“Ero sicuro che mi avrebbero ammazzato”.

Parla Jesus Medina, il giornalista venezuelano rapito, picchiato e liberato dopo due giorni di terrore.

CARACAS - Non c'è pace in Venezuela per giornalisti e mass media. L'Assemblea costituente voluta dal presidente Maduro e creata esautorando il Parlamento, eletto democraticamente, ha approvato una «legge contro l'odio» che prevede la chiusura di mezzi di comunicazione e pene fino ai 20 anni di carcere per «delitti di accanimento ideologico».

In pratica si vogliono prendere di mira i media che criticano la dittatura instaurata da Maduro. Sono già diversi i giornalisti presi di mira per le loro denunce.

Tra di loro figura anche Jesús Medina, arrestato e poi rilasciato circa un mese fa insieme al collega ticinese Filippo Rossi – collaboratore anche del Corriere del Ticino – e all'italiano Roberto Di Matteo.

"Sabato scorso verso le 5 del pomeriggio mi trovavo su un autobus, quando ho visto tre veicoli avvicinarsi al mezzo pubblico - racconta Medina - Ne sono scesi due uomini armati, uno dei quali è salito sul bus. Quando sono sceso dall'autobus uno dei due uomini armati mi ha chiesto se ero Jesus Medina. Ho risposto sì e mi hanno fatto salire sul sedile posteriore di un veicolo tra due di loro.

Nel corso del rapimento mi hanno poi picchiato e buttato nel baule". Il seguito del racconto è fatto di pugni calci e tanta paura. "A un certo punto ero sicuro che mi avrebbero ammazzato".

Questa la prima dichiarazione subito dopo la liberazione.

cdt.ch


 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 10/11/2017