Torino - Filippo Corridoni, sindacalista rivoluzionario morto per la Patria

Il ricordo a pochi giorni dalla ricorrenza

 

 

Il 23 ottobre del 1915 moriva eroicamente, durante l’assalto della Trincea delle Frasche presso San Martino del Carso, Filippo Corridoni, storico esponente del sindacalismo rivoluzionario e grande patriota, che pur partendo da posizioni anti-miltaristiche e anti-interventiste, cadde eroicamente durante la grande guerra.

 

Luigi Cortese, Coordinatore FN Piemonte Valle d'Aosta, vuole ricordare e onorare la figura del valoroso combattente:

"La federazione Piemontese di Forza Nuova, fedele sempre ai suoi valori basati sulla difesa dei diritti fondamentali dei cittadini e della difesa della Patria e della dignità della Nazione, ed il Si.N.La.I. vogliono rendere onore alla sua figura troppo spesso dimenticata. Oggi più che mai in un paese dove il diritto al lavoro viene cancellato dalle politiche liberiste e la Nazione viene privata dei suoi valori e della sua dignità da politiche antinazionali ed internazionaliste, è doveroso ricordare chi, come Filippo Corridoni, ha dedicato la sua breve vita alla difesa del lavoro, dei lavoratori e della patria".

 

Nella sua idea di sindacalismo fece proprio l’enunciato che “l’emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi” convinto che il proletariato non può considerarsi classe finché l’organizzazione sindacale non allargherà i suoi orizzonti di lotta e non combatterà battaglie oltre quella del salario e dell’orario di lavoro perché “ci si nutre per vivere e non si vive per nutrirci”.

 

Da soreliano convinto Corridoni era per l’indipendenza sindacale sia nei confronti dei partiti politici che dello Stato. Nelle sue dure battaglie, che lo portarono molto spesso anche in carcere, Corridoni non si pose mai il problema dell’“appartenenza”. I valori, per i quali ci si batte, non hanno colore. Affermava che “dovunque s’armi e combatta una volontà diretta a scardinare, e sovvertire, il mortifero ordine costituito dal servaggio internazionale, dal parassitismo interno, dalla miseria morale, e fisica, dei produttori, ivi è il nostro posto, senza chiedere, a chi pugna accanto a noi, quale tessera porti in tasca e se, magari, faccia a meno d’ogni tessera”.

 

Corridoni seppe più di chiunque altro sintetizzare nel binomio Patria-Lavoro i bisogni, le necessità e le aspettative di un popolo. Nell'interventismo Corridoni, modificando le sue posizioni iniziali e dimostrando grande visione del suo tempo, vide la possibilità di attuare e dare forza ai principi del sindacalismo rivoluzionario trasformandolo quasi in un sindacalismo nazionale: Date al popolo la libertà ed esso la difenderà vittoriosamente [...] perché per il popolo il problema di patria è essenzialmente un problema di libertà. Toglietela e gli toglierete la patria: non la sentirà più, si disinteresserà delle sue sorti”.

 

Corridoni fu un rivoluzionario non solo per le dichiarazioni teoriche ma soprattutto per le scelte politiche e di vita. Egli disprezzava la classe dirigente e politica che governava in Italia ai suoi tempi e ricordava che “non basta appartenere fisicamente ad una classe per avere una coscienza di classe. Solo così si eviterà che la rivoluzione venga fatta da cani arrabbiati. La rivoluzione non deve essere opera di un ventre vuoto e di uno stomaco stiracchiato, ma bensì di un cervello sano e fresco, che medita una vita di giustizia e di equità e che vi vuol giungere a tutti i costi, anche attraverso la violenza, ma organizzata ed intelligente”.

 

In suo ricordo fu innalzato nel 1933 sul Carso goriziano, nel luogo dove cadde (Trincea delle Frasche), un monumento. Un altro monumento venne innalzato nella piazza in stile fascista della città natale, Pausula (rinominata Corridonia con un decreto nel 1931). Una statua bronzea di Corridoni in punto di morte realizzata con la fusione di cannoni requisiti agli austriaci durante la prima guerra mondiale. Nella parte sottostante del monumento vi è un arengario, composto da sei bassorilievi in bronzo, che illustra i momenti più rilevanti della sua vita (il sindacalismo, l’interventismo, il sacrificio), opera dello scultore Oddo Aliventi (1898-1975). La statua venne inaugurata da Mussolini nel 1936.

 

"Forza Nuova Piemonte e Si.N.La.I. - dice ancora Cortese - vogliono ricordare Filippo Corridoni con il motivo del conferimento della medaglia d’oro al valore militare voluta da Benito Mussolini il il 25 ottobre 1925:  

 

“Soldato volontario e patriota instancabile, col braccio e la parola tutto se stesso diede alla Patria con entusiasmo indomabile. Fervente interventista per la grande guerra, anelante alla vittoria, seppe diffondere la sua tenace fede fra tutti i compagni, sempre di esempio per coraggio e valore. In testa alla propria compagnia, al canto di inni patriottici, muoveva fra i primi e con sereno ardimento all'attacco di difficilissima posizione e tra i primi l’occupava. Ritto, con suprema audacia sulla conquistata trincea, al grido di “Vittoria! Viva l'Italia!” incitava i compagni che lo seguivano a raggiungere la meta, finché cadeva fulminato da piombo nemico. (Trincea delle Frasche, Carso, 23 ottobre 1915)”.

 

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Articolo pubblicato il 04/11/2017