L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Torino. Thyssen Krupp: cosa rimane 10 anni dopo la tragedia

Sette persone morirono nell'incendio la notte del 5 dicembre 2007. La fabbrica è stata smantellata, ma il Comune blocca la riqualificazione

L'inferno si scatenò nella notte fra il 5 e il 6 dicembre 2007. Un tubo di olio che si ruppe, una scintilla e la linea 5 dell’acciaieria Thyssen Krupp di Torino che si trasformò in un fiume di fuoco. Un operaio morì sul colpo, altri sei persero la vita nei giorni seguenti, uno dopo l'altro, mentre le polemiche sulla sicurezza si mescolavano alla rabbia e al dolore dei familiari delle vittime di una delle più gravi tragedie sul lavoro degli ultimi tempi.

Prima qualche innocua fiammella, poi un incendio, un'esplosione, un'ondata di fuoco, operai trasformati in torce umane. Antonio Schiavone morì quasi subito. Agli altri - Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe De Masi - toccarono giorni, o settimane, di agonia. Dopo 10 anni, nonostante una sentenza della Cassazione, alcuni dei responsabili sono ancora a piede libero

L’inchiesta coordinata dal pm Raffaele Guariniello e dagli altri magistrati del suo pool, Francesca Traverso e Laura Longo, è stata condotta a tempo record. Nel gennaio 2009 si è aperto il processo in Corte d'Assise, prima tappa di un complesso iter giudiziario, nel quale non sono mancati i colpi di scena, che si è concluso nel maggio 2016, quando la Cassazione ha confermato le condanne nei confronti dei sei imputati, tra cui l'amministratore delegato Harald Espenhahn, a pene tra i 9 anni e 8 mesi e i 6 anni e 3 mesi.

I familiari delle vittime, vengono risarciti con 13 milioni di euro: mamme, vedove e sorelle non hanno mancato una sola udienza. Per gli imputati italiani si sono aperte le porte del carcere; Espenhahn e l'ex consigliere Gerald Priegnitz, invece, sono ancora liberi in Germania.

Dopo la tragedia, il governo italiano ha accelerato il varo del testo unico delle leggi sulla sicurezza sul lavoro, che ha visto la luce nell'aprile 2008. Tra le principale novità del decreto, l’aggravamento delle pene per i datori di lavoro che non si mettono in regola in materia di sicurezza sul lavoro, che rischiano da quattro a otto mesi di carcere o in alternativa una multa che varia da 5 a 15 mila euro.

Nel provvedimento, inoltre, sanzioni più severe per le imprese che queste norme le violano, ma anche l'estensione delle tutele ai lavoratori flessibili, l'istituzione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Regole che da allora riguardano per la prima volta tutti i lavoratori: dipendenti, autonomi ed equiparati, a domicilio e a distanza, a progetto e interinali.

Dal 2014 in corso Regina Margherita 400, vanno avanti le operazioni di pulizia e di messa in sicurezza della fabbrica. Gli addetti ai lavori hanno lavato i pavimenti, smontato i carroponti, chiuso la maggior parte delle buche che una volta ospitavano le macchine. Tutto è stato smaltito o venduto. Compreso l'impianto di laminazione della linea 5, che è stato portato via solo nel marzo 2017.

Lì, dove quella notte si è consumato il dramma, ci sono le transenne. L'area è stata recintata. Ma per vedere i segni delle fiamme basta guardare le pareti annerite.

Lo stabilimento è ancora lì, monumento del dolore che aspetta di veder trasformata quella sofferenza in qualcosa di diverso. Dei progetti elaborati negli ultimi anni, però, nessuno è andato in porto. E nei mesi scorsi è arrivato dalla Città di Torino l'ennesimo stop alla riqualificazione dell'area.

Il 19 luglio 2017 una delibera della giunta comunale ha bloccato i piani di riqualificazione che, tra il 2013 e il 2016, erano stati predisposti per alcune grandi ex aree industriali, Thyssen Krupp compresa. Il motivo?

Non era in linea con la variante al Piano regolatore a cui l'amministrazione sta lavorando.

In questo momento ci sono altre priorità, ma per quell'area abbiamo una progettualità”, ha spiegato il vice sindaco e assessore all'Urbanistica della Città, Guido Montanari, che prosegue” Quello che ci preme è che venga mantenuta una consistente quota di parte produttiva, possibilmente legata a programmi di industria 4.0. E io mi batterò per questo”, conclude Montanari.

Intanto per la visione distorta di città connaturata con la giunta Appendino, sono stati cancellati parecchi posti di lavoro, negando l’opportunità d’insediamento di nuove iniziative produttive. C’è poi l’onta di un ingresso in città da un accesso trafficatissimo della tangenziale, che attesta il primo segnale di degrado di Torino. Senza contare il vulnus per una periferie che già sta soffrendo per l’invasione di nomadi e malavitosi, oltre per la carenza d’infrastrutture di ogni tipo.

A 10 anni da quella tragica notte sono numerose le iniziative in programma per commemorare le vittime dell'incidente e per tenere accesa l'attenzione sul tema delle morti bianche e degli incidenti sul lavoro. Come primo appuntamento, si è celebrata la cerimonia di commemorazione al Cimitero Monumentale dove sono sepolti cinque dei sette operai.

Qui, familiari e istituzioni si sono riuniti la mattina del 6 dicembre per un momento di raccoglimento. Purtroppo oltre al dolore dei familiari, questa tappa ha rappresentato un’ulteriore trionfo dell’ipocrisia. Le cosi dette autorità che sfilano formalmente meste senza poi decidere, quale rimedio porvi.

Che vergogna!

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 10/12/2017