L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Quali conflitti potrebbero scoppiare nel 2018?

Il sempre nefasto ruolo dell’Islamismo

Alziamo, almeno per un momento lo sguardo dalla paludosa campagna elettorale italiana, con i politicanti che stanno ormai scaldando i motori ed affacciamoci al mondo.

Non per fantasticare o blaterale, sport fin troppo praticato, ma per cercare di scorgere le troppe zone calde, con le conseguenze che in capo a qualche popolo o continente, potrebbero riversarsi ed il pericolo incombente della ricaduta a catena.

Purtroppo, nonostante la sconfitta subita sui campi di battaglia in Iraq e Siria, lo Stato Islamico continuerà a rappresentare una grave minaccia terroristica per il Medio Oriente, l’Asia Centrale, l’Africa sahariana e sub sahariana e, ovviamente, per l’Occidente.

 Lo si vede già in questi primi giorni dell’anno in cui il Califfato fa parlare di sé con azioni terroristiche su vasta scala in Iraq, Afghanistan, Sinai e Libia, Stati dove le operazioni militari condotte dalle forze locali e dalla coalizione hanno forse limitato le capacità dei miliziani di condurre azioni militari convenzionali ma non certo quelle “asimmetriche”, cioè le azioni di guerriglia e gli attentati. Per questo Egitto, Afghanistan, Sahel e Libia potrebbero registrare nuove escalation delle violenze.

Anche l’Europa potrebbe rappresentare il ventre molle per nuovi devastanti attacchi terroristici legati al massiccio rientro nei confini della Ue di migliaia di foreign fighters che nessuno Stato europeo pensa seriamente di imprigionare, puntando invece a recuperarli alla società. 

Un’Europa quasi passiva contro il terrorismo islamico, la cui vulnerabilità dipenderà dalle scelte dei jihadisti che potrebbero scatenare gli esperti veterani del jihad per compiere azioni dimostrative oppure potrebbero utilizzarli per addestrare nuove reclute del Califfato.

 Nessuna delle due ipotesi è incoraggiante e del resto L’Europa continuerà a pagare anche nel 2018 il prezzo di un’immigrazione islamica selvaggia e aggressiva che già da alcuni anni sta determinando seri problemi di ordine pubblico e sicurezza specie in Francia, Germania, Gran Bretagna, Belgio, Svezia e Olanda.

 L’ anno appena iniziato vedrà quindi accentuarsi le differenze politiche ma anche di “stile di vita” tra un’Europa occidentale sempre più in balìa del caos determinato dai migranti islamici e una Mitteleuropa, emarginata da Bruxelles, ma al riparo dalla minaccia terroristica e del jihadismo per l’assenza in questi paesi di comunità islamiche significative.

 Differenze ben evidenziate, nei giorni scorsi, dall’intervista al premier ungherese Viktor Orban del giornale tedesco Bild in cui il leader magiaro, sui migranti illegali, ha affermato senza mezze misure: “Noi consideriamo queste persone non come profughi musulmani, ma come invasori musulmani".

Restando in Europa potrebbe essere molto alto il rischio che si riacutizzino le tensioni tra Nato e Russia non solo lungo la nuova “cortina di ferro” tra Russia, Polonia e Repubbliche Baltiche ma soprattutto nel mai concluso conflitto ucraino.

 Specie se Kiev, forte dei recenti aiuti militari americani, tentasse di strappare il Donbass alle milizie filo russe determinando un nuovo inevitabile intervento di Mosca.

Più a sud est, non si può escludere che l’area del Golfo veda il deteriorarsi della crisi tra Arabia Saudita e Iran (e tra il Qatar e le altre monarchie sunnite) sia sul fronte de conflitto yemenita sia in un possibile confronto diretto tra Riad e Teheran pieno di incognite. 

Un attacco saudita e statunitense contro l’Iran potrebbe venire favorito dal prolungarsi del conflitto nello Yemen e dalla percezione di debolezza del regime di Teheran in seguito alle manifestazioni dei giorni scorsi.

 Una crisi con l’Iran ben difficilmente risparmierebbe il confine tra Israele e Libano infiammando il meridione del Paese dei Cedri dove sono schierati 12 mila caschi blu dei quali un migliaio italiani.

Restando in Medio Oriente è possibile anche un inasprimento degli scontri tra israeliani e palestinesi, questi ultimi indeboliti da un lato dalla minaccia Usa di bloccare i finanziamenti all’Autorità Nazionale Palestinese ma rafforzati dall’altro dalla Turchia, decisa a riconquistare l’influenza nel mondo arabo perduta esattamente cento anni or sono con la caduta dell’Impero Ottomano.

 La “svolta” rappresentata dall’annuncio di Trump di trasferire a Gerusalemme l’ambasciata Usa sembra aver scatenato nuove violenze ma punta a togliere sostegno ai palestinesi per indurli a negoziare una pace stabile.

Il quadro è tutt’altro che incoraggiante, senza dover estendere lo sguardo ai rapporti tra India e Pakistan o tra le due Coree.

Sorge però una domanda assillante, con la risposta in grana parte scontata.

Qual’è stato l’apporto dell’uomo e della politica, nell’acuirsi di conflitti o nel non saper risolvere rapporti tra Popoli, Etnie o Stati già di per sé difficili?

Qual’è stato l’elemento che nell’analisi o nelle strategia ha avuto la meglio? La negoziazione intelligente e volta alla pacificazione o il becero ricorso alla forza od alla difesa di biechi interessi? Di crisi e conflitti è ricca la Storia. A volte la prevalenza del Bene, ha portato frutti duraturi.

Ma oggi?

Quando il ruolo e le funzioni che dovrebbero essere esercitate da Politici sono invece svolte da politicanti dalla visione corta che difendono a mala pena interessi di bottega, a prescindere dalla Nazioni o dai popoli, i risultati non posso che essere negativi.

Ad ascoltare le mostruosità che anche in Italia si sprecano in questi giorni, vomitate da omuncoli privi di carisma, d’identità e di cultura, non si può rimanere sereni.

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

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Articolo pubblicato il 14/01/2018