Delitto, overdose o cos'altro nella città che ha dato i natali a Laura Boldrini ed al BR Mario Galesi
Macerata è una insignificante cittadina delle Marche. Ha all’incirca quarantamila abitanti e non ha una vera e propria storia. E’ conosciuta soltanto per avere dato i natali a Mario Galesi, noto esponente delle Brigate Rosse ed anche (non certo un titolo di merito), a Laura Boldrini, ex presidente della camera dei deputati.
Macerata è una tipica cittadina di sinistra. I suoi abitanti sono in gran parte del PD, ed hanno eletto un sindaco del Pd. Il quale, da bravo ed obbediente seguace del suo partito, ha infarcito la città di extracomunitari, privilegiando soprattutto quelli africani.
Non manca al borgo neppure il solito don che si occupa della comunità dei nigeriani e che collabora alla riscossione dei proventi (35 euro pro capite) che lo stato elargisce a mani aperte ad una società molto radicata in loco denominata GUS o “Gruppo di umana solidarietà”.
Una specie di coop che fattura decine di milioni e che, oltre a gestire più di 400 dipendenti, è un vero e proprio gigante nel settore dell’immigrazione, molto abile a difendere con i denti e ad incrementare i finanziamenti che riceve da molte fonti.
Il GUS è foraggiato dal sindaco, dalla provincia e dalla prefettura con i soldi dello stato, ed è facile pensare che abbia parte nella vicenda la “longa manus” della Boldrini, che vorrebbe fare di Macerata la base della sua campagna elettorale.
L’atmosfera mefitica e stagnante, tipica dei borghi dove allignano postcomunisti e soci dell’ANPI, viene rotta di colpo da un atroce fatto di sangue.
Una giovane di diciotto anni, Pamela Mastropietro, viene trascinata nell’alloggio di un senegalese, Innocent Oseghale, ed il suo cadavere, fatto a pezzi per mezzo di coltellacci, seghe ed asce, viene stipato in due valigie ed abbandonato in un fosso.
Macerare, ci insegna il dizionario, significa imbibire, imbevere, impregnare, e suscita stupore il fatto che il corpo della povera Pamela sia stato sottoposto dopo la morte ad un accurato lavacro con candeggina ed altre sostanze chimiche. Un inspiegabile procedimento.
Subito un gip poco preparato afferma e lo fa con una certa sicumera, forse per diluire le colpe dell’immigrato e compiacere il sindaco e la sinistra locale, che la giovane trovata a pezzi, non è stata stuprata.
Viene del tutto ignorato il fatto che, all’interno di un garage, la povera ragazza, prima di incontrare il nigeriano accusato dell’omicidio, avesse avuto un rapporto sessuale con un uomo del luogo.
E chiunque, abbia praticato in passato delle autopsie (come chi scrive), non può non domandarsi cosa abbia indotto gli inquirenti ad escludere un tal tipo di violenza, dopo la constatazione che buona parte della vulva e della vagina era stata amputata. Ed il resto dilavato con cura con la candeggina che la “risorsa” senegal-maceratese aveva acquistato in farmacia, dove era stato avvistato insieme ad un altro clandestino della comunità del don.
Ma permane ancora qualche dubbio e si rende necessaria una nuova autopsia.
Perché l’Oseghale avrebbe affermato che Pamela sarebbe morta di overdose e, di fronte ad una testimonianza così autorevole, gli inquirenti locali si affrettano a dichiarare, senza attendere il nuovo esame, che l’omicidio non vi è stato e che quindi può essere imputato solo l’occultamento di cadavere ed il suo vilipendio.
Reati che in base alle masturbazioni mentali filo-delinquenziali del digiunatore diurno Marco Pannella, non richiedono più la carcerazione.
Affermazione che suscita grande entusiasmo nei redattori di Stampa e Repubblica e nei loro affezionati lettori.
Viene pertanto praticata una seconda autopsia e, tra le difficoltà legate al numero dei giorni trascorsi e la macelleria praticata sul corpo, il procuratore della repubblica G.Giorgio riesce a stabilire che la povera Pamela, prima di essere fatta a pezzi, è stata trafitta in più parti del corpo, quando ancora era in vita, con un coltello da macellaio.
Una chiara “overdose” di ferite da taglio, per nulla gradite alla sinistra, che non consentono la liberazione del senegalese ed il suo sollecito ritorno allo spaccio della droga.
C’è infine un altro aspetto su cui gli opinionisti non si pronunciano volentieri ed è la macellazione della salma, con l’asportazione del cuore, dei visceri addominali, delle mammelle e degli organi genitali.
Se davvero, come afferma il buon Innocent, (est omen in nomen) la ragazza era morta solo di overdose da farmaci, questa opera di macelleria che significato aveva? Perché è stata praticata?
Nessuno si è chiesto finora nella grande confusione investigativa perché sia stato asportato e dove soprattutto sia finito il cuore della giovane.
Qualche domanda sarà necessaria farla a questo proposito proprio al prete che segue la comunità nigeriana. Lui, se non è troppo impegnato a contare i soldi del GUS, è forse l’unico, insieme al sindaco della cittadina, in grado di sapere da quale tipo di cultura costellata di riti ancestrali e di pratiche sanguinarie provenissero i loro assistiti.
Sarà bene ascoltarll a lungo con attenzione.
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Articolo pubblicato il 11/02/2018