L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Torino. 4 marzo 1848: Re Carlo Alberto promulga lo Statuto Albertino

Una ricorrenza significativa per la democrazia, vilmente dimenticata

Da qualche settimana è in corso la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Tra le tante litanie rovesciateci addosso dai politici, c’è una citazione che li accomuna: 4 Marzo. Infatti in tale data si terranno le elezioni politiche.

Non intendiamo entrare minimamente nel merito delle diatribe e tanto meno degli slogan. Ci sono già troppi quaquaraquà che starnazzano. Imbonitori ampiamente screditati e peripatetiche del vaudeville ci stanno affliggendo ogni giorno.

Vorremo solo ricordare e riflettere su una data di centosettant’anni or sono, il 4 marzo 1848.

Il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia concede ai propri sudditi la “legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia”; essa passerà alla storia come “Statuto Albertino”.

Tale documento diverrà, nel 1861, la prima Costituzione del Regno d’Italia. La concessione dello Statuto Albertino si inserì nel caotico contesto delle rivoluzioni del 1848-49 che squassarono l’Europa tutta, mettendo in crisi l’assetto politico-istituzionale uscito nel 1815 dal Congresso di Vienna.

Ai principi della Restaurazione si contrappose infatti la volontà della borghesia di avere un ruolo politico attivo nella sfera di governo e dunque di sostituire il principio assolutistico dell’origine divina del potere con quello liberale del merito e della responsabilità.

Il 4 marzo 1848, nel nostro Piemonte, facente parte del glorioso Regno di Sardegna, segnò l’avvio della democrazia, con la concessione del diritto di voto. Diritto poi esteso nel 1913 e nel 1919 da Giovanni Giolitti, sino al compimento del suffragio universale che ha contemplato il diritto di voto anche per le donne, garantito dal decreto legislativo luogotenenziale nº 23 del 2 febbraio 1945 firmato da Umberto II° di Savoia.

Purtroppo furono sacrificate le variegate istanze federaliste sostenute principalmente da Vincenzo Gioberti, Cesare Balbo e Bettino Ricasoli, i maggiori e noti studiosi ed esponenti politici, portatori di una scia di pensiero già radicata nell’ottocento, che se inserita nell’architettura costituzionale, avrebbe potuto evitare la crisi dello stato Liberale degli anni ’20 e altre pagine nefaste della Storia del secolo XX°.

Il quarantotto italiano fu complesso ed eterogeneo, ma, nei fatti, sancì l’affermazione delle lotte per l’istituzione di regimi liberali e costituzionali.

L’esplosione del malcontento popolare portò alla concessione di Costituzioni anche nel Regno borbonico e in Toscana. A Milano gli Austriaci furono cacciati, a Venezia e Roma vennero addirittura proclamate effimere repubbliche.

Ben presto però, gli Austriaci ripresero il controllo dei territori italiani e i sovrani dei vari staterelli ritirarono le concessioni fatte.

L’unico documento di portata costituzionale a sopravvivere all’ondata reazionaria fu appunto lo Statuto Albertino. Così, durante gli anni Cinquanta dell’ottocento, il Piemonte sabaudo fu il punto di riferimento di vasti settori del movimento patriottico italiano, sino a divenire il nucleo aggregante della futura nazione unitaria.

La centralità formalmente attribuita al monarca fu poi appannata da una prassi costituzionale improntata alla logica del parlamentarismo, che spostò l’esercizio del potere esecutivo dal re a un governo collegiale, presieduto da un presidente del Consiglio dotato di credito presso la maggioranza dei deputati: dipendente, quindi, non dall’arbitrio del sovrano bensì dalla fiducia della Camera dei Deputati.

Già risolutamente avviato da Cavour, questo processo di parlamentarizzazione della forma di governo si rafforzò nei decenni successivi all’unità d’Italia.
Svuotato totalmente di significato dall’avvento del fascismo, lo Statuto rimase formalmente in vigore fino alla promulgazione dell’attuale Costituzione repubblicana nel 1947.

Gli 81 articoli dello Statuto Albertino costituiranno il modello di tutte le future costituzioni.

Il testo che istituisce il bicameralismo, sancisce il principio dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Un passo dopo l’altro che è riuscito a coinvolgere i vari regni d’Europa, che si sono evoluti portando il diritto dove prima vi era solo assolutismo.

La speranza dunque è che questo anniversario, che, seppur obliato, ancora una volta rende onore alla nostra città, ci ricordi, ove ce ne fosse bisogno, che Torino, è stata la culla dello Stato moderno e del suo diritto.

Cerchiamo dunque di esserne fieri e facciamo sì che tale orgoglio, anche in questo contesto ove prevale la desolazione per la pochezza nella conduzione della Res publica, possa mantenere vivo, nel nostro futuro, almeno il baluardo della democrazia e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Francesco Rossa
Direttore Editoriale
Civico20News.it

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 18/02/2018