I famelici peripatetici della Quarta gamba.

Da Fitto a Zanetti, passando per Costa e Tosi: tutti uniti dal comun denominatore di un reiterato pendolarismo dell’essere che si fa divenire.

A Matteo Salvini non piace la quarta gamba, già tre gli sembrano più che sufficienti per far camminare il centrodestra. Ad aggiungerne un’altra si rischia di finire pericolosamente tra i quadrupedi.

Per quarta gamba, com’è noto, si intendono quei centristi che, dopo aver abbandonato la casa del padre, sputando in faccia a Berlusconi nei momenti in cui il leader pareva ormai finito, sotto i colpi del magistrati e le calunnie dei debenedettiani prezzolati, ora sono tornati e pretenderebbero di venir accolti con prebende ed onori.

Berlusconi, che è generoso, ma pure calcolatore, lo sta facendo a braccia aperte godendo in cuor suo nel vederli bussare ad Arcore le infime figure, col capo coperto di cenere.

La compagine degli accattoni è variegata: ci sono ex democristiani, ex leghisti, ex liberali, ex piddini, tutti uniti dal comun denominatore di un reiterato pendolarismo dell’essere che si fa divenire.

Una volta stanno di qua, poi passano di là, poi ritornano da dov’erano partiti pronti però, alla bisogna, a fare nuovamente le valigie.

Nella foto ricordo, si sono messi insieme sotto la gigantografia del simbolo e della nuova denominazione: Noi con l’Italia. Non occorrerà aspettare molto per vedere se l’Italia vuole stare con loro e se il leader della Lega, obtorto collo, alla fine chiuderà un occhio sulla coerenza politica dell’allegra e squallida brigata.

Il più in vista è Raffaele Fitto, ex pupillo di Berlusconi fino alla clamorosa rottura di due anni fa, quando i due litigarono su chi doveva essere il candidato alla presidenza della Regione Puglia. L’ex presidente della Puglia, che se ne andò sbattendo la porta, si è poi riciclato due volte: la prima creando Oltre con Fitto; la seconda, visto che in quell’oltre di fitto c’era solo il buio, inventandosi un altro partito, Conservatori e riformisti, per essere il più inclusivo possibile.

Poi c’è Enrico Costa, il cui percorso di voltagabbana, è ancora più spericolato. Nato Forza Italia, è poi passato col Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, alleandosi quindi col Pd che lo premiò con un posto da vice ministro nei governi Renzi e Gentiloni. Qui contribuì a distruggere la famiglia tradizionale.

Lo scorso luglio, dopo aver constatato che il vento era tornato a tirare dalle parti del Centro Destra, Costa si è accorto che a Palazzo Chigi non si stava più tanto bene ed era venuto il momento di traslocare.

Di Maurizio Lupi e Flavio Tosi, già sappiamo che sono arrampicatori privi di scrupoli, pronti a tradire per correre con chi offrirà di più.

Per continuare con lo squallore della corte dei miracoli, compare Saverio Romano.

Il curriculum è di per sé un poema: segretario della Dc siciliana, poi Ccd-Cdu e Udc, poi nei Responsabili del mitico Scilipoti, passaggio che gli valse, il ministero dell’Agricoltura. Poi lo ritroviamo tra i banchi di Ala con Denis Verdini, fugace comparsata prima di chiudere il cerchio e tornare infine alla corte di Silvio.

Last but not least Enrico Zanetti, commercialista di Verona salito sul carro di Mario Monti quando il prof si lasciò convincere dalla scriteriata idea di farsi un partito.

Ed eroicamente rimasto a presidiare la ridotta di Scelta civica anche quando il senatore a vita la ripudiò brutalmente. Eroicamente si fa per dire, visto che l’aver schierato lo sparuto manipolo dei sopravvissuti a fianco del Pd gli valse una carriera da vice ministro.

Si è collocato, da oltranzista alla sinistra di Renzi, con la pretesa assurda di pianificare e decurtare le pensioni maturate e sudate da milioni di lavoratori, nel perseguire altri progetti ugualitari e truffaldini.

Siccome poi l’eredità montiana risultava vieppiù inservibile, prese la decisione di migrare dalle parti di Verdini con un proprio atomistico movimento Scelta civica verso cittadini per l’Italia, repentinamente abbandonato per fondare Libera Italia e allearsi con Tosi.

L’allegra banda dei compagni di merenda si arricchirà presto con Cesa e la sua Udc a dare manforte, mentre si attendono con una certa apprensione le mosse di Quagliariello e Parisi che potrebbero ulteriormente ingrossarla.

Vittorio Sgarbi, che gravitava da quelle parti, ha definito il nuovo partito una bad company di riciclati.

Solo che, a differenza dei sacchetti della spesa, questi sono multiuso e puzzolenti.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 07/01/2018