Libera Massoneria in libero Stato

A Sanremo il 24 Febbraio un incontro pubblico con il Gran Maestro della Gran Loggia d'Italia Prof. Antonio Binni

Riportiamo, su gentile concessione del Suo Autore, un articolo del prof. Aldo Mola pubblicato sul Giornale del Piemonte e della Liguria.

 

                                 

di Aldo A. Mola                              

 

Poche ma chiare parole come antidoto alla fobia clerico-partitica dilagante contro la Massoneria. L'articolo 18 della Costituzione recita: “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati dalla legge penale”. L'articolo 49 aggiunge: “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

La libertà di associazione è tra i Diritti e doveri, quella dei partiti compare nei Rapporti politici. Viene dopo. Se è ovvio, dunque, che le associazioni criminali siano vietate, lo è altrettanto che per poter contribuire a determinare la politica nazionale i partiti debbono superare un controllo di “democraticità” a opera di Autorità superiori e indipendenti, non asservite a governi transeunti né formate dai partiti stessi (come è in parte la Corte Costituzionale, politicamente rilevante a tempi alterni).

“Metodo democratico” significa infatti che i partiti aspiranti a svolgere il ruolo loro affidato dalla Costituzione devono anzitutto condividerne e rispettarne i principi fondamentali. Il controllo pubblico sui partiti, tuttavia, non è mai stato effettuato in un Paese che aveva forze politiche sovversive colluse con potenze straniere dichiaratamente nemiche dell'Italia, come fu il Partito comunista italiano, succubo dell'URSS. Vari suoi militanti vivevano all'estero e dall'estero tramavano contro la Patria.

Anche oggi sono in campo movimenti politici che calpestano le libertà fondamentali dei cittadini e discriminano i loro iscritti e candidati in ragione dell’esercizio di un diritto civile costituzionalmente riconosciuto. È il caso del Movimento 5 Stelle che ulula contro i suoi militanti iniziati in logge massoniche.

E allora? Delle due l’una: o il Movimento 5 stelle prova, documenti alla mano, che quei militanti hanno commesso illeciti  in ragione della loro appartenenza alle logge oppure esso non ha titolo per concorrere a determinare la politica nazionale, giacché conculca l’esercizio della libertà d’associazione  garantita a tutti i cittadini: quindi anche ai propri iscritti.

Tertium non datur, giacché – il dilagante isterismo da campagna elettorale impone di ricordarlo – essere massoni non è reato (e non lo sarà fintantoché certi movimenti politici la cui democraticità è tutta da verificare resteranno lontani dal potere e dall'imporsi come nuova oclocrazia: dittatura della piazza o della “piattaforma Rousseau”: simile a un patibolo, come ognuno ormai vede).

Non è qui il caso di mettere in campo la fatuità delle amministrazioni pentastellate di Torino e di Roma né la storia di questa o quella Comunità liberomuratòria o di suoi esponenti apicali. I diversi Ordini massonici ne hanno avuti di ottimi e di meno buoni. Il Grande Oriente d'Italia, per esempio, contò su Giordano Gamberini (il vescovo gnostico che promosse la Bibbia Concordata) ma ebbe anche il transfuga Giuliano Di Bernardo, unto non solo dal Grande Architetto ma anche da Londra.

Il tema è altro e più alto. Sono in discussione i diritti civili. Lo Stato d'Italia è nato all'insegna delle libertà e deve andare orgoglioso dei suoi padri fondatori: Carlo Alberto, Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi, “primo massone d'Italia”, Crispi e Zanardelli (i due massoni che in Italia  abolirono la pena di morte con un secolo di anticipo rispetto a Francia, Gran Bretagna, Santa Sede...)

Il nazional-fascismo nel 1924-1929 saldò due anelli di una stessa catena: l'annientamento della massoneria e i patti lateranensi col Vaticano. Quella catena è corta e tira ancora, come si dirà nel convegno al Casinò di San Remo (ore 17 del 24 febbraio p.v.), con la partecipazione del gran maestro della Gran Loggia d'Italia, Antonio Binni, del saggista Dario Fertilio e di Marzia Taruffi. Mussolini andò a rimorchio della Terza Internazionale di Lenin.

Con il crollo del regime (opera di Vittorio Emanuele III, non degli allora pressoché inesistenti partiti antifascisti) tornarono a galla i vari De Gasperi, Togliatti, Nenni, Croce, ecc., con tutti i loro pregiudizi antimassonici. Conoscevano o no l'opera della Libera Muratoria in Europa, nelle Americhe, nell'Europa orientale (Russia compresa) prima della devastante rivoluzione bolscevica? Sapevano della Turchia del Fratello Ataturk?

Resta che la Costituzione della Repubblica non proibisce affatto la massoneria. Vieta invece i partiti antidemocratici. Tali sono quelli che mettono alla gogna i massoni. È il caso di tanti che si dicono Liberi e Uguali ma corrono dietro ai fantasmi antimassonici della vetero clericale Rosi Bindi, digiuna di storia, come si evince dalla pochezza scientifica dell’inchiesta su mafia e massoneria, da lei orchestrata quale presidente della Commissione parlamentare antimafia.  

Ma, dirà qualcuno, i massoni sono “scomunicati”. Da chi? Nello Stato d'Italia ogni associazione è libera di accordare o interdire l'uso di riti e costumanze secondo quel che meglio crede. La chiesa cattolica è liberissima di ammettere o meno divorziati astinenti, eretici e miscredenti al banchetto eucaristico e di escluderne quelli che meglio crede.

È un affare suo che nulla ha da che vedere con la libertà dei cittadini: conquista costata secoli di martiri (Arnaldo da Brescia, Fra Dolcino, Giordano Bruno, Tommaso Campanella...) nonché  reciproci massacri tra volonterosi cristianicidi di varie tendenze e confessioni (dagli ariani, agli evangelici, ai riformati...), cessati solo quando lo Stato si erse a garante della libertà di vivere in pace. 

Il nodo da sciogliere oggi è solo ed esclusivamente costituzionale e politico. Non hanno titolo a rappresentare i cittadini movimenti e partiti che vietano ai loro iscritti e o candidati l'appartenenza ad associazioni non vietate dalla legge penale. Diversamente sono quei partiti e movimenti a costituire minaccia per la democrazia. I comici vanno bene a teatro e i loro discepoli faranno bene a studiare e a cercarsi un mestiere.

Gli elettori sono avvertiti. I regimi totalitari, di vario colore, dopo aver calato le unghie sui massoni misero alla gogna gli ebrei, i rotariani e via continuando sino alla forma dello Stato,  ora vacillante perché il vicario del Presidente della Repubblica, fa il gra(da)sso a capo di una fazione anti-governativa, seguito a ruota dalla presidente della Camera: un precedente allarmante per l'equilibrio dei poteri. Ora l'Italia non può permettersi il lusso di buttare via le libertà costate secoli. Le libertà dei cittadini oggi garantite dalla Costituzione, sulla scia dello Statuto Albertino,  non sono “nate dalla resistenza”. 

Arrivano da Umanesimo e sette ereticali del Tre-Cinquecento, da Illuminismo e Risorgimento, dal “gran partito liberale” dell'Otto-Novecento che saldò l'Italia con i Paesi più civili del pianeta. Il voto è lo strumento a disposizione dei cittadini per difendersi dagli aspiranti tiranni. Qui non è in causa la massoneria: è in discussione la libertà.

Gli elettori decideranno se l'Italia è ancora un Paese dell'Occidente o uno stato teocratico, fondamentalista, liberticida. Dopodiché non saranno solo i giovani ad andarsene. Il precedente è lo stoicismo, prima che arrivassero i barbari, le loro superstizioni e il regresso. L'alternativa alla tirannide sono l'emigrazione e, a ultimo, il suicidio per dignità (“Non duole...!” disse la matrona Arria Maggiore porgendo il ferro al marito affinché si trafiggesse a sua volta). Ma prima v'è spazio ancora per dire la propria. Col voto, il 4 marzo. 

 

 

Aldo A. Mola

 

 


Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 18/02/2018