Eddy Sogno: l’ultimo eroe romantico

Alessandro Mella per “Civico20News”

Edgardo Sogno era e resta il mio sogno di bambino che aspettava la libertà, che ascoltava i ‘ messaggi per la Franchi’ alla radio, a luci spente, col cuore in gola, (..) l’eroe della mia infanzia, il Sandokan che mi ha fatto sognare nel letto riscaldato dal mattone (Umberto Eco)

Da poco avevamo terminato la cerimonia in ricordo di Eddy quando fummo invitati a salire un attimo in casa. Ero incuriosito, ne avevo letto in abbondanza sul libro intervista di Aldo Cazzullo e sui libri scritti da Sogno stesso. E le descrizioni mi avevano affascinato. La mescolanza di stili, i libri ed il mobilio occidentale tra cui si insinuavano, con eleganza, le statue portate dall’oriente ai tempi dell’incarico diplomatico in Birmania.

La stessa casa ribaltata dalla Gestapo tanti anni prima. Io varcavo, come tanti prima di me, quella porta come s’attraversa l’ingresso d’un tempio. Tutto ancora parlava di lui ma mi colpì, soprattutto, la piccola cornice in cui era contenuto il bel ritratto che Chiarella gli aveva preso pochi anni prima della scomparsa. Fiero, in abito gessato, con le medaglie mignon meno una indossata, invece, in gran formato: la medaglia d’oro al valore militare avuta nel 1946.

Le circostanze della vita non mi avevano permesso di stringergli la mano ma io incontrai Eddy Sogno tra i suoi luoghi, le sue vicende, la memoria delle sue gesta e, presto, mi fu familiare e mi affezionai a quell’icona di idee in cui mi riconoscevo. Il legame con la tradizione monarchica risorgimentale e con Casa Savoia, lo spirito liberale, la correttezza, l’onestà e via discorrendo. Egli era, tra l’altro, affezionatissimo ad Umberto II cui dedicò, tra le molte, queste parole:

Era molto gentile, sensibile, un gran signore d’animo (..) Aveva una splendida collezione di stampe, ai tempi dell’esilio spesso andavamo insieme lungo la Senna dai bouquinistes, una volta mi regalò una stampa di Garibaldi, con un sorriso che diceva: “Questo sei tu”. (..) Il Re (Umberto II) era un galantuomo, scrupoloso ed onesto come oggi non sembrerebbe più neppure immaginabile”.

Spesso, oggi, si tende a dimenticare lo spirito originale di Eddy il quale fu ben sintetizzato da Indro Montanelli:

Era monarchico come lo sono io, ma per motivi diversi dai miei. Lo era perché piemontese, perché conte, perché ex-ufficiale di cavalleria, e soprattutto perché c’era la repubblica. Questo ritrattino di Sogno non piacerà né ai suoi amici né ai suoi nemici. Forse non piacerebbe nemmeno a lui, se potesse leggerlo. Ma fra noi ci siamo sempre parlati così”.

Edgardo Sogno era nato a Camandona, nel biellese, nel 1915 ed era cresciuto in una famiglia di nobili origini ma dallo spirito particolarmente liberale e quello spirito aveva contribuito incredibilmente alla formazione del giovane. La sua lontananza dalla boria e dalle carnevalate del regime fascista, frattanto consolidatosi, lo condusse a prenderne le distanze anche con gesti al limite del clamoroso come quando furono proclamate le famigerate leggi razziali:

Quel giorno (firma delle leggi razziali, N.d.A.) passeggiai per tutto il pomeriggio, con tre amici, sotto i portici di via Po, davanti all’università, con una stella gialla appuntata sul petto. Anni dopo scoprii che il fattaccio era stato segnalato alle autorità, ma non furono presi provvedimenti. (..) So che trovavo inammissibile e orrendo quel che accadeva”.

Poco dopo la laurea entrò nel Nizza Cavalleria divenendone ufficiale. Dopo la guerra civile spagnola, in forza al corpo di spedizione italiano entrò a Madrid al seguito di Franco, partecipò alla guerra iniziata il fatidico 10 giugno 1940. Ma visse quell’esperienza con difficoltà, lui ch’era filoinglese per stile e mentalità liberaldemocratica, e nel 1943 si rese protagonista di un singolare episodio:

Nel maggio del ‘43, a Nizza, vidi la partenza di un convoglio di ebrei. Uno spettacolo orrendo, un crimine davanti a cui non seppi trattenermi. Gridai, in francese: “Siamo con voi, attendiamo lo sbarco degli Alleati al Sud dell’Italia per ribellarci !” Qualcuno ascoltò e mi denunciò. Mi rinchiusero in caserma a Torino, in attesa di giudizio. (..) Alla notizia dell’arresto del Duce, il mio colonnello mi diede un mese di licenza premio, dicendomi: Visto come va il mondo? Fino a ieri eri un traditore, oggi sei un eroe!”.

Al momento dell’armistizio, lungimirante, sottrasse molte armi dal deposito del 91° reggimento di fanteria e le nascose proprio nella cantina di casa sua. Scese quindi al Sud e, aggregato agli inglesi ed in accordo con loro, tornò in alta Italia per fondare l’organizzazione che prendeva il nome dal suo “di battaglia”. Le imprese compiute dalla “Franchi” gli valsero la medaglia d’oro al valore militare, una delle più belle della Resistenza. Epico fu il vano, ma coraggiosissimo, tentativo, di Eddy Sogno e dei suoi uomini, di liberare Ferruccio Parri a San Vittore: “Quando ero prigioniero dei nazisti all’Albergo Regina, cercò di liberarmi con un azione pazzesca, impossibile. Infatti non riuscì, Sogno e i suoi vennero presi e torturati: il coraggio disperato, la temerarietà dell’impresa erano tipici dello spirito della Franchi” (Ferruccio Parri).

Sogno accoppiava ad un coraggio a tutta prova, una notevole intelligenza e uno spiccato senso di iniziativa” (Raffaele Cadorna).

Fermissimo nella lotta, detestava ogni ipocrisia, non spense mai la sua intelligenza per sacrificarla al nume tutelare della guerra. Combatteva con coraggio e determinazione ma sempre con umanità, fino a stupirsene egli stesso quando fu catturato ed interrogato dal nemico tedesco, odiatissimo ma rispettato: Karl si abbandonò a delle considerazioni generali, tutt’altro che ortodosse. Alla fine aveva gli occhi lucidi. Anch’io cominciavo a provare una certa simpatia per lui. Accidenti, pensai, quando si guarda il nemico da vicino si scopre l’uomo e la guerra diventa impossibile!”.

Dopo la guerra, e dopo aver tentato in tutti i modi di salvare la monarchia condannata da ipocrisie e forzature d’ogni sorta, si prodigò con tutto se stesso perché l’Italia non passasse da una dittatura ad un’altra. Che senso aveva aver combattuto il fascismo, la ferocia nazista, per gettarsi tra gli artigli dell’oscurantismo comunista e filosovietico? La sua fu una crociata coraggiosa, combattuta in prima persona anche fuori dai confini nazionali.

Nel 1956, dopo la rivoluzione ungherese, fu tra i pochi in Europa che si prodigarono personalmente per facilitare la fuga degli ungheresi dal loro Paese dopo la repressione sovietica. A Roma gli intellettuali, di sinistra o di destra, si stracciavano le vesti e disquisivano sul significato dell’ avvenimento; a Vienna, Sogno, con un gruppo di donne italiane, lavorava per aprire agli esuli una via d’uscita verso la libertà” (Sergio Romano).

Accusato anni dopo d’aver organizzato un tentativo di colpo di stato, arrestato senza alcun rispetto per la sua medaglia d’oro, ne uscì alla fine immacolato. Anche malgrado le vicende che espose nel già citato libro intervista di Cazzullo:

Il quadro giuridico non cambia neppure se completato con le rivelazioni di Sogno alle soglie della morte perché non costituiva affatto, o non costituiva ancora, una condotta delittuosa ma una lecita attività di opposizione e non di cospirazione politica” (Pietro Di Muccio de Quattro).

Deluso, amareggiato, spesso isolato e tradito da molti, egli non si arrese e negli ultimi anni della sua magnifica vita tentò di urlare la necessità di dare una svolta ad un’Italia stantia, logora e consumata da partitocrazia criminosa e meccanismi burocratici indecenti:

Dobbiamo ricominciare, c’è da ricostruire lo stato. Ai giovani non si può dire che questo è ed quello che devono accettare. È una cosa impossibile, se a vent’anni mi avessero presentato un panorama di questo genere emigravo come minimo. In questo paese non c’è più niente da fare!”. (Edgardo Sogno)

“Piccolo, magro, una voce stridula ma accattivante, i capelli bianchi ma ancora folti e ondulati, continuò a dichiarare che all’ Italia occorreva un «de Gaulle». Lo disse e lo scrisse finché una brutta bronchite alla fine del 1999 non mise in evidenza tutti gli acciacchi che aveva accumulato nella sua vita di soldato, resistente, giornalista, polemista, diplomatico (..). Continuò a combattere sino alla fine” (Sergio Romano).

Nemmeno la sua proposta d’una repubblica presidenzialista fu presa in considerazione ed oggi, in un periodo in cui la si vive de facto, le sue parole paiono sempre più profetiche. Nel 2000 Edgardo Sogno chiuse un’ultima volta gli occhi lasciandoci tutti più poveri e più soli. Soli perché abbiamo perdemmo una voce coraggiosa, una mente finissima, un padre della patria vero e che questo titolo l’aveva meritato combattendo e non occupando gratuitamente uno scranno nei palazzi. Un uomo che ci faceva sentire maggiormente legati a tempo lontani e magnifici:

Una figura di grande patriota, un liberale che ha onorato le tradizioni risorgimentali, un combattente eroico della Resistenza
(Francesco Cossiga).

Ed un pensiero riecheggia nelle nostre menti, uno dei tanti suoi verissimi e fondati, che ebbe a dire nella disperazione di chi vede il suo paese andare alla deriva: è stata ripetuta all’infinito una sciocchezza: Beati i paesi che non hanno bisogno di eroi!, è una sciocchezza assurda, perché l’Italia ha un bisogno disperato di eroi, di persone che sacrifichino il presente nella speranza di un futuro che, tra l’altro, non si vede”.

Abbiamo tanto bisogno di eroi oggi, è vero. Quelli viventi li ignoriamo, quelli scomparsi li dimentichiamo in un piccolo cimitero del biellese. In pochi resiste la memoria ed il rispetto per un grande maestro. Un tipo d’uomo che rare volte si può incontrare tra le pieghe dei secoli:

Di Sogno ne nascono pochi, forse il Padre Eterno ce li manda quando vede che ne abbiamo bisogno. Limpidi, tersi come l’acqua di montagna” (Silvio Geuna).

Ci manchi Eddy, ma noi non ci arrendiamo. Anche memori del tuo esempio ed anche in tuo nome. Eroe senza tempo, eroe senza fine.

Alessandro Mella

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Articolo pubblicato il 07/01/2018