Riflessioni attorno allo Shema Israel (prima parte)

Articolo di Emanuele Maffia.

[Premessa: nel testo originale ho utilizzato il quadrato ebraico, ma a causa della difficoltà d’interpretazione del carattere nella pagina, ho traslitterato tutto in soli caratteri standard (Quindi in modo non sempre preciso. Per esempio ho dovuto usare l’apostrofo sia per lo spirito dolce che per lo spirito aspro.) e scrivendo, da sinistra a destra e non da destra a sinistra come nella lingua ebraica.

Per chi volesse vedere graficamente le lettere a cui mi riferisco può consultare la “EBRAICO — Tabella di traslitterazione” dal sito: https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/1001060085].

 

Quanto segue sono solo delle riflessioni fatte, su una fondamentale preghiera della Tradizione Ebraica. Questo testo che non ha la pretesa di presentarsi come una trattazione cabalistica né come qualcosa di strettamente Tradizionale del tema, ma solo come un insieme di suggestioni, colte nel tentativo di andare oltre una semplice lettura letterale di una preghiera così fondamentale per una specifica tradizione e che tuttavia ritengo abbia caratteri universali.

L’approccio utilizzato nelle analisi tiene conto anche della tradizione cristiana di matrice gnostica e per questo, fra le altre cose, non dovrà sorprendere di leggere “Dio” per esteso e non “D_O” come si usa nei testi di matrice strettamente ebraica, né dovrà stupire di leggere il nome YeHoShUa (Nome di Gesù in ebraico) come il Tehthragramma (YHWH) con nel centro la Shin e quindi YHShWH.

Nel testo del commento spesso ricorreranno le parole Popolo e Israele, tuttavia è bene precisare l’interpretazione data a queste nella presente trattazione. In Esodo 19:3-6 si legge: 3 Mosè salì verso Dio e il SIGNORE lo chiamò dal monte dicendo «Parla così alla casa di Giacobbe e annuncia questo ai figli d'Israele: 4 "Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d'aquila e vi ho condotti a me. 5 Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; 6 e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa". Queste sono le parole che dirai ai figli d'Israele».

Nel Vangelo di Giovanni capitolo 1 versetti da 11 a 13 leggiamo: <<11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. 12 A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.>>

Nel Vangelo di Giovanni capitolo 8 versetti 31 e 32 leggiamo: 31 Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»

Nella citazione dall’Esodo vediamo un ammonimento rivolto ai figli di Israele, ovvero Giacobbe il quale fu chiamato Israele dopo aver combattuto con Dio e quindi vinto. Israele oltre ad essere il nome dato da Dio a Giacobbe è anche il nome che identifica il Popolo formato dalla sua Discendenza, il Popolo di Dio.

Il testo biblico non è chiaro sula vicenda della lotta di Giacobbe e non è possibile determinare se il combattimento sia da intendersi contro o assieme a Dio. Come spesso accade la lettura può contemplare entrambi i significati, ovvero, fino ad un certo punto Giacobbe, prototipo dell’Iniziato, ha combattuto contro Dio, ovvero in lui prevalevano le qualità inferiori, materiali, ma ad un certo punto del suo percorso ha iniziato a combattere assieme a Dio tali tare naturali ed assieme a lui ha vinto.

Quindi l’Esodo si sta rivolgendo ai figli di colui che ha raggiunto un tale stato d’essere. Nella Tradizione il rapporto Maestro – Discepolo è spesso accomunato a quello Padre – Figlio, quindi quando nelle scritture si parla di figli, in certi casi si potrebbe leggervi Discepoli.

Usando questa chiave di lettura l’espressione <<figli di Israele>> parrebbe non indicare solo un popolo, dal punto di vista etnico, ma una discendenza Spirituale da un Maestro che abbia raggiunto un simile stato d’essere, allargando così i confini di un tale Popolo. Nei due passi del Vangelo appare chiaramente che chi accoglie l’insegnamento cristiano diviene Discepolo del Cristo e Figlio di Dio, quindi diviene parte del suo Popolo. Dunque è in questa accezione allargata che dovranno essere intese le parole Popolo e Israele.

Dopo questa essenziale premessa passiamo al tema dell’articolo.

Lo Shema Israel si compone di quattro sezioni, di cui la Prima composta dal versetto di Deuteronomio 6:4 ed è la premessa generale e fondamentale di tutta la preghiera. La 'àyin di Shemà (ShM’) e la Dàleth di Echad ('ChD) sono più grandi del resto del testo. La radice “'d” significa Testimone, il che suggerisce due cose, la prima che lo Shema stesso sia il testimone della Tradizione e la seconda che il Popolo che Ascolta debba divenire un vivente Testimone di quanto insegnatogli tramite lo Shema.

La Seconda sezione si compone dei versi di Deuteronomio, 6:5-9 e specifica come si mettere in pratica nella propria vita quanto prescritto dal versetto di Deuteronomio 6:4.

La terza sezione è Deuteronomio 11:16-21 e tratta delle benedizioni del Signore riservate al suo Popolo se obbediranno ai suoi precetti.

La quarta sezione Numeri 15:37-41 è dedicata alla prescrizione dell’uso del Tallit.

In Ciascuna delle sezioni da due a quattro c’è un versetto che termina con una lettera singola dopo la fine del versetto vero e proprio. Questo accade per Deuteronomio 6,9, per Deuteronomio 11,21 e Numeri 15, 41 che sono proprio i versetti finali delle tre sezioni dello Shema, successive alla Premessa.  Nelle sezioni seconda e terza la lettera in questione è una Sàmekh il cui significato è inclinarsi verso, ma anche sostenere. Si tratta dello stesso verbo usato nella frase “Imporre le mani su…”.

Questo, nel contesto di cui ci stiamo occupando sembra suggerire che nella seconda sezione si debba considerare il primo significato, ovvero quello di inclinarsi verso, quello che richiama l’imposizione delle mani, segno di benedizione ma anche di consacrazione esercitato qui da Dio stesso. Nella terza sezione sembra invece più consono il secondo significato del verbo SMK che significa supporto e sostegno. In questo caso la valenza è doppia, ovvero da una parte è Dio a supportare il suo Popolo e dall’altra il suo Popolo deve con un giusto comportamento supportare l’azione di Dio su di esso. Nella quarta sezione la lettera è una Pe' che significa Bocca.

La quarta sezione è dedicata alla prescrizione dell’uso del Tallit, uno scialle quadrato o rettangolare che alle estremità ha quattro frange. Questo scialle è usato dagli uomini nella preghiera mattutina e in occasioni speciali, serve a ricordare al Popolo che deve ricordare e mettere in pratica tutti i precetti del Signore. La Bocca serve ad immettere cibo ma anche ad emettere alito e suoni, l’aria infatti dovrebbe essere immessa dal naso e non dalla bocca, poiché questa è sprovvista di filtri.

La funzione della bocca suggerisce, in questo contesto, che i precetti del Signore debbano essere il nutrimento dell’Anima del suo Popolo, e che la Preghiera, ma anche il modo di vivere la quotidianità che questi adotta debbano essere direttamente conseguenti a tali precetti.  La premessa non ha alcuna lettera finale, anche perché effettivamente farebbe parte del primo blocco di versetti di Deuteronomio, o forse potrebbe proprio essere voluto creando così una sorta di divisione fra la premessa ed il resto dello Shema.     

Lo Shema Israel dice <<Ascolta Israele Adonai (che significa il nostro signore è che è usato al posto dello YHWH che invece compare nel testo) è il nostro Dio (ovvero il nostro degli Elohim), Adonai (vedi parentesi precedente) è Uno.>>

Israel YShR'L si compone di YShuomo, o l’uomo, che” + ShRHe' primitiva radice per “prevalere, avere potere su” + 'LDio” e quindi “L’uomo che ha combattuto con (nel senso di contro ma anche di assieme a) Dio e ha prevalso”. Il suo valore numerico è 10(Yohdh)+300(Shin)+200(Rehsh) +1('àlef)+30(Làmedh) = 541 = 10(Yohdh)

Le lettere dell’alfabeto ebraico possono essere “montate” usando altre lettere più semplici, sempre del medesimo alfabeto ebraico. Per esempio la Aleph è montata da due Yohdh e una Waw, la Dàleth è montata da due Waw, la Tehth da una Zàyin, una Waw e una Yohdh, la Zàyin è montata da una Waw e una Yohdh etc… Della Waw è detto che si ottiene trascinando la Yohdh verso il basso. Quindi in definitiva tutte le 22 lettere derivano dalla Yohdh.

Nel Sefer Yetsirah è detto che tutto fu fatto mediante 32 Shaloshim, che sono le 10 sefirot e le 22 lettere dell’alfabeto. Trentadue è anche il valore della parola “cuore” LB che fra l’altro troviamo unendo l’ultima lettera dell’ultima parola del Deuteronomio (quinto libro della Legge) con l’iniziale della prima parola di Genesi (primo libro della Legge). Questo suggerisce che i 32 Shaloshim siano il Cuore della legge, grazie al quale questa può manifestarsi. Nel primo capitolo del Genesi troviamo la parola

Quando lo Yetsirah parla delle Sefirot dice espressamente 10 e non 9, 10 e non 11. Nel libro si parla della formazione del mondo e questa può avvenire solo con la messa in atto dinamica del potenziale divino, ovvero, portando sul piano della decina l’unità. La lettera che vale 10, la Yohdh significa “mano” e così ribadisce che si tratta dell’azione concreta che promana dall’Uno.

'ELoHiYM come ben nota Antoine Fabre d'Olivet nel suo “La lingua Ebraica restituita” è più un nome collettivo che un plurale ed ha un valore riducibile a 7.

1('E)+30(Lo)+5(Hi)+10(Y)+600 (M finale) = 646 = 16 = 6+1 = 7

La Tsadhèh(Ts) , che significa arma o spada, vale 7. Anche la radice bilittera 'W , che significa “volontà, scelta, desiderio” vale 7. 

Sette Sono le lettere doppie, legate ai sette pianeti nel Sefer Yetsirah.

Questo insieme di Sette rappresenta lo strumento mediante il quale, la Volontà, il Discernimento ed il Desiderio di Dio possono agire, nel mondo in manifestazione, come forze formatrici della realtà.

Nello Shema Israel, non troviamo il collettivo ma il singolare espresso come possessivo, ovvero 'EloHeYNU, che significa “Il nostro ELoHa”, ovvero, “Il nostro Dio” essendo “'EL” la radice bilittera che significa dio (lo scrivo in minuscolo perché potrebbe essere usata anche per definire qualsiasi divinità). 'ELoHeYNU si riduce a tre, quante sono le lettere Madri secondo il Sefer Yetsirah.

 

1('E)+30(Lo)+5(H)+10(E)+50(N)+6(U) = 102 = 1+0+2 = 3

 

Le Tre Madri sono la radice del potere, chiamato nei testi Gnostici del secondo secolo “Triplice Forza”, differenziato dalle sette doppie o sette Pianeti, per plasmare, mediante l’azione delle dodici semplici, la manifestazione materiale (densa e sottile).

Lo Shema continua dicendo che Adonai (YHWH) è uno.

Adonai, “Il Signore di me”, è usato al posto del Tetragramma impronunciabile vocalizzato con uno shewà' sotto la Yohdh ed un qàmets sotto la Waw e che così scritto compare per la prima volta in Genesi 2:4: <<Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo>>.

La prima occorrenza del Tetragramma vocalizzato con uno shewà' sotto la Yohdh, un chòhlem sopra la He' ed un qàmets sotto la Waw, compare invece per la prima volta in Genesi 3,14: <<Allora il Signore Dio disse al serpente: «Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita.>>. La differenza fra le due vocalizzazioni, e vediamo come l’aggiunta o l’assenza di anche un solo chòhlem possa mutare il contesto, nel primo caso si tratta di un atto creatore mentre nel secondo di un editto punitivo.

Parrebbe quasi che l’aggiunta del chòhlem voglia segnare, per l’umanità, il passaggio da una fase passiva in cui tutto ha ricevuto da Dio ad una fase in cui diviene responsabile del proprio destino, infatti dopo aver inflitto la punizione al serpente, da Genesi 3,16 questa si estende prima alla donna e poi all’uomo. Da qui in poi L’uomo e la donna indosseranno tuniche di pelle e inizierà l’esperienza umana della lotta per la sopravvivenza.

Seppur la suddivisione in versetti sia successiva alla stesura del testo è comunque singolare che un passaggio così importante e che richiama la “caduta” compaia proprio al versetto 3,14 numero che ci è familiare come Pi greco. Il Pi greco è una costante matematica che regge diversi aspetti della nostra esistenza, ed ha a che fare per esempio con il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, entra in campo nel periodo di oscillazione del pendolo (che è proporzionale al nostro numero irrazionale), così come nella forza di Coulomb tra due oggetti carichi elettricamente.

Il Valore del Tetragramma è 5(He')+6(Wav)+5(He')+10(Yohdh)= 26 => 2+ 6 = 8(Chehth). La lettera Aleph è costituita da due Yohdh e una Waw, per un valore di 10(Yohdh)+10(Yohdh)+6(Waw) = 26 => 8(Chehth).

La lettera Aleph ha valore numerico 1, 8 è poi il valore della Chehth che è legata ai concetti di lavoro e di vita dell’anima. Il significato della parola Chehth è Scudo, ma anche recinto, quindi ha la funzione di proteggere. Questo scudo è formato da due Zàyin, che significa arma, e la sua forma ricorda un pugnale o una spada, che valgono ciascuna 7 (numero indicante la perfezione, il compimento di Dio. Il settimo giorno è lo Shabbat). Quindi il valore grafico della Chehth è 14 che si riduce a 5, che è il valore rivelato della He', che rappresenta l’aspirazione e significa Finestra.

Il valore rivelato della Chehth, ovvero 8, sommato al suo valore grafico, dà il numero 12, come le lettere singole secondo il Sefer Yetsirah legate ai 12 segni dello zodiaco.

La Chehth, che il Sefer Yetzirah ci dice essere situata nella Gola, compare quattro volte come iniziale di verso nel Genesi, che in ebraico è BeReShYT.

Quattro è il valore rivelato della lettera Dàlethh che significa Porta. La Genesi, che in ebraico suona come “Nel Principio” o “con il, a mezzo del, principio”, può essere anagrammata in BeRYT 'ESh, che significa “Patto del Fuoco”. Il Fuoco è rappresentato dalla lettera madre Shin. BeReShYT inizia con la Beth che significa casa ed ha valore rivelato uguale a 2. Tutto questo ci suggerisce che la creazione in cui viviamo è duale.

Uno dei modi per scrivere Gesù (YeHoShUWa, in ebraico) è mettere al centro del Tetragramma la shin. Il suo valore è 300(Shin) +26(YHWH) = 326 = 3+2+6= 11 => 1+1 = 2, e sembra suggerire che YeHoShUWa sia l’intrinseca ragione che ha consentito di portare a manifestazione il mondo materiale, il cui fuoco nascosto è lo Spirito Stesso.

Il Vangelo di Giovanni inizia così: <<In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.>> (GV 1,1-5)

In Esodo 3,2 si legge: <<L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava.>>.

Nel Vangelo di Luca leggiamo che Gesù disse: <<Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!>> (LC 12,49)

La Luce contenuta intrinsecamente nel Verbo creatore, di cui Giovanni parla è Gesù, lo stesso Gesù che afferma di essere il portatore del fuoco, lo stesso fuoco attraverso il quale il Signore parlò a Moshe, il fuoco del Patto.

Riepilogando possiamo dedurre quanto segue:

Grazie ad un Patto con questo fuoco (BeRYT 'ESh), ovvero ad una interiore adesione ai princìpi dello spirito, il creato diviene una Porta (Dàleth) che dà accesso ad un altro dominio di vita. L’adesione alle leggi dello Spirito, mediante le quali questo agisce sul Cosmo, sul Mondo e sull’Umanità, consente di usufruire della protezione che il divino offre (Chehth), come scudo, ma anche come duplice arma(Zàyin), a tutti coloro che desiderano intraprendere questo sacro combattimento con e contro le forze gemelle che reggono questa natura materiale. Una volta compresa l’azione del divino sulla natura e sull’uomo, quest’ultimo dovrebbe evitare di contrapporsi alle leggi universali, cercando un modo per armonizzarsi con esse. L’unica via per trovare quest’armonia è quella di poggiare la propria vita quotidiana su di un fondamento diverso da quello usuale. Tale fondamento è la scintilla divina, la Shin (Shin), che si trova nel mezzo della natura materiale umana, come i frammenti intrappolati di cui parla Lauria a proposito della Rottura dei Vasi.

(Fine Prima Parte)

 

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Articolo pubblicato il 20/01/2018