24 ore di stracci sulle liste: al Nazareno direzione rinviata per una giornata intera. Ma Renzi la spunta su Orlando: 15 seggi per il ministro.

In lista nomi nuovi, giovani e renziani: anche la giornalista lucana Francesca Barra. Martina e Franceschini perdono pezzi, rinunce anche tra i renziani.

A mezzanotte la direzione nazionale del Pd non è ancora iniziata. Inizialmente prevista alle 10.30, poi rinviata alle 16, rimandata alle 20 e poi di nuovo alle 22.30. Diventa una saga senza fine: l'ultima saga della legislatura, l'ultima di questo Pd.

  L'accordo tra Matteo Renzi e le minoranze sulle liste per le politiche 2018 non matura. Per 24 ore al Nazareno volano stracci. Veramente il segretario si vende l'intesa con le minoranze già poco dopo le 22: agli orlandiani, il grosso della minoranza,15 seggi, tanti quanti ne aveva offerti all'inizio della trattativa.

Ma Andrea Orlando e i suoi stentano a chiudere: fuori dalle liste resterebbe il grosso della minoranza, inaccettabile. E anche Gianni Cuperlo e Michele Emiliano non ci stanno. E' un braccio di ferro destinato a cambiare i connotati del Pd: dopo le elezioni il partito avrà cambiato volto, come vuole Renzi.

A sera tarda, al Nazareno cominciano ad arrivare Marco Minniti, Cesare Damiano, gli europarlamentari Simona Bonafè, Pina Picierno, Dario Danti e anche Vincenzo De Luca, governatore campano e membro della direzione evidentemente interessato alla candidatura del figlio Piero (è in lista). Ci sono Maria Elena Boschi, il ministro Roberta Pinotti, i sottosegretari Gennaro Migliore e Claudio De Vincenti, il ministro Dario Franceschini ha praticamente trascorso la giornata al Nazareno.

A sera c'è anche il viceministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova, il sindaco di Firenze Dario Nardella, la prodiana Sandra Zampa, Gianni Cuperlo, il capogruppo al Senato Luigi Zanda.

Intorno alle 22.30 sono tutti seduti nella sala al terzo piano del Nazareno dove di solito si riunisce la direzione. Aspettano Renzi per iniziare. Macchè. A mezzanotte e mezza il segretario si presenta solo per una comunicazione di servizio. Eccola: "Stiamo lavorando con i segretari regionali. La liste non troveranno la completa condivisione, ma è giusto che una assemblea democratica possa dare la propria valutazione. Chiediamo scusa per il disguido, ci aggiorniamo tra mezz'ora massimo un'ora...".

Cala la notte sul Nazareno. La quadra con Andrea Orlando e i suoi, gruppo più folto tra le minoranze, è stata trovata ma nei termini chiesti da Renzi. Spalle al muro, alla vigilia delle elezioni, il Guardasigilli ha cercato di mantenere qualche punto fermo, come la ricandidatura del deputato Andrea Martella, suo braccio destro.

Renzi alla fine l'ha accettata ma non ha ceduto su Cesare Damiano, ex Cgil ed ex ministro, presidente della Commissione lavoro della Camera con alle spalle più di tre legislature, ma simbolo per l'area Orlando. Non sarà in lista.

Il lungo confronto Renzi e Orlando lo hanno avuto nella notte tra giovedì e venerdì. E non ha portato a nulla, non dal punto di vista del Guardasigilli. Il quale nel pomeriggio è tornato al Nazareno ma lo ha ricevuto solo Piero Fassino. Non il segretario. Segnale evidente che Renzi non aveva voglia di riaprire le trattative, voglia di ridiscutere: zero.

Ma fino all'ultimo Orlando con Cuperlo ed Emiliano tentano il tutto per tutto. E' passata l'una di notte quando tutt'e tre insieme diffondono una nota in cui chiedono più tempo per riflettere. "Dopo ore di attesa e una successione di rinvii sull'inizio della direzione che deve licenziare le liste per le elezioni del 4 marzo non abbiamo ricevuto alcun elenco e informazioni di merito sulla proposta che verrà sottoposta al vaglio della direzione. Con tutta la buona volontà che crediamo sia necessaria in un passaggio così importante e delicato è necessario consentire a tutto il partito e alle sue diverse componenti una valutazione serena di una proposta che la lunga gestazione conferma nella sua complessità".

Ma Renzi ancora spera di riunire la direzione in nottata. "Non si può fare domani. Servono 24 ore per preparare i documenti e presentare le liste lunedì", dice. Forza perchè questa è la sua occasione per rinnovare il Pd, così la mette lui. Anche le minoranze avrebbero dovuto fare lo stesso. Glielo ha detto a Orlando. Ed è per questo che quel numero – 15 seggi per il Guardasigilli – nella sua testa non è cambiato. Perde pezzi persino il vicesegretario Maurizio Martina: eppure è il vice di Renzi, in maggioranza con lui, alleato. Molti dei suoi non saranno in lista. Stesso destino per l'area di Dario Franceschini, anche lui in quota maggioranza. Non sarà in lista Marina Sereni, per citarne una.

Alla fine Renzi li prende per sfinimento. E fa come aveva deciso. Urgono volti nuovi. Pesca a piene mani dal mondo dei media. E allora in lista finiscono il vicedirettore di Repubblica Tommaso Cerno, la giornalista lucana Francesca Barra, nota per la sua storia sentimentale con l'attore Claudio Santamaria, la giornalista di Repubblica Federica Angeli, quella del Foglio Annalisa Chirico. In lista anche il portavoce di Paolo Gentiloni, ed ex portavoce di Renzi, Filippo Sensi. Gira anche voce di una candidatura del giornalista Mario Sechi.

Nella quota 40enni professionisti ci sono poi Tommaso Nannicini, nome noto, economista di Harvard vicino a Renzi, nonché autore del programma elettorale del Pd, e Giuliano Da Empoli, scrittore che spesso ha accompagnato Renzi nelle visite istituzionali con i capi di Stato esteri. C'è Lisa Noja, nota avvocatessa milanese e appassionata militante, disabile che si batte per un mondo accessibile. E poi, tra coloro che superano i 40, correranno per il Pd due rettori universitari - Alberto Felice De Toni (Udine) e Pietro Navarra (Messina) - oltre all'ex rettore dell'Università di Camerino, Flavio Corradini.

Tra i candidati civici c'è Paolo Siani, fratello del cronista ucciso dalla Camorra, carta anti-Bassolino che Renzi si gioca a Napoli. C'è Carla Cantone, ex segretaria dello Spi-Cgil che corre in Puglia in funzione anti-d'Alema. C'è Lucia Annibali, la ragazza sfregiata con l'acido su mandato del suo ex.

Sono i nomi nuovi che rispondono alla politica 'Renzi style': fama e notorietà per prendere voti. Lui ci vede anche molta professionalità per "rinnovare il partito", il compito che vuole affrontare dopo le elezioni e che viene reso più semplice dalla ridotta rappresentanza riconosciuta alle aree interne. Che non hanno altra scelta se non quella di accettare. Prendere o lasciare. E la seconda, a questo punto non è un'ipotesi.

Vero è che degli attuali 378 parlamentari del Pd, torneranno in Parlamento meno di duecento, questo è il calcolo al quartier generale di Renzi. E ci sono rinunce – indotte e spontanee - anche tra gli stessi renziani.

Sembra saltare per esempio la ricandidatura del senatore Stefano Esposito, ultrà della Tav, assessore ai Trasporti dell'ultimo periodo della giunta Marino in Campidoglio, uno di coloro che si dimisero per indurre il sindaco a rassegnare le dimissioni. Al suo posto in Piemonte sembra correrà il Radicale Silvio Viale, ginecologo. E a notte fonda è incerta la candidatura di Debora Serracchiani, governatrice del Friuli Venezia Giulia.

Ma restano in lista i renzianissimi Andrea Marcucci (toscana), Matteo Richetti (Modena), Ettore Rosato, Lorenzo Guerini. Dell'area Orfini, oltre al presidente Dem (collegio Ostia), sono confermati Francesco Verducci, Chiara Gribaudo, Valentina Paris.

In mattinata il Radical-Dem Roberto Giachetti fa il 'bon geste' di candidarsi solo al collegio e liberare così un posto al plurinominale per agevolare le trattative. Ma è quasi inutile: nessuno lo segue, nessuno accetta volontariamente di tentare la roulette russa del collegio, rischiando di non essere eletto. Ed è proprio sulla sicurezza dei collegi che al Nazareno si intavolano lunghe discussioni tra la cerchia del segretario e gli aspiranti candidati. Collegi incerti vengono dati per sicuri per convincere l'interessato e via così. Tipo banco vendita al mercato: un vero caos.

E peggio va quando si prende in mano la pratica: listini plurinominali. Qui si inceppa proprio tutta la trattativa, fino a notte. Fortuna che c'è la 'squadrona' di governo, che Renzi si pregia di aver portato in campo nei collegi e nei listini proporzionali. C'è Paolo Gentiloni che guida il collegio di Roma 1 Camera, Pier Carlo Padoan a Siena, Marco Minniti a Pesaro, Luca Lotti a Empoli, Graziano Delrio a Reggio Emilia.

Ma anche il governo non sta proprio al riparo dai problemi dell'ultimo minuto. Nella Bassa Atesina si lamentano di Boschi candidata a Bolzano. L'ex segretario Svp Siegfried Brugger sbotta: "Errore capitale". Ma Renzi non si commuove.

Menomale che la scadenza di presentazione delle liste è ravvicinata: lunedì 29 gennaio alle 20. E' la vera tagliola per ogni trattativa: quel che è fatto, è fatto.

huffpost.it

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 27/01/2018