L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Catalogna. Esiste un diritto alla secessione?

La fuga ingloriosa di Puidemont e le manette di Madrid

Le vicende che si rincorrono per l’indipendenza della Catalogna stanno provocando la peggiore crisi politica in Spagna da decenni e sono viste con timore anche da altri paesi europei che sono soggetti a spinte separatiste latenti.

Dopo il voto del primo ottobre preso alla leggera dalla Spagna, salvo poi intervenire militarmente ed in modo spettacolare, è emersa tutta la debolezza di Carles Puidemont  e le improvvisazioni del presidente Mariano Rajoy.

Due personaggi che non sono all’altezza del momento storico che stanno vivendo.

Dopo aver incendiato la Catalogna parlando d’indipendenza e di libertà, dopo aver portato i cittadini alle urne per approvare il referendum e soprattutto dopo gli avvisi del governo a non forzare la mano proclamando l’indipendenza unilateralmente, il presidente catalano Carles Puigdemont è scappato a gambe levate.

Per settimane è apparso come l’ultimo dei duri e puri, l’uomo che metteva i valori in cui crede davanti a tutto. Invece, di fronte all’incriminazione della magistratura spagnola, ha abbandonato il suo posto lasciando soli, e in balìa degli eventi da lui scatenati, i collaboratori, i rappresentanti delle istituzioni di Barcellona e i sostenitori della secessione.

Intanto gli otto suoi ministri che sono rimasti in Spagna, sono ridotti agli arresti, dopo essersi rifiutati di rispondere agli interrogatori dei giudici. Sul capo del leader catalano e dei quattro ministri che l’hanno seguito in Belgio, pende un mandato di cattura internazionale.

Vedremo nei prossimi giorni se costui calerà ancor più nel ridicolo o, pur ritirandosi, provvederà a salvare l’ideale che aveva contraddistinto la lotta per l’autonomia. Ideale ed anelito, condiviso di almeno una parte dei Catalani che rischia di naufragare per l’imperizia di un leader impolitico

Si è comunque aperto un dibattito tra osservatori e studiosi attorno a una domanda centrale: il diritto a separarsi, se la maggioranza degli abitanti di quel territorio lo vuole, è legittimo? È legale?

Non ci sono verità assolute, anche perché da sempre il diritto internazionale si evolve insieme ai cambiamenti del mondo.

Quello che oggi è illegale, domani potrebbe diventare legale; e in ogni caso “legale” e “illegale” sono concetti diversi da “giusto” e “sbagliato”. Va considerato poi che il mondo non funziona sempre secondo le norme del diritto internazionale, le quali nella realtà dei fatti sono dei paletti che gli Stati hanno deciso di fissare e che spesso decidono di aggirare.

Al di là di queste premesse, si può affermare che non esiste alcun diritto alla secessione espressamente riconosciuto dal diritto internazionale, e il principio di autodeterminazione non funziona come spesso ce lo raccontano.

Il moderno sistema internazionale è costruito, in parte, su due idee che finiscono per essere in tensione tra loro: i confini sono sacrosanti e i popoli determinano il loro status politico.

Il primo principio, è fondamentale per garantire la sopravvivenza degli Stati. Se fossero permesse ribellioni, invasioni, annessioni e così via, gli Stati sarebbero costantemente in pericolo e l’attuale sistema crollerebbe, provocando caos e violenza.

Il secondo principio, è molto più recente ed è stato formulato per proteggere i cittadini di un territorio da potenze occupanti, e in misura minore dagli abusi dei dittatori.

Che succede però se la popolazione di un pezzo di territorio – come nel nostro caso i catalani, invoca il suo diritto ad autodeterminarsi, parla di secessione e chiede di formare uno stato indipendente? Succede che i due principi si scontrano e che bisogna decidere quale dei due prevalga.

Intanto bisogna capire cosa s’intende nel diritto internazionale per principio di autodeterminazione.

Il diritto di autodeterminazione dei popoli è stato riconosciuto nel 1970 dall’Assemblea Generale dell’Onu ed ha trovato applicazione a  favore dei  popoli sottoposti a governi coloniali, la maggior parte dei quali avevano raggiunto l’indipendenza durante gli anni Sessanta.

In origine il principio di autodeterminazione dei popoli, garantiva ai popoli sottomessi al dominio coloniale di recuperare la propria indipendenza, che si poteva raggiungere tramite la secessione. Era un fenomeno descritto come “autodeterminazione esterna”.

Al di fuori degli episodi di decolonizzazione, il principio di autodeterminazione dei popoli è stato interpretato nel senso di una “autonomia interna”, quindi il diritto a eleggersi un proprio parlamento e ad avere un proprio governo, tra le altre cose, ma non nel senso di creazione di un nuovo stato indipendente.

In pratica, secondo questa interpretazione maggioritaria, i catalani non avrebbero il diritto di invocare il principio di autodeterminazione con il fine di ottenere l’indipendenza, perchè non rientrerebbero nelle ristrette categorie per le quali il principio di scegliere da sé il proprio status politico prevale sull’integrità dei confini.

Tra gli studiosi di diritto internazionale, comunque, c’è una corrente  che riconosce il diritto di un popolo ad esercitare l’”autonomia esterna” nei casi in cui il governo centrale lo discrimini.

Ma in diritto, cos’è la secessione? “La secessione è un processo attraverso il quale l’autodeterminazione esterna può essere raggiunta; una fattispecie che il diritto internazionale al massimo tollera”. È un punto importante, perché ribalta il discorso: se non esiste un diritto alla secessione, e non si possono considerare  i catalani come colonie, cosa rimane?


Nel 2008, alla fine di molti anni di guerra, gli albanesi kosovari si autoproclamarono indipendenti dalla Serbia. Il loro stato fu immediatamente riconosciuto da diversi paesi del mondo, ma non da tutti e soprattutto non dalla Russia, che nelle guerre dei Balcani aveva appoggiato la Serbia.

Ma com’è possibile che oggi il Kosovo sia considerato da mezzo mondo uno stato indipendente se la Russia – membro permanente con potere di veto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – non l’ha mai riconosciuto?

Il punto è che il diritto internazionale non stabilisce dei passaggi attraverso i quali uno stato diventa indipendente: l’indipendenza viene riconosciuta dall’esterno, da chi vuole, e soprattutto è una condizione legata più alla realtà che alla teoria.

Se la Catalogna fosse riuscita a ottenere l’appoggio dell’Unione Europea, o degli Stati Uniti per esempio, sarebbe stato tutto diverso: in caso di proclamazione di indipendenza, il nuovo stato catalano avrebbe potuto parlare da pari a pari con altri paesi, anche se il governo spagnolo avesse continuato a considerare la Catalogna come una sua regione.

Il caso del Kosovo viene visto oggi come un’eccezione, più che come un precedente. Non ha creato regole nuove, almeno finora, però ha dimostrato una cosa, se ce ne fosse bisogno: che gli stati possono fare cose al di fuori del diritto internazionale, possono anche rivendicare un inesistente diritto alla secessione, se hanno l’appoggio di qualche paese importante o potente. Quando nei fatti, la politica prevale sul diritto.

Ma se il proclama dell’indipendenza avviene al di fuori del diritto e della negoziazione politica , come nel caso dei catalani, l’indipendenza diventa un obiettivo praticamente impossibile da raggiungere.

L’incapacità del leader fuggiasco e lo scontro frontale con il premier Mariano Rajoy, non ha certo migliorato la situazione.

La situazione è in evoluzione. La fuga di Puigdemont a Bruxelles investe anche di riflesso l’Europa. Mentre il quesito sulle secessione è politico, il carcere per rappresentanti eletti, rei di aver promosso una transizione istituzionale illegale (per il diritto interno) ma senza armi e violenza, rappresenta una violazione dei diritti dell’uomo.

Pima che la già sgangherata e mal vista istituzione europea, sia travolta da altri conati d’indipendentismo che covano ormai da anni, in Francia, Belgio ed Olanda in particolare,  ma anche tra la Savoia e le valli del Piemonte, cosa dirà l’Europa?

A Bruxelles si tenterà di prendere in considerazione l’ipotesi di un nuovo federalismo con raffigurazioni in evoluzione tra Regioni, Stati ed istituzioni europee?
 

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 05/11/2017