Il carro armato De Luca sulla campagna elettorale. Il governatore mostra i muscoli in video e passa all'offensiva.

Campania decisiva per le sorti elettorali. M5s riprende fiato, Grasso si infuria. E il Pd rimane con le mani legate.

"Andremo avanti a carro armato". Detto, fatto. Vincenzo De Luca appena sabato aveva promesso (o minacciato, a seconda dei punti di vista) che avrebbe asfaltato critiche e oppositori: "Vi faremo ringoiare tutto". Lunedì eccolo in un video sulla sua pagina Facebook fare la faccia dura. Durissima. "Contro di noi è stata messa in piedi un'operazione camorristica", "Siamo noi i partigiani", "Non è giornalismo, è solo vergogna", "Manovre per condizionare le elezioni" sono solo alcuni dei passaggi chiave di un filmato in cui tutti i muscoli per i quali è diventato celebre vengono messi in bella mostra.

Una controffensiva in piena regola. Che imbarazza il Partito democratico e scatena gli avversari politici. Perché la vicenda del sistema di potere deluchiano, che sulle cronache nazionali aveva per anni assunto una sfumatura quasi folkloristica, sta assumendo dei risvolti drammatici.

 

E su di essa si potrebbe giocare una fetta importante delle elezioni. I collegi in bilico nel Mezzogiorno sono tanti. Spesso contesi proprio dal Pd al centrodestra e al Movimento 5 stelle. Ed è per questo che il Partito democratico si trova in forte imbarazzo.

"In questa fase attaccare De Luca significherebbe attaccare noi stessi", ammette uno dei colonnelli Dem da sempre considerato un oppositore del governatore. Così dai Dem, oltre a dichiarazioni di circostanza, nessuno si smarca apertamente da Vincenzo e dai figli. Paolo Siani, che a Repubblica è stato l'unico a martellare sulla "politica" che non è un sistema famigliare" a Napoli e dintorni è considerato poco più che "rappresentativo di se stesso e della sua storia".

 

Non è passata inosservata nel capoluogo partenopeo la linea tenuta da Matteo Renzi. Iper garantista sul profilo penale. Assolutamente muta sui tanti elementi di opportunità politica su cui pure molto ci sarebbe da dire. La segretaria regionale del partito, Assunta Tartaglione, si è affidata a un laconico "Le dimissioni di Roberto De Luca sono un gesto di serietà, che va a tutela del Partito democratico e che consente allo stesso De Luca di difendersi nel modo migliore dalle accuse che gli vengono rivolte".

Le dimissioni non sono state protocollate negli uffici del Comune di Salerno fino a tarda sera. Poi De Luca jr. le pubblica su Facebook: "Come annunciato, oggi ho provveduto a formalizzare, tramite posta certificata, la remissione del mio mandato assessorile".

La formula usata dal giovane assessore al Bilancio nella lettera è quella più sfumata di "remissione delle deleghe". "Non si capisce bene cosa significhi", ammette anche Roberto Celano, consigliere di Forza Italia in città.

Il sindaco Vincenzo Napoli ha messo le mani avanti. "Tratterrò le sue deleghe, e mi riservo di parlare con lui nei prossimi giorni per chiarire i termini delle sue determinazioni". Tradotto: nessun nuovo assessore in giunta fino al chiarimento con Roberto, del quale lo stesso Napoli ieri si è detto sicuro della "totale estraneità" a qualunque ricaduta sul profilo penale. Chiarissimo il secondo livello di lettura, quello politico, che si cela a fatica dietro al profilo istituzionale: aspettiamo il 5 marzo e, passata la tempesta, si vedrà il da farsi.

Il muso duro di De Luca padre ha tuttavia ridato fiato agli avversari politici. I parlamentari M5s Angelo Tofalo e Andrea Cioffi hanno guidato un sit-in sotto il municipio. L'escalation 5 stelle contro il presidente della Campania è stato rinfocolato dalla sfida lanciata da Vincenzo a Di Maio per un dibattito pubblico.

 

Alessandro Di Battista lo ha bollato come un "poverino con la bava alla bocca". Il frontrunner ne ha chiesto le dimissioni tentando di trovare scoperti i Dem su un loro storico cavallo di battaglia, la questione morale: "Il Pd ha rottamato la questione morale di Berlinguer, De Luca si dimetta". Il dato comunque è incontrovertibile: dopo alcuni giorni di passione sulla vicenda rimborsopoli, il caso della dinasty deluchiana ha ridato fiato alle trombe 5 stelle.

Ma il calore della contesa diventa ancor più incandescente guardando a sinistra. Perché Il governatore ha preso di petto Pietro Grasso: "Ho visto le sue dichiarazioni. C'è da vergognarsi, non una parola sui camorristi. Un finto moralismo da quattro soldi. Sfido questo nostro amico in diretta su tutti i temi della moralità pubblica". Scatenando la furia del presidente del Senato: "Non cado nelle provocazioni, la moralità o la si ha o non la si ha". E ha convocato a Napoli una manifestazione "per rivendicare il primato di una politica indisponibile a qualsiasi contatto con affaristi e criminali, una politica pulita che lotta per il benessere dei cittadini".

In questo menar di clave, fa rumore il silenzio di Forza Italia. La portavoce azzurra, Mara Carfagna, una storia tutta innestata sul tessuto politico campano, si è accuratamente tenuta al largo dalla vicenda. Nell'ultima dichiarazione rintracciabile sulle agenzie assicura alla Bbc che "Forza Italia è la garanzia migliore per i partner internazionali".

 

E si va avanti così da venerdì, vale a dire dal giorno dell'esplosione della vicenda. A distinguersi, solo un timido Stefano Caldoro, storico oppositore regionale dell'ex ministro: "Sono garantista con De Luca junior. Noto però che le azioni messe in campo dalla Regione, su rifiuti e depurazione, stanno inconsapevolmente ma apertamente favorendo i traffici dei truffatori e dei camorristi". Nulla più. Le interpretazioni vanno dal più maligno "se si scoperchia il vaso, ne vengono fuori delle belle e sono tutti coinvolti", al più pacato "il Nazareno in Campania non si è mai concluso, è un sistema di potere complessivo, basta vedere gli incastri delle candidature".

Rimane il fatto che il 23 febbraio proprio Silvio Berlusconi è atteso a Napoli, per un comizio al teatro Augusteo. Perché la partita delle politiche si gioca tutta nel Mezzogiorno. Da come andrà a Sud del Vesuvio, si capiranno i destini della prossima legislatura. E il carro armato di De Luca rischia di travolgerli. Resta da vedere chi rimarrà stritolato dai cingoli.


huffpost.it

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Articolo pubblicato il 20/02/2018