27 Febbraio 380 - L’Editto di Tessalonica.

Il Cristianesimo, secondo i canoni del Credo niceno, diventava religione di Stato, coloro che non avessero aderito sarebbero stati considerati «eretici» e perseguiti.

Dopo l’Editto di Milano con cui Costantino aveva proclamato il Cristianesimo religio licita il numero dei cristiani era andato aumentando. Nella Chiesa, tuttavia, erano anche aumentate le eresie, specialmente sui temi cristologici, creando un clima che spesso sfociava in vere e proprie violenze.

Mentre in Occidente prevalevano i seguaci dell’ortodossia come stabilita dal Credo Niceno, in Oriente era ancora molto diffuso l’arianesimo.
Dal nome del suo fondatore Ario (256-336), l’arianesimo sosteneva che nella Trinità divina soltanto il Padre può considerarsi veramente Dio, non generato e non creato, mentre il Figlio, intermediario tra Dio e il mondo, era stato creato dal nulla. In definitiva il figlio era dissimile ed inferiore al Padre in natura e dignità, in quanto creato e generato dal Padre stesso prima di tutti i tempi.

Ci fu un tempo, infatti, - affermava Ario – in cui il Figlio non esisteva. La logica conseguenza era che l’unico vero Dio, eterno e immutabile, era il Padre. Per cui non si poteva ammettere che Cristo, sua creatura umana, condividesse la natura divina del Padre, perché ciò avrebbe significato anche ammettere una pluralità di esseri divini e ritenere divisibile la stessa natura divina.

Condannato dal concilio ecumenico di Nicea (325) che stabilì la consustanzialità del Figlio di Dio al Padre, questa dottrina teologica venne proibita e i suoi seguaci esiliati da Costantino. In seguito, però, ritornò in auge in Oriente sotto l’imperatore Costanzo II (350-361), figlio di Costantino, e con Valente (364-378).

Con l’avvento di Teodosio, di fede nicena, nella parte orientale le cose cambiarono radicalmente. Questi, infatti, insieme agli imperatori occidentali Graziano e Valentiniano II, diede inizio ad una decisa lotta contro l’arianesimo.

Il 27 febbraio 380 venne reso noto l’Editto di Tessalonica, conosciuto anche come Cunctos populos, promulgato dagli imperatori Graziano, Valentiniano II e Teodosio, con il quale il Cristianesimo diventò la sola religione accettata nell’Impero. Tutti i sudditi erano invitati «a perseverare nella religione trasmessa dall’apostolo Pietro ai Romani […] professata dal pontefice Damaso, e da Pietro, vescovo di Alessandria».

Il Cristianesimo, secondo i canoni del Credo niceno, diventava, così, religione di Stato, mentre coloro che non avessero aderito ad essa sarebbero stati considerati «eretici» e perseguiti. Questo il testo dell’Editto:

GLI IMPERATORI GRAZIANO, VALENTINIANO E TEODOSIO AUGUSTI. EDITTO AL POPOLO DELLA CITTA’ DI COSTANTINOPOLI.
Vogliamo che tutti i popoli che ci degniamo di tenere sotto il nostro dominio perseverino nella religione che san Pietro apostolo ha insegnato ai Romani, oggi professata dal pontefice Damaso e da Pietro, vescovo di Alessandria, uomo di santità apostolica; cioè che, conformemente all''insegnamento apostolico e alla dottrina evangelica, si creda nell’unica divinità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in tre persone uguali. Coloro che seguono questa norma verranno chiamati Cristiani cattolici, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste.

Come si vede, l’ultima parte dell’Editto conteneva la condanna degli eretici e l’annuncio di nuove misure per combatterli. Il termine di Chiesa sarebbe stato attribuito solo a quella cristiana cattolica, mentre altre comunità di credenti sarebbero state considerate, non solo fuori dalla legge divina, ma anche da quella dell’Impero.

Il Cristianesimo, diventando religione di Stato, avrebbe usufruito, in futuro dei mezzi repressivi dell'autorità statale.
Il testo dell’editto, preparato dalla cancelleria di Teodosio, riaffermava la validità del Credo niceno contro ogni forma di eresia e riconosceva alle sedi episcopali di Roma e Alessandria di Egitto un vero e proprio primato in materia di fede. 

Nel novembre sempre del 380 Teodosio si ammalò gravemente a Tessalonica.
Pensando di essere in punto di morte si fece battezzare, secondo il rito niceno, dal vescovo della città Acolio.
Ristabilitosi in salute, riprese la lotta alle eresie e si recò a Costantinopoli dove espulse il vescovo ariano Demofilo, sostituendolo con il cattolico Gregorio di Nazianzo.

A maggio dell’anno successivo Teodosio convocò, a Costantinopoli, un nuovo Concilio Ecumenico. I 150 vescovi delle diocesi orientali intervenuti, nei quattro canoni conclusivi condannarono l’Arianesimo, il Macedonianismo e l’Apollinaresimo (canone I), e accettarono la formula del vescovo Epifanio di Salamina di Cipro che, contro le teorie dei macedoniani, proclamava lo Spirito Santo «qui ex Patre procedit, cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur, locutus est per prophetas».

Tale formula venne unita al Credo di Nicea che, così, prese il nome di Credo Niceno-costantinopolitano. Con questa aggiunta si affermava la divinità, oltre che del Padre, anche del Figlio e dello Spirito Santo, richiamandosi alla formula dei Padri cappadoci «una sostanza, tre persone», espressa con la formula latina “una natura, tres personae ».

Nel Credo, inoltre, per la prima volta comparve il nome di Maria. Il Concilio riconobbe anche una posizione privilegiata al vescovo di Costantinopoli, elevandolo il suo vescovo alla dignità di Patriarca e collocandolo al secondo posto nell''ordine gerarchico dopo il vescovo di Roma (canone III).iudice Celeste.

 

tuttostoria.net

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 27/02/2018