Cosa sono e perché i bitcoin valgono così tanto.

L’oro digitale è salito fino a 19 mila dollari nonostante gli esperti continuino a invocare la bolla.

Premessa: Il Bitcoin è una moneta elettronica creata nel 2009 da un informatico conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. Si basa su transazioni criptate completamente anonime, non viene gestita da alcuna banca e il suo valore dipende dalla fiducia dei suoi investitori.

Può essere trasferita attraverso il web a chiunque disponga di un “indirizzo Bitcoin”, salvata su un computer sotto forma di “portafoglio” o tenuta presso terze parti che svolgono funzioni simili ad una banca. La struttura “peer-to-peer” e la mancanza di un ente centrale rende impossibile per qualunque autorità manipolarne il valore.

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Probabilmente un’ascesa così verticale non se l’immaginavano nemmeno loro, i sostenitori della criptovaluta della prima ora. Eppure nel giro di una settimana i bitcoin sono passati da un valore di 7 mila dollari a poco oltre i 19 mila, un picco mantenuto per poco nella giornata del 7 dicembre e attestato intorno ai 15 mila dollari, dove si trova ormai stabilmente.

Il valore è quello attribuito alla criptovaluta, cioè alla moneta digitale non rintracciabile di cui spieghiamo qui il funzionamento, dal Gdax di Coinbase, la piattaforma che raccoglie un terzo di tutti gli scambi di bitcoin al mondo, insomma una delle piazze che meglio può avvertire prima di altre il cambiamento.

I motivi dell’ascesa: la scarsità.

La domanda che si fanno tutti nelle ultime ore è perché i bitcoin valgono così tanto? Probabilmente quella che da molti è indicata come una fortuna della valuta tecnologica potrebbe, da un momento all’altro, diventarne il principale motivo di un collasso: la decentralizzazione.

Nessuna banca, nessun istituto, nessun organo sovrintendente può gestire, monitorare e supportare i bitcoin, dunque l’imprevedibilità qui la fa da padrone. Fino a qualche mese fa, quando la criptovaluta era stabile sui 7 mila/8 mila dollari, la sensazione era che il peso del valore fosse sostenuto prettamente dagli investitori più convinti del suo successo.

Come l’oro.

Appena le cose sono cominciate ad andare meglio, migliaia di altre persone hanno cominciato a scommettere sulla grande B, azionando due conseguenze: un rialzo dell’indice di scambio (proprio per l’accresciuto interesse) e un’accelerazione maggiore verso la scarsità. Si perché, essendo autoprodotta dai suoi stessi possessori, i bitcoin esistono in quantità limitata, esattamente come l’oro, e più ci si avvicina alla disponibilità zero, più il soldo sale di prezzo.

Non per tutti.

Oggi a livello globale circolano più o meno 16 milioni di coin mentre il limite massimo, considerato dai calcoli matematici necessari alla minazione, pare sia di 21 milioni. Nel 2020 avere un solo bitcoin in più sarà molto difficile, quasi impossibile. A quel punto 19 mila dollari per un solo scambio potrebbero anche essere pochi ma il fatto è che si passerà dal concetto di moneta per tutti a capitale per pochi, con la creazione di una cerchia ristretta di risparmiatori, che deterranno il grosso della produzione, tradendo così l’idea di democratizzazione dell’economia che accompagnava gli inizi della valuta del web.

Peraltro, non potendo essere influenzati dall’inflazione, i bitcoin potranno rimbalzare dai 19 mila dollari ai 190 mila nel giro di un attimo, dando vita a un’instabilità che potrebbe non piacere a tutti.

"Coniare" in casa.

Se la poca disponibilità è il motivo principale dell’affermazione dei bitcoin, un altro elemento essenziale è l’indipendenza della moneta dalle decisioni politiche internazionali. Qualora le grandi potenze mondiali dovessero chiudere i finanziamenti agli stati in bilico, questi ultimi potrebbero continuare a minare bitcoin per non cadere in un baratro economico sul lungo periodo. Del resto, quando anche la grande produzione comincerà ad accettare pagamenti tramite criptovalute (e ci arriveremo presto visto l’andazzo) allora dollaro ed euro dovranno cominciare a preoccuparsi.

L’esempio del blocco monetario.

Nel recente passato, India, Venezuela e Pakistan hanno smesso di distribuire contanti nei loro confini, per controllare le transazioni e diminuire il riciclo di denaro e la corruzione. Questi tre paesi sono i principali ad aver dato ai bitcoin lo slancio definitivo verso il successo, dimostrando che si può vivere benissimo senza carta nel portafogli e senza dover soccombere sotto le imposizioni che vengono dall’alto. Poi volete mettere la soddisfazione di ottenere, con il proprio computer, soldi utili per comprare un po’ quello che ci pare fregandosene di banche e istituti di credito? È il sogno di tutti.

Cosa dicono gli analisti.

Uno dei più critici circa l'altalena dei bitcoin è l’economista Stephen Roach, per 30 anni dipendente di Morgan Stanley: “È un concetto tossico - ha detto - scoppierà, come tutte le bolle e a rimetterci sarà chi ci ha scommesso per ultimo, non ci sono dubbi”. Il collega Jim Rickards, tornando sull’accostamento tra oro e bitcoin, tira fuori un’evidenza innegabile: l’oro oggi si scambia per soldi reali, accettati da tutti e regolamentati, mentre i bitcoin non hanno un valore oggettivo e la parvenza che possa averne in futuro non ne giustifica una larga adozione.

Il no degli ambientalisti.

Alle voci degli esperti si affiancano quelle degli ambientalisti, che ricordano come il costo energetico necessario a minare i bitcoin sia molto più alto della produzione elettrica giornaliera di un intero paese di medie dimensioni, con un impatto significativo sul consumo globale di corrente. Chi pagherà le conseguenze della corsa all’oro in bit? Probabilmente gli stessi consumatori, che da un lato macineranno moneta in piccole quantità e dall’altro si ritroveranno a pagare bollette salate, che a stento copriranno le spese di mining.

Solo una moda dicono, ma che per il momento sta trainando una vasta economia, che sembra aver superato la fase adolescenziale, per entrare in quella della piena maturità.

panorama.it


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Articolo pubblicato il 09/12/2017