112 NUE – I dannosi limiti del modello di emergenza.

Denunce sindacali per ritardi sulle chiamate di soccorso.

 

Come è noto, dal  mese di  marzo  2017   (con calendario variabile a livello territoriale) è stato attivato, nella Regione Piemonte, il sistema del numero unico di emergenza, NUE 112.

Il 112 NUE ha la ragionevolezza di tentare di rispondere alle esigenze di emergenza dei cittadini in modo   organizzato e   metodico,  mettendo  in chiaro però che sussistono, in sede operativa, gravi e chiarissime criticità.

Il SIULP, uno dei sindacati di Polizia più rappresentativi, ritiene che comunque, non sia il caso di chiedere l’abrogazione del progetto ma di migliorarlo, perché esistono due sostanziali e dannosi limiti:

  1. l’esistenza di un passaggio in più che investe gli operatori laici e che, per il momento, sta ritardando i soccorsi.

 

Il personale del centralino del NUE 112 è costituito, come da previsione, da personale laico. Questi operatori sentono la chiamata del cittadino, cercano di  capire qual  è  l’esigenza, in base ad una lista di eventi  individuata  dall’applicativo, trovano l’evento collegato, geo-localizzano la chiamata e la smistano, insieme alla scheda, all’Ufficio compente che farà le domande operative di dettaglio presenti sulla scheda stessa e interverrà sul posto.

Questi operatori laici però, essendo per la maggior parte ex Croce Rossa, hanno un taglio molto da soccorso sanitario e  questo è un  limite  gravissimo. Oltretutto, il centralino è ubicato dentro la palazzina del 118, a Grugliasco.

  1. Il secondo limite è che gli attuali operatori laici non sono professionalizzati.

Gli operatori,   pur  essendo, sul  piano attitudinale, bravissimi   e   capacissimi,   sotto il profilo conoscitivo   ed   esperienziale,   sono   scarsamente   o per nulla,  formati  alla   gestione dell’emergenza NUE.

Ci si   chiede   quanto   ne sappia   il laico 112   dell’applicativo d’intervento   che   risulta molto complesso  e richiede  di essere svolto in 40 sec., al  fine di   generare il tipo  e   il   numero   di operazione   da delegare  all’Ufficio a cui smistare   la chiamata   se  non è stato   formato  in tal senso.

Il 112 NUE, nasce   per   razionalizzare  l’emergenza e quindi, siamo   sicuri   che con queste modalità, si migliori il servizio o forse, invece,   si   sta   burocratizzando  l’intervento, rallentando i tempi di applicazione?

Sono già in atto esposti in Procura che le autorità sindacali, sono state costrette a presentare a causa di questi ritardi (v. caso del bimbo di 10 anni annegato a Cuneo).

Sarebbe sufficiente moltiplicare questi ritardi per il numero di chiamate  pervenute in occasione della tragedia di Piazza San Carlo, per rendersi conto di cosa è accaduto,  di cosa  ha significato un‘organizzazione disastrosa con un pesantissimo tributo versato.

Se l’intero sistema non è collassato, lo si deve all’ora in cui si è  verificato  l’evento,  coincidente con il cambio turno degli operatori del 112 e  al  sistema  operativo  scelto per il Piemonte che ha fatto si che la CUR NUE di Torino, ormai  satura,  traboccasse parte  delle chiamate sulla CUR NUE di Saluzzo,  garantendo   il doppio del personale addetto alla risposta: nessun piano di emergenza quindi, nessuno chiamata in reperibilità, semplicemente la stessa fortunata combinazione occorsa a New York nel 2001 e a Madrid nel 2005.

E’ chiaro   che, di   fronte a   questi eventi, altri eventuali emergenze  sono state assolutamente ignorate, perché la  priorità   ha implicato che le linee del 112  fossero completamente dedicate alle chiamate del 118, con il rischio   del blocco del numero,  come  è avvenuto a Roma per una emergenza antincendio che ha  originato un   elevato  ed ingestibile numero di chiamate verso il 115.

Avere creato un modello esportabile che ha coinvolto aziende capaci di attuare questo progetto con propri investimenti in tecnologie e infrastrutture, desta perplessità, perché   l’origine di tale   malfunzionamento,   potrebbe essere   individuato    nell’accensione   di   numerosi interessi economici e politici sulla   gestione del servizio. Il   Ministero dell’Interno, invece di affidare la gestione alle Prefetture, l’ha affidata alle Regioni e questo desta molte perplessità.

L’art. 75 bis del   D.lgs 1 agosto 2003 n.259, al   comma 3,   sancisce   la possibilità di stipulare protocolli d’intesa con le Regioni interessate, anche   per l’utilizzo  di strutture esistenti ma non stabilisce alcun diritto delle Regioni in relazione alla gestione del NUE 112,   parla  solo dell’eventuale  utilizzo  di   strutture già esistenti, non   della   creazione   di nuove   strutture e dell’assunzione del relativo personale che è quello che è invece stato fatto fin ora.

Si dovrebbe chiarire, invece, se le norme che prevedono la possibilità di stipulare accordi con le Regioni, per    la    gestione    del NUE 112,    siano costituzionali,   dato che si tratta di materie di esclusiva competenza statale, per le quali la legislazione vigente non prevede la possibilità di delega alle Regioni.

La tipologia di schede d’intervento non è sufficiente, ne servono altre per conoscenza e di carattere generale che allerterebbero tutti gli Enti di soccorso ad es. per attentati terroristici. Fin ora la   procedura   di richiesta di nuove schede sembra tortuosa e a volte sorda,  in quanto le stesse sono state richieste tramite la Regione Piemonte, alla Commissione  nazionale che recepisce tutte le osservazioni (Commissione ex 75 bis)    ma,   per il momento, non si è avuta alcuna risposta in merito.

Il modello interforze, così come è stato messo in atto durante la festa di  San Giovanni sarebbe auspicabile.

Mettere tutte le forze di polizia e di soccorso  insieme  (con il coordinamento dei Prefetti) e fare una vera sala operativa interforze a costo zero, dove la chiamata  di polizia /sicurezza/soccorso, venisse   gestita   direttamente da professionisti di settore, in tempi rapidissimi,  in  un modello sinergico, pienamente rispondente alle esigenze del territorio e secondo   quanto richiesto dalle direttive europee.

L’istituzione   del  112 NUE,  è  una   bellissima     opportunità,   vanificata dal peggiore modello organizzativo applicato e le stesse riflessioni, sono   condivise   da altre  città italiane, in fase di adozione di esso.

In Europa, delle 53 sale operative europee, nel 2016, 30 hanno attuato o intendono attuare una soluzione congiunta.

La geo-localizzazione,   non  riproduce   una  tecnologia   di avanguardia:   un raggio  di 350 m, corrisponde ad una superficie di circa 384 mq: con questo ordine di grandezza, la differenza tra ricerca condotta in un centro urbano, rispetto   a quella   in un ambiente montano, è facilmente intuibile.

Ma nonostante  ciò, pur essendo ben noto tutto questo alla Direzione Aziendale della Città della Salute, continua ad esserci un  divario   tecnologico   tra   il   sistema   di  emergenza e quanto disponibile in commercio: solo il   soccorso  alpino  è dotato di un sistema di geo-localizzazione efficace, grazie alla collaborazione per la realizzazione di esso, del Politecnico di Torino.

Le sale operative   del 118 e 112,   attualmente, non   accedono  alla  rete internet, nonostante la presenza della fibra nello stesso edificio, per  cui  sempre più frequentemente, i dati rilevanti, sono acquisiti tramite dispositivi personali e questo vanifica, ancora di più, il modello che invece di migliorare, complica e rende oneroso e inefficiente il servizio.

Il modello NUE è una realtà ormai inderogabile, in esecuzione di una Direttiva europea a cui è stata  data  attuazione in  Consiglio dei   Ministri,  urge  quindi sollecitare gli organi competenti, politici,   amministrativi,  tecnici  ad approfondire,  riesaminare, rileggere,  il modello 112 NUE,   apportando, in    tempi   ragionevolmente   brevi,   gli opportuni   correttivi,  confidando quindi  in   una   dialettica   seria  con  interlocutori  esperti e scongiurando,  invece, quella con  coloro che, occupanti  posizioni interloquenti  solo  per ragioni di ‘poltrona’, alle legittime osservazioni degli operatori di polizia, non saprebbero neppure di che cosa si sta parlando.  

sc

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Articolo pubblicato il 16/12/2017