La campagna elettorale giocata sulle tasse

Con largo anticipo, arrivano le prime indiscrezioni su come variare le tasse da parte dei partiti

Manca ancora molto alla campagna elettorale vera e propria che si giocherà a inizio del prossimo anno, ma già iniziano a circolare le idee che i vari partiti hanno sulle tasse, tema notoriamente molto elettorale.

Siamo ben consapevoli del fatto che l’Italia è uno dei paesi con un carico fiscale, in rapporto al reddito medio, tra i più alti del mondo occidentale, ma anche del fatto che, per il fiscal compat di stampo europeo, rimane difficile poter alleggerire le imposte e aumentare il deficit.

L’economia del belpaese sembra procedere abbastanza bene, dopo aver toccato il fondo per diversi anni, anche se questa tiepida crescita è da attribuirsi in parte a tre anni di politica monetaria molto espansiva e ai tassi prossimi allo zero voluti da Draghi.

Siccome, però, promettere meno tasse è sempre una classica operazione di marketing per conquistare l’elettore, ecco che i maggiori partiti iniziano a proporre cambi, alcuni anche drastici, sulle tasse.

Forza Italia punta, come al solito, decisamente su misure rivoluzionarie: flat tax, abolizione della tassa di successione e di quella sul bollo della prima auto posseduta.

Sulla flat tax, ossia sull’idea di abolire tutte e cinque le attuali aliquote irpef lasciandone una sola (dovrebbe essere intorno al 23%) ho avuto già modo di esprimermi sulle pagine di questo giornale. In soldoni significherebbe far pagare al ceto medio grosso modo quanto paga adesso (pochi punti percentuali in meno) ma di ridurre di quasi la metà l’aliquota irpef di quelli molto ricchi (guarda caso come Berlusconi). Per dimostrarsi magnanimi con chi ha meno (ma dovete proprio guadagnare sotto i 12.000 euro annui!), verrà allargata la no tax area.

Oltre a ciò, sono previsti aumenti per le pensioni minime sino a 1000 euro al mese e un’estensione degli assegni pensionistici a mamme e casalinghe. Resta da capire dove verranno trovate tutte queste risorse, ma questo non è un problema elettorale ma “solo” di bilancio.

Il Movimento 5 Stelle, che ci ha abituato con le amministrazioni di Roma e di Torino a tagliare su (quasi) tutto (bus, cultura, eventi, tav, olimpiadi, …) , parrebbe dell’idea di fare deficit, ossia investire. Su cosa non si sa ancora, ma questo è un problema che verrà, si spera, affrontato più avanti.

In aggiunta, anche per i pentastellati si pone la questione delle aliquote irpef da ridurre e dei tagli alle imposte per le imprese che investono. Resta sempre in auge il vecchio cavallo di battaglia del reddito di cittadinanza (e dire qualcosa sulle politiche attive invece che di quelle passive? No, perché è poco elettorale evidentemente!).

Infine c’è la Sinistra, benché resti da capire quale, viste le molte diaspore. Renzi vorrebbe anche lui mettere mano all’irpef, ma non con una flat tax, ma puntando a ridurre le aliquote dalle attuali cinque a solo tre, per restare, a suo dire, a metà strada tra la monoaliquota di destra e l’assistenzialismo della sinistra vecchio tipo.

La questione Irpef, dunque, sarà il grande tema della imminente campagna elettorale, cui si aggiungono innalzamento delle pensioni minime, l’introduzione del reddito di cittadinanza, l’abolizione del bollo auto, l’aumento del deficit,     l’abolizione di ogni tassa sulla casa, l’abolizione della tassa sulle successioni, il tutto in barba al fatto che poi non ci siano risorse per finanziare quanto promesso: d’altra parte prevedere il futuro (e quindi se le risorse si riusciranno a trovare) non è compito dei politici normali, ma solo dei grandi statisti.


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Articolo pubblicato il 21/11/2017