La solitudine dei problemi primi

Ovvero l’esempio portato alla Politica da un sistema di sette pianeti extrasolari

In un momento in cui una frazione preponderante della Politica italiana pare sempre più autoreferenzialmente orientata a dissertar di se stessa, in luogo di por rimedio ai problemi primi e basici che attanagliano il nostro tessuto sociale (lavoro, sanità, sicurezza e fiscalità equa per citarne solo alcuni), la desolante solitudine dei cittadini, nonché delle loro inascoltate istanze, suggerisce un melanconico confronto con la principale e più immediata declinazione scientifica di “solitudine”.

Infatti, dall’ancestrale epoca del “fiat lux” (cui peraltro la materia grigia - rimasta evidentemente tale - di tanti nostri allegri e disinibiti amministratori non risulta tutt’oggi ancora pervenuta), l’Uomo si è sempre posto il fondamentale problema inerente la sua origine e la sua collocazione nelle infinite lande cosmiche. Donde il quesito: “Siamo soli nell’Universo”?

Dopo l’ufficializzazione, operata giustappunto ieri dalla NASA, delle ultime evidenze sui pianeti extrasolari raccolte dal telescopio spaziale Kepler (e analizzate con l’ausilio dei machine learning - i.e. gli strumenti di elaborazione informatica - messi a disposizione da Google) ma soprattutto dopo la scoperta del sistema compatto di sette esopianeti avvenuta lo scorso 22 Febbraio 2017, la comunità scientifica ha mosso un altro significativo passo verso la ricerca di una risposta al suddetto atavico interrogativo.

Nella nostra galassia, a una distanza di soli 40 anni luce dalla Terra (un’inezia dal punto di vista del “metro” in uso in Astrofisica, dove l’oggetto più lontano che si conosca oggi si trova a oltre 13 miliardi di anni luce da noi…), tre dei citati sette pianeti dimostrano caratteristiche morfologiche e orbitali compatibili con la presenza di acqua liquida sulla loro superficie e quindi, potenzialmente, con lo sviluppo di forme di vita.

Per stabilire se esse abbiano già fatto la loro comparsa serviranno ulteriori e più approfonditi studi ma, di certo, gli scienziati sono oggi convinti di aver scovato, nella pletora di oltre 5000 esopianeti noti tuttora, i migliori candidati al ruolo di simil-Terre.

Per di più, la stella nana rossa fredda attorno alla quale orbitano è rappresentativa di una tipologia stellare relativamente comune tra gli astri nostri “vicini” e questo amplia la probabilità di trovare, in futuro, altri pianeti “abitabili” attorno a sorgenti con caratteristiche analoghe.

I pianeti sono stati scovati in modo indiretto, mediante la tecnica dei transiti: in pratica, ciò che si è osservato è stata la periodica diminuzione di luminosità della stella (ribattezzata TRAPPIST-1, dal nome del telescopio terrestre che l’ha monitorata) in conseguenza del passaggio dei pianeti davanti a essa.

Anche la ricerca di possibili forme di vita sarà, per forza di cose, condotta applicando metodologie indirette: gli scienziati ritengono infatti di poter indagare la composizione delle atmosfere planetarie (spia della presenza di acqua liquida e di eventuale attività biologica) grazie, di nuovo, agli effetti che esse determinano sulla luce proveniente dalla stella.

La complessità di queste tecniche ci ricorda quali e quante difficoltà concettuali, strumentali e anche storiche l’umanità abbia dovuto affrontare nei secoli per raggiungere un traguardo conoscitivo definito dagli scopritori “un vero cambiamento di paradigma”. E’ noto infatti come la Scienza si basi sulla validazione di dati oggettivi, imperniati, stante la fulgida espressione fornita da Galilei, su “sensate esperienze e necessarie dimostrazioni”.

Purtuttavia, nell’indirizzare il cammino della ricerca non si può sminuire l’apporto soggettivo determinato dallo spirito critico dei singoli scienziati, dal loro “fiuto” o, se vogliamo, dal loro “buon senso”… Proprio quest’ultimo termine, mutuato dall’altrettanto scientifico e rigoroso pensiero politico di Luigi Einaudi, risulta drammaticamente carente nel lessico di certa politique politicienne contemporanea, impegnata in cicalecci tanto roboanti quanto sterili e, come detto, dimentichi delle necessità basiche del Paese.

Non sarebbe dunque improprio accostare alla solitudine di quelli che i cittadini percepiscono come i loro problemi primi, anche la solitudine e l’isolamento del buon senso il quale, come seppe mirabilmente tratteggiare Alessandro Manzoni, “c’era, ma se ne stava nascosto per paura del senso comune”.

Ibidem, è vero che uno “il coraggio non se lo può dare”… e, ahimè, neanche l’umiltà di lavorare con sobrietà e a testa china per il benessere comune, peraltro ammettendo e rettificando i propri errori. Nondimeno, i sopra descritti risultati esemplari e virtuosi ottenuti della Scienza, capace di sormontare costruttivamente le difficoltà per addivenire alla risoluzione dei propri problemi/quesiti primi, sono forse in grado di far sentire tutti noi meno soli e/o meno “speciali” (con implicito riferimento sia all’Universo sia alla nostra credibilità internazionale)…

Dunque, poiché gli auspici sono sempre imperituri, non resta che confidare nel celeberrimo e quanto mai azzeccato aforisma latino “per aspera ad astra”!

 

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Articolo pubblicato il 15/12/2017