La programmazione che ci manca, dalla Nazionale alla politica

Torino, Roma, Mondiali: manca la giusta strategia per il futuro

Non poter partecipare ai Mondiali di calcio del prossimo anno in Russia è stato un colpo veramente basso per noi Italiani abituati a partecipare quasi sempre a tutte le manifestazioni competitive e spesso anche a vincerle.

D’altra parte, era difficile pensare di poter andare avanti con una squadra in cui mancano i fuori classe e il cui bacino dai cui scegliere giocatori è assai ridotto visti i sempre meno Italiani che giocano nelle squadre.

Da molti anni, ormai, è consuetudine veder giocare club italiani con una esigua minoranza di giocatori nostrani per via della pletora di stranieri che hanno invaso le nostre squadre.

I primi cinque club della Serie A non schierano più di 2 o 3 Italiani nella formazione tipo. Per la Juve ci sono Buffon,  Barzagli e Chiellini; per l’Inter Candreva e D'Ambrosio; nel Napoli giocano Insigne e Jorginho; per la  Roma El Shaarawy, Florenzi e De Rossi; la Lazio gioca con Parolo ed Immobile. Questi sono i titolari Italiani delle prime cinque squadre e si noti che 2 di questi sono oriundi.

Quando ero ragazzo c’era il vincolo di massimo 3 stranieri per squadra, il che consentiva da un lato di far sì che le Società di calcio concentrassero i propri sforzi per gli stranieri per cui valeva la pena fare acquisti (ragion per cui con i 3 Olandesi il Milan di Sacchi ha vinto molto e anche la Juve di Platini e Boniek, mentre ora pur con tanti stranieri le Italiane sono deludenti in Europa da ormai diversi anni) e sull’altro fronte di far crescere giocatori Italiani fondamentali per la Nazionale di calcio.

Acquistare troppi stranieri e investire poco sugli Italiani è dunque sintomo di una cattiva programmazione a lungo termine.

A Torino, con l’arrivo della giunta pentastellata, è iniziata una politica di austerity e spending review: tagli sulle linee dei bus, tagli sulle manifestazioni culturali, tagli sulle grandi mostre, tagli su Cioccola-TO, tagli sui Mercatini natalizi, poiché bisogna risparmiare.

La realtà, come sosteneva il buon economista Keynes, è che bisogna anche pensare a investire oggi (magari un po’ in deficit) per avere un ritorno di immagine e di crescita domani. La stessa cosa sta accadendo a Roma con Virginia Raggi e la mancata candidatura alle Olimpiadi che subito sarebbero costate ma sul lungo periodo avrebbero potuto portare crescita.

I tagli continui all’insegna della decrescita felice anche in questo caso sono il sintomo di una cattiva programmazione a lungo termine.

In attesa delle prossime elezioni, per le quali è già ufficiosamente partita la campagna elettorale, si discute di come e a chi dare gli 80 euro in più al mese, delle cifre da stanziare per il bonus bebè che ogni anno viene messo in discussione, di come portare nelle zone terremotate i prefabbricati senza ancora una volta avanzare un piano di risanamento e tutela idrogeologica del territorio, di come cambiare i nomi ai partiti per prendere voti, in altre parole si discute pensando solo al breve termine.

Ci sarebbe bisogno di varare riforme più strutturali su lavoro, famiglie e territorio, invece gli aiuti a pioggia e le mosse elettorali sono ancora una volta il sintomo di una cattiva programmazione a lungo termine.

Calcio, Amministrazioni, Politica sono dunque accomunati dai medesimi sintomi: quelli della malattia endemica nostrana (almeno degli ultimi anni) per cui si pensa al mese prossimo ma non al decennio successivo.




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Articolo pubblicato il 18/11/2017