Fermare la corsa alla bomba atomica in Medio Oriente.

Se l'Iran ha il permesso di arricchire l'uranio oggi, perché non dovrebbero farlo altri paesi in Medio Oriente?

Di tutti i difetti dell’accordo sul nucleare iraniano del 2015, quello forse più evidente era il pericolo che innescasse una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente. I fautori dell’accordo nucleare, come l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama, insistevano sul fatto che esso non avrebbe indebolito gli sforzi per la non proliferazione nella regione.

 

Ma nessuno di loro era in grado di rispondere a una semplice domanda: se all’Iran viene dato il permesso di arricchire l’uranio oggi, e di farlo ancora di più nel prossimo decennio, perché non dovrebbero farlo altri paesi in Medio Oriente? Cosa rende l’Iran così speciale? Eppure si tratta di un paese responsabile della morte di soldati statunitensi in Iraq, sponsorizzatore di organizzazioni terroristiche in Libano e nella striscia di Gaza, un bellicoso aggressore che promette di “cancellare Israele dalla carta geografica” e che ora si sta radicando militarmente in Siria.

 

Premiando l’Iran, invece di penalizzarlo, l’accordo sul nucleare incoraggia l’aggressività iraniana. E i nemici dell’Iran non se ne staranno a guardare mentre Teheran si prepara per dotarsi di capacità nucleare.

Il principe ereditario saudita Muhammad bin Salman ha evocato lo spettro di una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente in una inconsueta intervista a un’emittente americana. Alla domanda di Norah O’Donnell della CBS se l’Arabia Saudita ha bisogno di armi nucleari per contrastare l’Iran, bin Salman ha risposto: “Se l’Iran dovesse sviluppare una bomba nucleare, noi ne seguiremmo immediatamente l’esempio”.

 

Il principe saudita ha anche paragonato l’ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema del regime iraniano, ad Adolf Hitler. “Molti paesi in tutto il mondo e in Europa – ha detto – non si resero conto di quanto fosse pericoloso Hitler fino a quando non accadde quel che accadde. Non voglio vedere gli stessi eventi accadere qui in Medio Oriente”.

Non è un segreto che i sauditi si oppongono all’accordo sulle armi nucleari iraniane, almeno nella sua forma attuale. Sono particolarmente scottati dal trattamento preferenziale che l’accordo offre agli iraniani. Il che è emerso chiaramente durante i negoziati del mese scorso tra l’amministrazione Trump e l’Arabia Saudita per contratti del valore di miliardi di dollari con le aziende americane dell’energia atomica.

Durante le trattative, i sauditi hanno chiesto come mai loro dovevano aderire alle restrizioni previste dalla “Sezione 123″ della legge statunitense sull’energia atomica, che consente l’accesso alle tecnologie americane a condizione che ci si astenga dall’arricchire l’uranio, mentre agli iraniani viene consentito di far funzionare migliaia di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.

I sauditi non sono i soli a contestare il trattamento preferenziale riservato all’Iran. Gli Emirati Arabi Uniti hanno stipulato con gli Stati Uniti nel 2009 un accordo basato sulla “Sezione 123”, uno dei più severi mai sottoscritto. Quando, sei anni dopo, venne portato a termine l’accordo con l’Iran, l’ambasciatore degli Emirati a Washington disse al Congresso che il suo paese “non si sentiva più vincolato” dalle disposizioni che impedivano agli Emirati Arabi Uniti l’arricchimento.

L’amministrazione Trump, che ha ereditato da Obama l’accordo sul nucleare iraniano, si trova ora di fronte a una potenziale corsa agli armamenti nucleari. Prevenirla comporta affrontare le preoccupazioni dei sauditi, degli Emirati e di altri paesi. Per inciso, anche Israele condivide queste preoccupazioni.

Vi sono quattro questioni principali che devono essere affrontate, alcune già incluse nell’accordo sul nucleare, altre no: 1) la ravvicinata data di scadenza di alcune restrizioni sul nucleare iraniano; 2) le regole troppo permissive circa le ispezioni ai siti militari iraniani; 3) lo sviluppo di missili balistici da parte dell’Iran (non vietato dall’accordo); 4) l’attività destabilizzante dell’Iran nei paesi del Medio Oriente, dall’Iraq al Libano, alla Siria, allo Yemen, dove i sauditi sono direttamente coinvolti (anche questa non contemplata nell’accordo).

Bisogna convincere Germania, Francia e Gran Bretagna della necessità di stringere le restrizioni sull’Iran, e utilizzare la minaccia di nuove sanzioni come mezzo per scoraggiare il suo aggressivo espansionismo.

 

Se gli Stati Uniti continueranno a concedere un trattamento preferenziale all’Iran per quanto riguarda le sue attività nucleari mentre esigono una rigorosa aderenza alla non proliferazione da parte degli altri, i sauditi e gli Emirati finiranno col rivolgersi a Russia e Cina, paesi che non si fanno scrupolo di fornire know-how nucleare se pagato a buon prezzo.

 

Non imporre ulteriori restrizioni all’Iran non farebbe che spingere paesi come l’Arabia Saudita in una corsa agli armamenti nucleari che potrebbe avere conseguenze disastrose.

 

Da: Jerusalem Post

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Articolo pubblicato il 21/03/2018