Torino. ”L’Allegro, il Penseroso ed il Moderato.” Chi era Costui?

L’Accademia del Santo Spirito propone una coinvolgente lezione-concerto dedicata ai maestri meno noti del Barocco italiano

In occasione del quarto concerto, Martedì 20 febbraio 2018, alle ore 21, nella Chiesa dello Spirito Santo, via Porta Palatina, 9, l'Accademia presenta un programma dedicato a composizioni strumentali per due violini e continuo (prevalentemente triosonate) di autori italiani attivi nella prima metà del '700. Si tratta di compositori abili ed esperti, ma poco noti al grande pubblico. Di qui il titolo della serata: Chi era costui?

I quattro musicisti impegnati nell'esecuzione condivideranno brevi introduzioni sulla vita e sull'opera dei compositori in programma.

 

Giuseppe Valentini (1681-1753): Sonata op. 5 n.7 La Corelli

Salvatore Lanzetti (1710-1790): Sonata per violoncello e continuo op. 1

Giovanni Bononcini (1670-1747): Sonata per due violini e continuo n. 12

Giovanni Battista Pescetti (ca. 1704-1766): Sonata per gravicembalo n. 9

Giuseppe Antonio Brescianello (ca. 1690- 1758) Concerto a tre n.6

Ensemble strumentale dell´Accademia del Santo Spirito

Nota di Sala: Il fascino discreto del Barocco minore

Chi era costui? La celebre domanda con cui Don Abbondio nell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi si interrogava sull’identità di Carneade, filosofo scettico vissuto nel II secolo a.C., nel nostro caso si riferisce al prossimo concerto dell’Accademia del Santo Spirito, in programma martedì 20 febbraio alle 21 nella Chiesa del Santo Spirito di Via Porta Palatina 9 a Torino (ingresso libero).

Questo titolo vuole sottolineare il fatto che il programma comprende una serie di autori pressoché sconosciuti del Barocco italiano, con l’intento di aggiungere qualche nuova stella a quella affascinante costellazione – ancora in gran parte da scoprire – che è il repertorio strumentale fiorito in Italia tra il XVII e il XVIII secolo.

In questo viaggio di scoperta il pubblico verrà accompagnato dai quattro musicisti protagonisti, che premetteranno a ogni brano un profilo della vita e dell’opera di ogni compositore, un fatto che contribuirà non solo a contestualizzare meglio l’ascolto, ma anche a dare una ulteriore nota di vivacità al concerto, visto che molti autori dell’epoca barocca condussero vite appassionanti e a volte persino romanzesche, tra fortunati soggiorni nelle principali capitali europee, accese rivalità con altri compositori, fughe precipitose, repentine rovine e molti altri spunti che potrebbero fornire a un romanziere abbondante materia per un bestseller.

Si tratta di una scelta molto intelligente, che consente di svecchiare un repertorio che molti continuano – ingiustamente – a considerare di difficile comprensione e riservato a un pubblico colto per mezzo di una narrazione piana e appassionante, lontana anni luce dai dotti toni accademici di molte “guide all’ascolto”, che spesso finiscono per fare sentire inadeguati e scoraggiare gli ascoltatori privi di solide basi di storia della musica.

Ma chi sono i “carneadi” riproposti in questo concerto dell’Accademia del Santo Spirito? Senza voler anticipare – o “spoilerare”, come si dice oggi – i contributi che verranno forniti dai musicisti protagonisti del concerto, ho pensato di offrire una brevissima istantanea dei cinque compositori in programma, come se fosse un aperitivo per stuzzicare l’appetito.

Si parte con il fiorentino Giuseppe Valentini, violinista e compositore quasi contemporaneo di Johann Sebastian Bach.

Sebbene il suo nome sia rimasto nella memoria di pochi (soprattutto musicisti e musicologi), ai suoi tempi Valentini ebbe fama di essere un virtuoso di eccezionale talento, come dimostra una nota riportataci da Charles Burney – musicologo inglese del XVIII secolo, che diede alle stampe i diari dei suoi viaggi musicali in Europa – secondo la quale a 20 anni il violinista fiorentino avrebbe suscitato a Roma una tale sensazione con le sue esibizioni da fare precipitare nella più profonda costernazione nientemeno che Arcangelo Corelli, il compositore e violinista più apprezzato della sua epoca (curioso, sotto questo aspetto, che l’opera eseguita nel concerto si intitoli proprio “La Corelli”). Questo successo gli spianò la strada per una proficua carriera musicale nel raffinato ambiente romano, dove ebbe modo di distinguersi persino in campo poetico.

Con il napoletano Salvatore Lanzetti entriamo nel campo dei numerosi globetrotter che contribuirono a diffondere il verbo della musica italiana fino ai più remoti confini dell’Europa.

Lanzetti trascorse parecchi anni nella corte torinese di Vittorio Amedeo II, dove venne apprezzato per il suo brillante stile violoncellistico, compiendo diverse trionfali tournée all’estero – soprattutto in Inghilterra – che gli permisero di mettere in grande evidenza il suo sbrigliato virtuosismo.

Più che per la raccolta di sonate per violoncello e basso continuo pubblicata nel 1736, Lanzetti è passato alla storia della musica per i Principes de l’application du Violoncelle par tous les tons, un metodo per violoncello che riscosse un notevole successo, contribuendo a lanciare definitivamente in veste solistica uno strumento che fino a quel momento era ancora in gran parte relegato al ruolo di basso continuo.

Molto ci sarebbe da dire su Giovanni Bononcini, compositore modenese figlio e fratello di due validi musicisti, che divenne uno dei massimi protagonisti del panorama musicale europeo della prima metà del XVIII secolo.

Dopo essersi messo in evidenza a Bologna, Milano, Venezia e Roma, a 28 anni si trasferì a Vienna, riuscendo a conquistare il cuore degli imperatori Leopoldo I e Giuseppe I, due veri intenditori. Dopo avere trascorso un lustro ricco di soddisfazioni nella Città Eterna, nel 1720 Bononcini approdò a Londra, dove assunse la direzione della Royal Academy of Music con il bolognese Attilio Ariosti e Georg Friedrich Händel.

Nel giro di poco tempo, però, tra Bononcini e Händel scoppiò una dura rivalità, che alla fine vide prevalere il tedesco non solo per i suoi – innegabili – meriti, ma anche per l’accusa di plagio che venne rivolta all’italiano da Antonio Lotti.

Questo fatto segnò l’inizio della fine per Bononcini, che a causa di un grave dissesto finanziario fu costretto a riparare prima a Parigi e poi a Vienna, dove – nonostante una pensione concessagli da Maria Teresa – morì in una amara povertà, cadendo nell’oblio subito dopo la sua scomparsa.


Tra gli allievi più brillanti di Antonio Lotti – lo spietato accusatore di Bononcini – figura il nome di Giovanni Battista Pescetti, autore di cui oggi non si conserva nessuna memoria né nei cartelloni delle stagioni concertistiche né nei pur ipertrofici cataloghi discografici.

L’ascolto delle opere giunte fino ai giorni nostri dimostra però che si trattava di un compositore di rango, in grado di trovare un posto di rilievo nel panorama operistico di Venezia accanto al suo amico e compagno di studi Baldassare Galuppi.

Superati i trent’anni di età, Pescetti decise di tentare il grande salto a Londra, città che in quegli anni stava diventando una delle capitale più alla moda d’Europa.

Gli inizi furono decisamente buoni, in quanto il veneziano assunse la direzione della Opera of the Nobility – istituzione operistica acerrima rivale della Royal Academy of Music guidata da Händel – prendendo il posto di Nicola Porpora.

Purtroppo la rivolta condotta nel 1745 da Bonnie Prince Charlie contro la dinastia Hanover e conclusasi con la dura sconfitta patita a Culloden creò nel paese un clima estremamente pesante per i cattolici, un fatto che spinse Pescetti a fare precipitosamente ritorno nella sua città natale, dove riprese l’attività teatrale e quattro anni prima di morire ottenne l’incarico di secondo organista della Basilica di San Marco.

La nostra rassegna si chiude con Giovanni Antonio Brescianello, compositore bolognese di cui – a dispetto delle diligenti ricerche compiute dai musicologi – non conosciamo quasi niente della prima giovinezza trascorsa in Italia.

Brescianello compare per la prima volta nei radar della storia nel 1715, quanto il venticinquenne compositore venne assunto come violinista nell’orchestra dell’Elettore di Baviera. A Monaco l’italiano non rimase con le mani in mano e si mise ben presto in evidenza con una serie di opere di grande interesse come La Tisbe (di cui esiste una recente incisione discografica), il cui esito non gli permise di entrare nel repertorio del teatro di Stoccarda ma in compenso scatenò l’invidiosa gelosia di Reinhard Keiser, uno tra gli esponenti più rappresentativi dell’establishment musicale tedesco di quegli anni, che cercò a più riprese senza successo di soffiargli il posto di maestro di concerto che nel frattempo aveva ottenuto alla corte di Württemberg a Stoccarda.

Purtroppo, dove non riuscì Keiser arrivò la crisi (un fenomeno tristemente sempre attuale per il settore della musica classica), che portò al licenziamento di parecchi musicisti, tra cui lo stesso Brescianello. Dopo sette anni molto duri, il miglioramento delle condizioni permisero il rientro del compositore bolognese, che concluse così felicemente la sua carriera in terra tedesca.

Cinque autori dalle vite e dagli stili musicali diversissimi che l’Accademia del Santo Spirito riporterà in vita in un concerto degno di essere preso in seria considerazione.

Per informazioni rivolgersi all´indirizzo comunicazione@accademiadelsantospirito.it (e non al numero di telefono indicato come contatto dell´Accademia)

Ingresso gratuito

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Articolo pubblicato il 17/02/2018