Una ciotola di ricordi

Andrea Biscŕro torna a parlare della Fondazione Michele Cea

Eccoci nuovamente a parlare della Fondazione Michele Cea.

Dopo aver intervistato la sua vicepresidente, Lina Bavaro, è tempo d’incontrare un fumetto.

Procediamo con ordine, così da non perdere di vista il Senso: la Fondazione, è bene ricordarlo, persegue il sostegno ad artisti in condizioni economiche disagiate, fornendo loro la possibilità di avere a disposizione luoghi dove immergersi, creare ed esporre le proprie opere promuovendo, senza fini di lucro, l’arte a 360 gradi, tramite l’organizzazione di mostre personali e collettive in tutta Italia, tavole rotonde, sportelli di supporto e di ascolto psicologico e formativo.

In questo percorso articolato, ricco di vita, colori, forme, persone, Arte, c’è anche lei, una donna che ha conosciuto Michele Cea ed è parte integrante della Fondazione. Si chiama Elisabetta Piccirillo. Da qualche anno frequenta gli ambienti artistici milanesi, prendendo parte a mostre ed eventi. Ed è in uno di questi che incontra Michele. Fra i due è amicizia ed empatia a prima vista. Dopo la sua scomparsa, Elisabetta contribuisce a farne conoscere l’arte ed il pensiero attraverso media e social con la pagina Facebook “Gli amici di Michele Cea”.

Elisabetta trasmette entusiasmo ed è un catalizzatore di idee per la Fondazione. Ama definirsi una cantastorie: «datemi una penna, un pennello, un po’ di creta e vi racconterò una storia»… una storia come questa, che parte da lontano. Lontano nello spazio e nel tempo.

Avete mai sgraffignato qualcosa dalla stanza di un albergo?

Io sì. Gli asciugamani? No. Solo qualche shampoo, cuffiette, bustine di the, tisane, caffè americano, così da riprodurre, tornato a casa, la sensazione di quell’intruglio. Puro masochismo, me ne rendo conto. Elisabetta ha avuto decisamente più buongusto e ha portato a casa una ciotolina dal ristorante dello storico Hotel Baron di Aleppo, in Siria, fondato nel 1911. L’hotel ha ospitato, fra gli altri, Agatha Christie, Lawrence d’Arabia, il Maresciallo Montgomery, Churchill, De Gaulle, Nasser, persino Pasolini. In una di quelle stanze hanno dormito anche Elisabetta, suo marito Maurizio (Maury) e il loro cagnolino Lucky. È l’estate del 1990 e i due sposi, con l’amico a quattro zampe, partono da Milano «con il nostro Toyota Hi-Lux, direzione Aqaba in Giordania via terra». Entrano «in Siria da un passo di montagna turco» e si fermano ad Aleppo, non distante dal confine. Alloggiano al Baron. Visitano la città. «Era incantevole girare la città, recarsi in alto alla cittadella ad osservare il panorama». Da subito fanno la conoscenza di un giovane, Mohammed, che «si offerse di aiutarci a ritrovare il cammino in quel dedalo incomprensibile e caotico delle vie di Aleppo». Elisabetta e Maury visitano ciò che di più bello quelle terre possono offrire in fatto di opere umane e doni della Creazione. Lo stesso fanno in Giordania. E poi…

E poi ci si mette di mezzo la Prima Guerra del Golfo (agosto 1990-febbraio 1991) e tutto cambia.

«Tornammo in Siria prendendo parte involontariamente al primo grosso esodo di profughi. Intere famiglie fuggivano dal Kuwait». Ad Aleppo Elisabetta, suo marito e Lucky ritrovano l’amico Mohammed, «tranquillo e con il suo bel sorriso pulito e gioviale». Vengono ospitati dai suoi genitori in una «bella dimora araba del Seicento, situata nella città antica». Infine, il ritorno a Milano. Ognuno a casa propria, alle rispettive culture e abitudini. L’esperienza medio-orientale è un ricordo importante, ma la vita va avanti. Si dice così. Ed è così.

Gli anni passano e chissà per quali pseudocasualità, salta fuori la ciotola sgraffignata all’hotel. E lo fa producendo un effetto

Certi “oggetti” (incluse vecchie fotografie o consunti bigliettini) sono degli stargate. Non ci portano su altri pianeti, ma sono in grado di darci una scossa proporzionale al coinvolgimento che abbiamo vissuto al tempo in cui quegli “oggetti” sono diventati nostri, ce li hanno donati, li abbiamo scritti, ritirati dal fotografo dopo avergli portato i negativi.

Certi “oggetti” sono dei veri e propri scossoni temporali, comunemente chiamati “tuffi nel passato”, che impongono una sosta e una conseguente condivisione.

Attraverso le parole del professor Massimiliano Porro (Segretario generale della Fondazione, critico e docente di storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti Aldo Galli di Como) addentriamoci nel mistero di un percorso iniziato come una normale vacanza

«Un semplice ciotola colma di ricordi che pulsano come un secondo cuore. I coinvolgenti giorni di un viaggio trasformati in narrazione diretta e genuina, con la passione di chi sa vivere con sensibilità il mondo e le relazioni che si intrecciano oltre i confini naturali. Elisabetta, ritrovando la ciotola dell’Hotel Baron, ha aperto la sua anima. Un incontro che ha scatenato in lei una serie di rievocazioni. Memorie in forma di vocaboli che, scaturendo dalla sua penna, scorrevano veloci come i grandi fiumi che trasportano echi degli spiriti. Parole che diventavano sempre più pesanti, come macigni. Sequenze ininterrotte, dalla gioia al dolore, alla sofferenza, agli squarci delle ferite generati dal ricordo».

Tuttavia, le sole parole non erano sufficienti.

«Un nuovo incontro – prosegue Massimiliano Porro – ha permesso che tutto questo assumesse un significato ancora maggiore. Sulla strada di Elisabetta c’era Stefano, pronto a tramutare in immagine ciò che lei aveva concepito».

Parole e immagini… ed è Arte!

Così nasce «Una ciotola piena di Ricordi», quattordici pagine di intense tavole in bianco e nero. Stefano Sironi, ci spiega il professor Porro, «ha potuto affinare – dal Liceo Artistico Bernardino Luini all’Accademia di Brera fino alla Scuola del Fumetto di Milano – uno stile tanto sintetico quanto diretto, giungendo alla pubblicazione, con una piccola casa editrice americana (Acme Ink), di un fumetto sulla storia del gruppo musicale NOFX. Importante per lui è stata la collaborazione con Maurizio Rosenzweig, suo maestro della Scuola del Fumetto e noto autore di fumetti milanese, collaboratore della Sergio Bonelli Editore.

L’incontro con il testo di Elisabetta rispecchia la sua capacità di rendere graficamente suggestioni che catturano tutti i sensi».

In effetti, il binomio testo & immagini coinvolge, prende, dalla prima all’ultima tavola. Nella storia si respira aria di libertà, di spensieratezza. Si aspira a pieni polmoni la sensazione di trovarsi nella Storia di Terre Antiche, sotto le stelle, lungo le vie lastricate di millenni, immersi nei tramonti, circondati dal deserto e dalle sue dune. La storia però non è di quelle a lieto fine.

Senza preavviso, tutto cambia. Il lettore volta pagina e la tavola successiva ci accoglie con l’effetto di un pugno nello stomaco. È guerra. Il bianco e nero assume un diverso colore: il nero è il nero della morte e della cecità; il bianco è un bianco che sa di tempo sospeso, di disorientamento prodotto dal cieco incedere della guerra. Il seguito è un racconto venato di malinconia e umanità (l’ospitalità della famiglia di Mohammed è resa con grande maestria grafica e narrativa), sino a giungere al momento del ritorno a casa, a Milano, in Occidente. Addio Mohammed e famiglia…

Il finale è come la vita: una miscellanea di sensazioni, di amarezza mista a gioia. Per non parlare di un senso di colpa. E già… i sensi di colpa. Elisabetta ne ha uno che condivide con forza, attraverso immagini e parole che non lasceranno indifferenti il lettore.

«Una ciotola piena di Ricordi» è una storia da tenere fra le mani, da leggere, osservare, conservare, rileggere.

La Fondazione Michele Cea promuove l’Arte e questa lo è perché unisce la narrativa alla grafica e lo fa nella reciproca, evidente ricerca di un messaggio semplice. L’impatto che il lettore prova è immediato. Abbiamo bisogno di essenzialità che arrivi al nocciolo.

«Una ciotola piena di Ricordi» conduce il lettore al cuore di un’esperienza che ci riporta alla nostra umanità. In fondo, è tutto ciò che abbiamo.

Andrea Biscàro

 

Chi fosse interessato ad acquistare una copia del fumetto, può farlo inviando una e-mail alla Fondazione Michele Cea (fondazionemichelecea@gmail.com) che comunicherà la modalità di pagamento. Il fumetto reca i loghi della Fondazione Michele Cea e della Maram Foundation: al prezzo simbolico di 10 € si sosterranno le attività di entrambe le Fondazioni.

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Articolo pubblicato il 15/11/2017