Intervista a Rocco Forgione, artista torinese che richiama alla memoria l'epoca in cui erano ancora attivi i manicomi


Q4Y4RRRIl manicomio di Torino cominciò ad essere smantellato nel 1980
  proseguì fino alla definitiva chiusura avvenuta nel 1997,  ma non è andata  persa del tutto la splendida architettura della Certosa di Collegno, l'edificio che lo ospitava ed  oggi non più edificio sigillato, ma abbattute le mura che impedivano ai pazienti ricoverati di allontanarsi,  ora è stato trasformato in un importante centro culturale per la città.  La struttura  ha rivestito una notevole importanza per le meraviglie architettoniche da cui era costituito, ed è stato un punto di riferimento anche per altri manicomi, fu infatti il primo edificio in Italia in cui venne adottata  realizzazione parallela di padiglioni a più piani, così  isolare le singole patologie. E' difficile raccontare la sofferenza che per molti anni è stata racchiusa fra quelle mura. I più giovani non hanno mai, per fortuna loro, avuto il modo di potervi entrare almeno una volta, ma chi ha avuto la ventura di entrarvi, ricorderà i malati, quelli meno toccati dalla malattia mentale, uomini e donne, vagolare per gli ampi cortili della Certosa, o sotto i suoi lunghi porticati, alcuni seminudi d'estate, altri con indosso lunghi camicioni caratterizzati da volti stravolti da smorfie che denunciavano la patologia psichiatrica e tutto il malessere che da questa deriva.  

Rocco Forgione, un valente e versatile artista torinese, ha fissato sulla tela con rara perizia, molti degli istanti di vita di quelle povere persone. Osservando i suoi disegni si viene riportati ad una epoca in cui ancora molto acuta era la sofferenza di persone per cui non esisteva ancora una terapia farmacologica in grado di attenuare la sintomatologia, di persone private della loro libertà. Lo incontro, incuriosito dalla tematica dei suoi dipinti e gli chiedo come nasce la sua genialità artistica

"Probabilmente la mia sensibilità artistica l’ho ereditata da mio nonno, da cui ho ereditato il nome. Anche lui era un creativo che dava sfogo alla sua vena artistica creando sculture ed opere d’arte; successivamente le inseriva nelle sue costruzioni architettoniche, era infatti architetto ed ingegnere.

DTYUYNel mio caso l’istinto pittorico si manifesta fin da piccolissimo: i miei primi disegni infantili sono già pieni di personaggi fantastici e fiabeschi e, fin dai primi anni di scuola, partecipo a tutti i Concorsi scolastici di pittura con risultati ottimi. A tredici anni ricevo il diploma d’onore “Trofeo piccolo Giotto”: il mio disegno fa discutere la giuria, lo considera un disegno tecnicamente valido, realizzato molto bene, in considerazione della giovane età. Questo riconoscimento mi spinge a rappresentare con ancora più assiduità le mie fantasie interiori, ad abbandonarmi all’istintività artistica: ecco apparire un’interpretazione della realtà filtrata dal surreale fantastico, come dimostrano le mie tele disegnate a sedici anni".

"Che tipo di percorso intrapreso in seguito? Ha seguito scuole, o corsi?

"No. La mia formazione è principalmente da autodidatta. Nel corso della mia esistenza, adesso ho sessantadue anni, ho sperimentato diverse tecniche pittoriche, riferendomi principalmente alla lezione tecnica ed espressiva dei maestri del passato, in particolare alla pittura fiamminga e al geniale Hieronymus Bosch, non disdegnando di inserire con la cura meticolosa del particolare che mi contraddistingue, la tradizione barocca".

"Avrà però incontrato nel suo percorso pittorico artisti attuali o figure di critici che lo hanno apprezzato o lo hanno spinto a cercare nuove soluzioni tecniche?"

"Certo. Frequentando mostre e concorsi avevo incontrato il noto G. Carlo Argan, professore dell’Accademia dei Lincei, nonché sindaco di Roma dal 1976 al 1979 che,  da subito aveva mostrato interesse per le mie opere, notando una somiglianza con alcuni quadri di Hieronymus Bosch, individuando nei miei quadri una rilettura moderna del fiammingo. Con Argan sono rimasto in contatto epistolare per molti anni, fino quasi alla sua morte, avvenuta nel 1992. Negli anni ‘80 poi incontro il pittore Mario Molinari, il 565Y566cui disegno surreale è affine al mio. Le sue creazioni assomigliano vagamente a idoli Incas o manufatti provenienti da remote civiltà sudamericane e africane. Diventatone amico, lui che aveva venticinque anni più di me, mi vengono aperte le porte all’incontro con il più turbolento e vulcanico pittore torinese: Lorenzo Alessandri, il creatore della corrente artistica definita Surfanta, le cui coordinate sono rappresentate dal Surrealismo e dal Fantastico. Da subito ne rimango intimorito e impressionato: Alessandri era contemporaneamente magico e burbero. Ne ero attratto e allo stesso tempo lo temevo. Quando superavo la porta del suo personale maniero gotico-fantastico – la sua casa-studio di Giaveno – venivo investito da un turbine di sensazioni con tutti quei libri, quelle statue buddiste, quegli amuleti misteriosi, quei cimeli impressionanti che riempivano gli spazi della casa. Ne ero rimasto così colpito che gli acquistai subito un’incisione: sarà la prima opera di un grande artista della mia collezione!"

“Quali sono stati i più importanti lavori eseguiti negli ultimi anni?”

“Sono stati due. Nel 2013 ho preparato oltre 90 tele ad olio incentrate sul disagio mentale, delle quali 70 sono state esposte alla Mostra “Fuori dal Mondo” nel 2014 nella Reale Certosa di Collegno, che ha ospitato per 150 anni i malati psichiatrici, ottenendone un lusinghiero successo. L’altro tema che mi ha profondamente coinvolto è stato Pinocchio, da un’idea nata quasi per scherzo al bar con l’amico Antonio Attini, fotografo di fama internazionale. Pinocchio ho pensato di materializzarlo in un mondo allegorico dove avrei potuto esprimere al massimo il mio modus operandi metafisico. Quale migliore idea se non trasportare il Burattino più famoso del pianeta all’interno dell’Inferno dantesco? Così in 34 dipinti collegati ai canti danteschi ho inserito Pinocchio nelle vicende infernali del Pellegrino. Tale lavoro è poi stato esposto nei tre mesi estivi del 2016 al Museo del Parco di Collodi, dove ha avuto un notevole successo. In questo complesso lavoro sono stato supportato esotericamente da86OIl ricercatore spirituale, nonché scrittore e carissimo amico, Eugenio Dario Lai, che mi ha predisposto le 34 didascalie esoteriche che accompagnano le tele e Pinocchio in questo profondo viaggio iniziatico che è l’Inferno dantesco. Eugenio, a cui ho dedicato la copertina del suo libro dedicata al noto burattino, mi ha anche consigliato l’impostazione metafisica più congeniale per ogni tela per amplificare il valore trascendente delle tele che stavo realizzando. Una grande e impegnativa fatica che ci ha impegnato per mesi. E’ un artista che dipinge attraverso metafore. Le sue opere sono graffianti, ironiche e disperate. Sono sogni o incubi…”

"Ed  ora  quali sono i suoi programmi per il futuro?"

" Il sogno, ma anche il mio incubo che mi ossessiona da tempo, è quello di rappresentare l’Apocalisse in tutte le sue varianti più grottesche, più spaventose, più fantastiche. La fine del mondo si sta avvicinando ed io sono pronto a rappresentarla...

 

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Articolo pubblicato il 19/02/2018