“Emanuele Filiberto Duca d’Aosta comandante della 3^ invitta Armata”, a Torino

Alessandro Mella riassume la magnifica conferenza del generale Oreste Bovio presso Palazzo Dal Pozzo Della Cisterna

Mercoledì 29 novembre, presso il Palazzo Dal Pozzo Della Cisterna, oggi sede della Città Metropolitana di Torino, il generale Oreste Bovio ha tenuto una conferenza su “Emanuele Filiberto Duca d’Aosta comandante della 3^ invitta Armata”. L’incontro è stato organizzato dagli “Amici della Cultura”, libera associazione, senza finalità politiche e di lucro,di persone che si prefiggono di approfondire tematiche storiche e di attualità.

È stata l’occasione per ricordare S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia (1869-1931), secondo Duca d’Aosta, comandante invitto della Terza Armata nella Grande Guerra del 1915-1918, che nel palazzo visse e morì, come ha ricordato in apertura Carla Gatti, Direttore Area relazioni e comunicazione presso la Città Metropolitana di Torino, nella sua presentazione del relatore, generale Oreste Bovio, che ha preso la parola dopo un breve intervento del generale Lodovico Triscari, presidente degli “Amici della Cultura”.

Il generale Bovio ha condotto la sua conferenza senza ricorrere a moderne tecnologie audiovisive, ha parlato scorrendo appunti manoscritti e fotocopie ma anche con queste modalità, che si potrebbero considerare ormai antiquate, con la sua grande passione per il personaggio considerato ha saputo coinvolgere il numeroso pubblico che lo ha seguito con grande attenzione.

Bovio ha esordito alternando l’esposizione di precise indicazioni biografiche precedenti il periodo della prima guerra mondiale ad aspetti più intimi e familiari, come ad esempio i problemi creati dall’invadente moglie Elena d’Orléans e i conseguenti freddi rapporti con Vittorio Emanuele III e la sua famiglia.

Magistrale la descrizione di Emanuele Filiberto come comandante della Terza Armata nella Grande Guerra, obbediente agli ordini, che non agiva di testa sua ma sottomesso alla disciplina militare come un buon soldato anche se era un principe del sangue. Accettò, infatti, serenamente il fatto che il generale Diaz, già suo sottoposto, divenisse suo superiore con la nomina a comandante in capo. Bovio ha poi insistito sull’impegno dimostrato da Emanuele Filiberto a favore delle sue truppe, con una attività quotidiana e capillare, per tenere alto il loro morale, svolta con ricognizioni e contatti diretti con i militari non soltanto nelle retrovie ma al fronte, persino nelle posizioni più avanzate e pericolose.

Al tempo assunsero particolare rilievo i numerosi discorsi rivolti da S.A.R. ai suoi soldati: la parola del comandante, che dava risalto al senso del dovere dei militari, spesso contadini analfabeti, risultava galvanizzante: Bovio ha letto interamente il discorso tenuto per rincuorare i soldati dopo un attacco austriaco con i gas che aveva indotto enormi perdite. Oggi potrebbe suonare retorico e magniloquente ma è un fatto che, in seguito, i soldati della Terza Armata seppero opporsi validamente e bloccare l’avanzata austriaca che, sulle prime, pareva inarrestabile grazie all’impiego dei gas.

Bovio ha anche evidenziato la lungimirante azione di Emanuele Filiberto per la formazione dei sottotenenti di complemento che giungevano al fronte con una preparazione molto approssimativa per comandare soldati ormai divenuti esperti grazie all’esperienza pratica della guerra: per questo aveva preparato un opuscolo, il “Breviario dei doveri del comandante di plotone in guerra” (firmato per opportunità dal generale Giuseppe Pennella): si consideravano i doveri generali, i doveri in seconda linea, in trincea e in combattimento. Non a caso, erano più numerose le indicazioni fornite al comandante di plotone per la seconda linea, in modo che potesse pienamente svolgere la sua opera per rimettere in forza i suoi soldati e risollevarne il morale.

L’importanza basilare di questa grande vicinanza di Emanuele Filiberto ai suoi soldati emerse dopo Caporetto, quando il comportamento della Terza Armata, rimasta compatta e forte, riscosse persino il plauso del generale Cadorna, di solito molto parco negli elogi.

La Terza Armata, oltre ai meriti di combattimento, offrì anche interessanti aspetti letterari: molti intellettuali, richiamati alle armi, chiesero di potervi svolgere il loro servizio. Venne così alla luce il più bel giornale di trincea, “La Tradotta. Giornale della Terza Armata”, fondata nel marzo del 1918 da Renato Simoni e dai suoi collaboratori Enrico Sacchetti, Antonio Rubino e Arnaldo Fraccaroli, che, presentarono articoli, fumetti e personaggi fantastici. Bovio ha letto il testo di una poesia musicata a canzone che contiene questi significativi versi: “E si sente che è Lui che ci comanda sì, ma in quella sua limpida fermezza c’è tanto amor, che ad ogni sua domanda si pensa «babbo» e si risponde: «Altezza!»”.

Emanuele Filiberto era convinto della rivincita italiana, nella ricorrenza del Natale del 1917 coniò il motto “Victoria nobis vita!”. Da notare che, con grande avvedutezza, non considerava tanto importante il singolo atto eroico quanto piuttosto la compattezza della massa delle truppe.

Bovio, molto opportunamente, ha speso anche alcune considerazioni sul dopoguerra, quando nel 1919 la Terza Armata venne sciolta ed Emanuele Filiberto si ritirò a vita privata per morire prematuramente nel 1931. Ha voluto sfatare la diceria, sostenuta ad esempio da F. S. Nitti, che lo vorrebbe complottare con Mussolini, al momento della marcia su Roma, per diventare re d’Italia. Questa diceria è stata validamente confutata dal professor Aldo A. Mola, ha ricordato Bovio, che ha poi sottolineato la forte componente repubblicana dei fascisti ante marcia ricordando che Emanuele Filiberto venne nominato dal regime presidente dell’Opera Nazionale Dopolavoro (O.N.D.), incarico che per un principe del sangue rappresentava più una seccatura che un riconoscimento!

È noto, ad esempio, che al momento della sua morte, nel palazzo in cui si è tenuta la conferenza, quando il Re prese la mano del cugino morente questi gli disse che lui sapeva che non l’aveva mai tradito. E Vittorio Emanuele III, in lacrime, sussurrò “è vero, è vero”.

Particolarmente toccante l’ultima notazione su Emanuele Filiberto a fine conferenza: volle essere sepolto tra i soldati nel sacrario militare di Redipuglia, definendosi come “vigile scolta” ai confini della patria, parole che risultarono profetiche visto che la “linea Morgan” (dal nome dal generale William Duthie Morgan, ufficiale del generale Harold Alexander, comandante degli Alleati in Italia) che doveva dividere, tra il 1945 ed il 1947, i territori della Venezia Giulia italiana tra Alleati e Jugoslavi, venne spostata per evitare che Redipuglia diventasse jugoslava.

Oggi, a Torino, un monumento eretto nel 1937 in piazza Castello, ricorda ancora il fiero ed eroico duca invitto. Monumento arricchito da statue e dai pennoni delle bandiere alle cui basi sono scolpiti i fregi di tutte le armi combattenti nella Grande Guerra. Un’opera superba ricoperta di graffiti indecorosi ed usata ogni giorno come pista per gli skateboard da giovani di poca cultura. Il tutto sotto gli occhi distratti delle autorità assenti, indifferenti e forse non meno “sconoscenti”.

Uno dei tanti esempi di ignoranza e ingratitudine tutte italiane che si spera, un giorno, trovi l’attenzione degli inquilini di Palazzo di Città. Considerazioni personali, queste ultime, frutto di pensieri a latere del bell’incontro di Palazzo Cisterna. Difendere e tramandare la memoria dei grandi eroi di quel conflitto è stato lo scopo della conferenza del generale Bovio e si può dire che questa sia pienamente riuscita.

In sala, tra il pubblico, il colonnello Benedetto Lauretti, comandante della Scuola Allievi Carabinieri Cernaia, numerosi storici, ricercatori e ufficiali in congedo.

Alessandro Mella

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Articolo pubblicato il 04/12/2017