Il Bel Paese degli ergastolani.
Barbara Balzerani (foto d'archivio Corriere Roma)

Delinquenti che si aggirano liberi per l'Italia.

Sono tanti i condannati all’ergastolo che passeggiano liberi e tranquilli per le strade della penisola. Vengono invitati ed ascoltati in televisione, scrivono libri che presentano nei centri sociali, fanno conferenze nel corso delle quali insultano i figli di coloro che hanno ucciso. Poi trovano limitativo essere definiti solo “compagni che sbagliano” e chiedono di essere considerati nientemeno che la controparte di uno stato oppressore e corrotto.

 

In questo sono confortati dal comportamento e dalla ragion di stato di una sinistra politicamente corretta, che li ha lasciati liberi per evitare di andare a fondo sulle ombre che avvolgono le loro azioni criminali.

 

Ancor oggi si avvalgono di un sostegno che non viene loro negato da una parte della sinistra. Circolano pertanto in Italia ergastolani nazionali e da qualche tempo, quello del delirio accogliente dei Bergoglio e delle Boldrine, anche ergastolani provenienti da altre nazioni del mondo.

 

Il proliferare di delinquenti ed assassini assortiti, lasciati liberi di fare i loro comodi dopo una condanna all’ergastolo, ha dei buoni patroni. Sono i “beati cottolenghi” della delinquenza e portano i nomi di Pannella, Gozzini, Manconi e del suo cofondatore del circolo “nessuno tocchi caino” noto come il buon d’Elia.

La rappresentante più illustre della categoria degli “ergastolani nazionali liberi” (ENL) è senz’altro la brigatista comunista Barbara Balzerani (foto a lato), condannata a ben sei ergastoli per l’eccidio di via Fani ma liberata nell’anno 2006 grazie anche alla legge Gozzini (è ancora in vita costui?) che mette in primo luogo il recupero sociale del condannato. Con la buona donna sono stati lasciati liberi dopo pochi anni, sempre per evitare che parlando diradassero le ombre che avvolgevano (ed avvolgono ancor oggi) l’eccidio di via Fani e la tragica fine di Aldo Moro, tutti  gli altri brigatisti rossi condannati a suo tempo all’ergastolo.

 

Nei giorni scorsi, una retata messa in atto a Zingonia dalla forza pubblica, per neutralizzare una organizzazione di spacciatori di droga extracomunitari, ha scoperto tra gli altri delinquenti, un marocchino di 37 anni, tale Mostafa El Hassouny. L’individuo, ricercato per una serie di stupri su minorenni, viveva infrattato come un topo in Italia, dove era latitante dal 2012. Era stato definito dall’Interpol “un criminale pericoloso ed efferato” e nel suo paese era stato condannato all’ergastolo.

 

Ora i sinceri democratici ed i “nessuno tocchi caino” di Manconi e d’Elia si mobiliteranno per evitare che Mostafa venga estradato nel suo paese, il Marocco. Temono che laggiù lo stupratore seriale debba davvero scontare l’ergastolo e non solo i benevoli dieci anni previsti dal nostro ordinamento giudiziario. Questi cari buonisti non si domandano, ma lo facciamo noi al posto loro, quanti altri ergastolani del terzo mondo, africani o magrebini, scesi dalle imbarcazioni che hanno raggiunto l’Italia e mantenuti senza documenti dagli ultimi governi, si aggirino liberi di delinquere nel nostro paese.

 

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Articolo pubblicato il 26/03/2018