L'Infinita Meraviglia del Cosmo

Quinta tappa. Suggestione: variazioni sul tema dell'Universo

Memori dell’ultimo miglio solcato in quell’Universo ove - non solo per il sublime Leopardi - “il naufragar m’è dolce”, quest’oggi proponiamo giustappunto ai Lettori alcune variazioni sul tema delle nebulose, sempre accompagnati dal diuturno basso continuo dell’Arte e della Poesia.

Infatti, nel Mare Infinitum di giovani stelle in formazione all’interno della Nebulosa di Orione (per cui solo le nubi di Idrogeno molecolare e la spessa coltre polverosa il nostro guardo esclude”), l’animo umano e il suo irrefrenabile anelito di conoscenza non difettano certo di scorgere vere e proprie opere d’arte, reminiscenti delle soavemente luminose pennellate romantiche e impressioniste.

 

Il y a un spectacle plus grand que la mer, c’est le ciel ; il y a un spectacle plus grand que le ciel, c’est l’intérieur de l’âme

Esiste uno spettacolo più infinito del mare, ed è il cielo; esiste uno spettacolo più infinito del cielo, ed è il profondo dell’anima”.

Le parole pronunciate da Jean Valjean, celebre protagonista de I Miserabili di Victor Hugo   (1802-1885), accompagnano dolcemente il baluginio degli oltre 3000 astri visibili nell’immagine (ottenuta componendo i dati del Telescopio Spaziale Hubble con quelli dell’osservatorio terrestre sito a La Silla, Cile) e confortano l’accostamento visivo con l’opera pittorica Luce e colore di William Turner (1775-1851), uno dei più autorevoli esponenti del Romanticismo inglese.

In essa, la teoria cromatica di Goethe viene declinata secondo il racconto archetipico del Diluvio universale, e un’arca caligata, ondeggiante alla mercé dei pur quieti marosi del tempo, si profila ai nostri occhi semi-accecati dalla nebbia sulfurea e lucente.

Similmente a quel “sempre caro” vascello alla deriva, la Terra, ove dimoriamo e da dove “sedendo e mirando interminati spazi di là  da quella” interroghiamo le stelle, concludendone, insieme allo scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880), che

il n’y a en fait d’infini que le ciel qui le soit à cause de ses étoiles, la mer à cause de ses gouttes d’eau, et le coeur a cause de ses larmes

non c’è in effetti altro infinito all'infuori del cielo, che lo è in virtù delle sue stelle, del mare, che lo  è per via delle gocce d’acqua di cui si compone e del cuore, a causa delle lacrime che lo struggono”.

Tout est là : l’amour de l’Art” (“Tutto si conclude nell’amore per l’Arte”) e, peraltro, tutto ivi principia. Infatti proprio col suo viatico, L’educazione sentimentale all’infinito in cui - grazie a Civico 20 News -  siamo impegnati, ci porta a scorgere nel nebuloso mattino delle stelle l’impressione di un altro Mattino, quello – ugualmente lattiginoso e luminosamente fosco – dipinto dall’impressionista Claude Monet (1840-1926).

Nella sfumata atmosfera dell’alba, questa dialettica di canto e controcanto scientifico e artistico intona note e respiri astrali capaci di spazzar via le coltri serotine dell’Oscurità, aprendosi da una parte agli ariosi e adamantini fiati del Mattino composto dal musicista norvegese Edvard Grieg (1843-1907) e, dall’altra, al rilucente fulgore delle stelle appena liberatesi dalla propria avvolgente cappa polverosa.

Le soleil levant (Il sole che sorge) e il sole che tramonta; il mattino preludio della vita e la notte che porta consiglio. Sono abissi leggeri, percorsi con tenace leggerezza, nella consapevolezza – secondo Flaubert – di come

chaque chose est un infini ; le plus petit caillou arrête la pensée comme l’idée de Dieu. Entre deux coeurs qui battent l’un sur l’autre il y a des abîmes, les néant est entre eux, toute la vie et le reste. L’âme a beau faire, elle ne brise pas sa solitude, elle marche avec elle, on se sent fourmi dans un désert, et perdu… perdu...

ogni cosa contiene l’infinito; anche il più piccolo ciottolo può farsi permeare dal pensiero, quasi fosse l’idea stessa di Dio. Abissi si aprono fra due cuori che battono l’uno accanto all’altro, il nulla è  fra loro, così  come fra loro sono la vita e tutto il resto. L’anima, pur potendo cercare la gioia, non infrange la propria solitudine ma cammina con essa, così ci si sente come formiche in un deserto, persi… persi... ”.

Nell’immagine della Nebulosa di Orione, le stelle dipingono il loro destino con intensi getti e/o sferzanti segni di pennello, similmente alla visione dantesca per cui “lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando, pur come quella cui vento affatica”. Infatti noi Viaggiatori, ciascuno errante nelle sterminate lande cosmiche accompagnato dalla luminosa guida di un Poeta, vi scoviamo giustappunto quasi 180 proplyds (acronimo inglese per disco protoplanetario ionizzato), consistenti semplicemente in luminosi dischi di materia nell’intorno di stelle appena formate, passibili di dar luogo alla formazione di nuovi pianeti, magari simili al nostro. E poiché, sempre mutuando le parole dello scrittore francese Gustave Flaubert,

“une âme se mesure à la dimension de son désir, comme l’on juge d’avance des cathédrales à la hauteur de leurs clochers”

un’anima si misura dalla portata dei suoi aneliti, esattamente come si guarda subito all’altezza del campanile per giudicare la maestosità delle cattedrali”,

merita qui rimarcare come il multiforme e infinito desiderio di conoscenza dell’Uomo trovi appagante nutrimento nel Cosmo, e nella sbalorditiva possibilità di osservare – oggi – quella che – ieri – è stata anche la nostra genesi, la nostra alba, il nostro mattino.

Il tutto senza allontanarsi da “quest’ermo colle e questa siepe” che noi e Giacomo Leopardi chiamiamo mondo e per il quale, anche a detta del lamentoso Amleto di William Shakespeare,

I could be bounded in a nutshell, and count myself a king of infinite space 

potrei starmene rintanato all’interno di un guscio di noce eppure sentirmi, al suo interno, sovrano di uno spazio sconfinato”.

 

La pietra d’angolo da cui principiare per comprendere essenza e architettura dell’infinito fuori e dentro di noi (sicut in caelo et in terra) oppure, similmente, la chiave musicale con cui leggere la fuga a più voci che costituisce la partitura dell’Universo, è data proprio dall’Arte.

L’Arte. Nella quale la Scienza confluisce come alfiere di rigore e garanzia di oggettività.

L’Arte. Secondo l’autore di Madame Bovary essa é

comme une étoile, voit la terre rouler sans s’en émouvoir, scintillant dans son azur ; le beau ne se détache pas du ciel

come una stella che, pur senza spostarsi, vede la Terra rotolare; essa é scintillante nell’azzurro, perché le cose belle non si distaccano dal cielo”.

L’Arte. In virtù delle sue infinite declinazioni e delle infinite sensazioni che essa sa trasfondere nell’animo umano, tutti noi possiamo prendere parte all’Infinita Meraviglia del Cosmo. E tutti noi possiamo anche esserne parte.

Perché siamo figli delle stelle…

Dunque, l’Infini ? … “C’est moi” !

 

Il viaggio continua!

 

Image Credit: NASA, ESA, M. Robberto  (STScI / AURA) et al.

 

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Articolo pubblicato il 09/02/2018