico Frapolli (da tempo avviato allo squilibrio mentale), scrisse che la massoneria aveva scopi molto più elevati. Due anni dopo non aderì al Concilio anticlericale di Napoli. Furono “massone” ( o “mopse”), come Enrichetta e Giulia Caracciolo, Angiolina Mola, la Lascaris e Angela Huber Mengozzi a premere per una svolta profonda e immediata.

Il 15 maggio 1864, quando fu eletto gran maestro, Garibaldi scrisse che bisognava costituire logge di donne. In tutte le battaglie ne aveva avute al fianco, a cominciare dalla moglie, Anita Ribeiro, morta di stenti nella marcia da Roma verso Venezia nel luglio-agosto 1849. Il suo vice Francesco Crispi nella spedizione dei Mille portò con sé la seconda moglie, Rosalia Montmasson. Nello stesso 1867 Garibaldi accelerò il passo.

Iniziò la figlia Teresita e un manipolo di donne convinte che la modernizzazione della società italiana esigeva il concorso femminile. Non era una novità. Lo avevano fatto aristocratiche e borghesi filantrope cattoliche osservanti, come Giulia di Barolo, nata Colbert. La “rivoluzione” non fu monopolio dei maschi. A uccidere il sanguinario Marat fu una donna. E vittima del “populace” parigino, fu Maria Teresa di Savoia-Carignano, principessa di Lamballe, linciata dalla plebe, che ne spiccò la testa dal busto e la portò in trionfo su una picca sotto le finestre della regina Maria Antonietta: lugubre mònito.

La principessa di Lamballe era la seconda gran maestra delle logge massoniche “di adozione”,cioè collegate alle Obbedienze “regolari”, come il Grande Oriente di Francia.


La massoneria moderna (o “simbolica”) nacque nel 1717 dalle antiche corporazioni di mestiere, non per edificare ma per educare: il mestiere più difficile, come Seneca capì dalla condotta del suo discepolo, Nerone. La costituzione dell'Ordine, nel 1723, riservò l'iniziazione agli “uomini liberi”. Ma le “donne curiose” (messe in scena dal commediografo  Carlo Goldoni) vollero sapere e capire. Il Settecento fu il secolo della parità uomini/donne ai livelli alti della società.

La svolta fu segnata dalla “Prammatica sanzione” con la quale il Sacro romano imperatore, Carlo VI d'Asburgo, abolì la legge salica, che prescrive la successione di maschio in maschio a prescindere dal grado di parentela, e assicurò il trono anche alle donne. Ne beneficiò sua figlia, Maria Teresa, nata nel 1716, imperatrice apprezzatissima dal 1740 al 1780.

A condurre i “salotti” e/o le accademie in quel secolo di intelligenze brillanti furono sempre le “dame” (che si spupazzavano i Giacomi Casanova di passo, illusi di fare chissà che). In passato, come documenta Paola Bombardi in “I Quattro Coronati” (ed. Tipheret) non erano mancate gilde muratorie femminili. Mentre nel Settecento la cultura e la civiltà fecero passi da giganti, l'età franco-napoleonica (vent'anni di guerre e cinque milioni di morti) lasciò alle spalle una società militarizzata, fondata sulla repressione del dissenso: un rosario di cospirazioni, insurrezioni, moti, conflitti tra pretendenti (in Spagna e Portogallo) e guerre per l'indipendenza (Grecia e Italia: l'Impero di Germania proclamato nel Salone degli Specchi del Castello di Versailles è tutt'altra cosa).

Le donne non stettero alla finestra della storia. Né quindi potevano rimanere ai margini degli Ordini, come non lo erano con la miriade di congregazioni religiose della chiesa cattolica e la moltitudine di associazioni e società pullulanti nell'area riformata ed evangelica.

In massoneria, va però constatato, esse incontrarono ostacoli pressoché insormontabili.

In Italia tra il 1867 e fine Ottocento, l'iniziazione femminile e la legittimazione di logge miste fu affidata ripetutamente allo studio d apposite “commissioni”, il modo più elegante per rinviare la risposta. Di decennio in decennio l'emancipazione femminile avanzò tuttavia per altre strade, dalla scuola al lavoro, in un paese grondante pregiudizi arcaici. Basti ricordare che le ragazze non potevano iscriversi ai licei classici e quindi non avevano accesso alle università. A inizio Novecento le laureate in medicina erano erba rara. A Torino (ricorda Daniela Bosetti in uno studio accurato) fu l'israelita Lavinia Holl, affiancata dalla giornalista Anna Franchi, a promuovere la Gran Loggia Mista Simbolica.

La Grande Guerra impose di fare nuovi conti con la realtà. Se in passato la figura femminile era stata interpretata da Anna Maria Mozzoni, Maria Montessori, Ada Negri, Annie Vivanti e da tante “eroine” che le dettero voce e volto, in quegli anni le donne sostituirono in tutto e per tutto gli uomini mobilitati al fronte, lavorarono nei campi e nelle fabbriche. Non erano l'“altra metà del cielo” ma della terra, della vita quotidiana. La massoneria non ebbe tempo di metabolizzare in pieno la svolta perché nel 1925 fu costretta ad autosciogliersi.

In Francia, però, da fine Ottocento era stato creato l'Ordine del Diritto Umano, una massoneria mista, maschile e femminile, guidata da Marie Deraisme. Poi nacquero Grandi logge esclusivamente femminili. Nel dopoguerra identico cammino fu intrapreso in Italia, da Marisa Bettoja, suocera di Ugo Tognazzi e, anni dopo, da Lia Bronzi Donati e da Anna Sartini. Alla Gran Loggia Tradizionale Femminile seguì la Gran Loggia Massonica Femminile, che oggi annovera diciannove officine, esattamente quante ne aveva il Grande Oriente Italiano nel dicembre 1861, quando tenne la sua prima assemblea costituente. Vanta  anche un efficiente Centro studi diretto da Stefania Pavan, specialista di storia e letteratura russa.

Nel 300° della Gran loggia di Londra (24 giugno 1917) la massoneria femminile in Italia ha tre volti: le “Stelle d'Oriente” all'interno del Grande Oriente d'Italia (ne ha scritto Guglielmo Adilardi in un saggio edito da Pontecorboli); l'iniziazione in Officine della Gran Loggia d'Italia (sin dal 1956-1960, con Tito Ceccherini e Giovanni Ghinazzi), oggi presieduta da Antonio Binni, e, appunto, la Gran Loggia Massonica, partecipe dei circuiti liberomuratori internazionali incardinati sul Grande Oriente di Francia, che a sua volta da qualche anno pratica l'iniziazione femminile.

Alla nascita anche i Rotary, i Lions e gli altri clubs di servizio erano esclusivamente maschili. Poi si aprirono all’apporto femminile e le presidenti (anche in Distretti, come i  liguro-piemontesi) oggi sono assai numerose. In molte confessioni cristiane occidentali la funzione pastorale è al femminile. All'interno della chiesa di Roma si dibattono temi talora appariscenti ma irrilevanti sotto il profilo istituzionale e sacramentale (l'“ambiente”, i “migranti”, persino alcune “intemperanze” pro e contro natura, come fossero novità nell'Istituzione che ebbe papa Leone X).

Forse è un modo per eludere e rinviare il vero nodo: rispondere alla richiesta di sacerdozio femminile, “questione” fondamentale del Terzo Millennio per chi voglia guidare la Storia e riaffermare il primato della civiltà greco-romana, fatta rivivere nel Rinascimento da Sandro Botticelli con “La Nascita di Venere” e “La Primavera”. Dopo decenni di confusione (dal Concilio Vaticano II, che fu il “Sessantotto” della chiesa romana), l'Occidente deve tornare alle radici e scoprire che era giù tutto chiaro. L'iniziazione forse femminile precede e contiene quella maschile. Magna Mater da un canto, Mitra dall'altro. L'Oriente è rosa...

 

Aldo A. Mola

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Articolo pubblicato il 03/11/2017