L'Infinita Meraviglia del Cosmo.

Quarta tappa. Dove nascono le stelle dell'Universo.

Forse in qual forma, in quale stato che sia, dentro covile o cuna, è funesto a chi nasce il dì natale”… Di nuovo, gli incliti versi di Giacomo Leopardi aiutano noi - microscopici pastori erranti negli “interminati spazi” cosmici - a meglio comprendere l’essenza e la natura della fucina, la quale invero “madre è di parto e di voler matrigna”, ove nascono le stelle.

Infatti, dopo aver assistito all’immane esplosione di supernova con cui termina ufficialmente l’esistenza di ogni singolo astro, ci accingiamo quest’oggi a contemplare da vicino il sorgere di una nuova generazione di stelle, nata dalle ceneri dei progenitori.

Eppure anche nel caso degli astri “è rischio di morte il nascimento”, similmente a quanto cantato dal poeta di Recanati in merito alle vicissitudini umane…

Nell’immagine in banda ottica, ottenuta con i potenti occhi elettronici del Telescopio Spaziale Hubble  nel venticinquennio (2015) dalla sua messa in orbita, si osservano le imponenti strutture colonnari della Nebulosa dell’Aquila, giustappunto destinate, nel corso di qualche centinaio di migliaia di anni, a morire e dissolversi per effetto dell’intensa attività di giovani stelle in formazione al loro interno.

Infatti, se da una parte i novelli astri accrescono la propria massa cannibalizzando la materia (gas freddo e polveri) di cui le colonne sono costituite, dall’altra la radiazione ultravioletta da essi emessa spazza e disperde con violenza il mezzo all’intorno, facendo progressivamente scomparire la struttura (lunga anche qualche anno luce) dei pilastri, cosiddetti Pilastri della Creazione.

Ne discende l’insorgenza, in specie alle estremità di questi ultimi, di propaggini gassose dalla forma globulare o elongata, contenenti per lo più Idrogeno molecolare sospinto via dai venti stellari. In seguito, tali bolle si distaccano dal corpo principale della nebulosa, determinandone di concerto la dissolvenza (definita più propriamente, in gergo tecnico, evaporazione).

Invece, le fulgide stelle che si stagliano sullo sfondo dell’immagine sono astri già affrancatisi dal conturbante inviluppo della loro nursery e ora afferenti all’ammasso stellare aperto M16, cui la Nebulosa dell’Aquila è associata. Entrambi gli oggetti celesti giacciono infatti a circa 7000 anni luce di distanza dalla Terra, ricompresi all’interno della costellazione del Serpente.

Ormai in procinto di lasciarsi alle spalle anche la quarta pietra miliare di questo sorprendente itinerario nell’Infinito, che i Lettori volgano ancora una volta “il guardo” a “le magnifiche sorti e progressive” delle stelle, capaci di nascere dalla distruzione e di distruggere nascendo...

Secondo Giacomo Leopardi, “l’uom d’eternità s’arroga il vanto”… ma solo gli astri sono fisicamente e concretamente eterni.

Dunque, “mirando all’altrui sorte”, all’Uomo non rimane che contentarsi dell’eternità del Pensiero, nonché di quel vivo e indissolubile anelito di conoscenza per cui “perché giacendo a bell’agio, ozioso, s’appaga ogni animale; me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale”?

Il viaggio continua!

 

Image Credit: NASA, ESA, The Hubble Heritage Team (STScI / AURA)

 

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Articolo pubblicato il 04/02/2018