Uno, nessuno e centomila

Una rivisitazione letteraria del Limbo in cui languisce l'italica Politica

Il sommo poeta Dante Alighieri, in procinto di principiare l’ “oscura e profonda” sua discesa agli inferi, nuovamente ci fornisce un utile abbrivio per tentar di descrivere le sospese e camaleontiche dinamiche politiche in essere.

Ruppemi l’alto sonno nella testa un greve truono, sì ch’io mi riscossi, come persona ch’è per forza desta”

Infatti, dopo il tutto sommato agevole accordo raggiunto per l’elezione dei Presidenti di Camera e Senato, paiono a tratti nuovamente riemergere le divergenze (vere o millantate che siano) fra Lega e Movimento 5 Stelle.

E l’occhio riposato intorno mossi, dritto levato, e fiso riguardai per conoscer lo loco dov’io fossi”…

Appunto. Staremmo parlando degli alti consessi ove si esercita la nostra vieppiù logora Democrazia, e il luogo meriterebbe modi e atteggiamenti acconci, oltre che profonde e trasversali competenze, non disgiunte da specchiati carismi politici, trascendenti il mero utilitarismo partitico.

Oggi però assistiamo a un conturbante tête-à-tête fra (semi)vincitori, contraddistinto dagli alti e bassi di un tira e molla (come ovvio, forgiato “in lega pentastellata”) che, a dispetto delle granitiche promesse formulate ai rispettivi elettorati, ondeggia in un balletto dalle movenze antitetiche (flat tax o reddito di cittadinanza? “That is the question”).

Invalso come le predette siano due misure ontologicamente incompatibili, e questo a prescindere da ogni ulteriore considerazione concernente le coperture, anche singole.

Incompatibili e specchio, peraltro, di formae mentis alquanto differenti, così come sono diverse – per collocazione geografica e politica – le due Italie emerse in modo lapalissiano dalla tornata elettorale dello scorso 4 Marzo.

Le prime consultazioni prenderanno avvio Mercoledì prossimo. I due azionisti di maggioranza della novella XVIII Legislatura, Matteo Salvini e Luigi Di Maio saliranno dunque al Colle, contendendosi vicendevolmente la Presidenza del Consiglio con un “Or discendiam qua giù nel cieco mondo […], io sarò primo e tu sarai secondo”.

Dove, per la verità, le rivendicazioni maggiori in questo senso sembrano provenire piuttosto dal manipolo dei grillini, forse un po’ imbaldanzitisi dopo il voto che – come la dantesca favilla della Superbia – ha giustappunto i loro cuori accesi.

Sullo sfondo, le disiecta membra dei partiti usciti sconfitti, impegnati ora in un regolamento di conti interno che pare letterariamente accomunarli ai capponi di Renzo, i quali – povere bestie – “s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura”.

E, permanendo nel medesimo locus narrativo, giustappunto al ruolo di Azzeccagarbugli dovrà assurgere il Presidente Mattarella, impegnato in un’alacre e insidiosa conta sul pallottoliere instabile delle sante (o meglio, delle diaboliche) alleanze spicce.

Dunque, “andiam (sottinteso, al Quirinale), chè la via lunga ne sospigne”…, meccanicamente mossi dall’ostinata e residua speranza stante la quale, tra le fila delle delegazioni, possa albergare ancora “gente di molto valore […] che ’n quel limbo eran sospesi”.

Insomma, moderni spiriti magni, personaggi capaci di smentire l’avvertimento avanzato a Dante dal “duca” Virgilio, per cui ”dinanzi ad essi spiriti umani non eran salvati”.

Nondimeno, i prodromi sin qui analizzati non spiccano per essere così beneauguranti e tra gli augusti e imporporati scranni parlamentari (spesso e volentieri consesso di vacua retorica e non già “filosofica famiglia”), si fatica a scorgere un “maestro di color che sanno”…, per l’appunto capace di condurre le paludate Istituzioni nazionali al di fuori del Limbo ove risultano essersi (di nuovo) arenate.

Manca, onestamente, una visione di lungo periodo e di ampio respiro, che sia consapevole del Passato (con i suoi successi – da ripetersi – ma anche con il suo greve bagaglio di errori) nonché della propria Storia, quest’ultima articolata in un ordito meno banale di quello dato dalla mera consecutio temporum.

Servirebbero infatti cultura, qualità morali e abilità pratiche, ovvero la “cotanta onranza” e “onrata nominanza” che Dante scorge giustappunto fra le anime (savie) confinate nel Limbo. Lì sospese, a differenza di tanta parte della nostra classe dirigente, non per aver vissuto e operato imbellemente o con neghittosità ma per l’incolpevole torto di aver mancato – in quanto pagane o nate in tempi anteriori – l’esperienza storica della Pasqua di Cristo.

Ritorna qui vieppiù l’argomento della conoscenza, perno e fondamento del discutere e poi del successivo deliberare.

Una conoscenza fondata su argomentazioni solide e comprovate, che echeggi – tanto in Gazzetta Ufficiale quanto nelle pieghe della società civile – come rigoroso cantus firmus, e non alla stregua di bisticciato vaudeville.

L’augurio (nuovamente portato avanti con cocciutaggine) si protende allora verso il Futuro, quello stesso Futuro su cui oggi la nostra Politica non sembra aver alcuna proiezione e lungimiranza.

Che esso possa ancora conoscere la quadrata integrità di personaggi come Orazio (autore delle Satire, opera difficilmente nota a comici e giullari d’oggidì…), come Ovidio (ideatore di quelle Metamorfosi che, nel titolo, richiamano il trasformismo e gli odierni cambi di casacca partitici…) e come Lucano (artefice dei Pharsalia, inerenti il decisivo scontro fra Cesare e Pompeo avvenuto a Farsalo eppure, di nuovo, occhieggianti nel titolo a certune farse contemporanee…).

Speriamo che il popolo italiano possa tornare a essere “sesto tra cotanto senno”…

Rifuggendo (sempre nel solco di questa continua rideclinazione letteraria) l’inconsistente inconcludenza di Vitangelo Moscarda, vanesio e camaleontico figuro su cui Luigi Pirandello ebbe giustamente a scrivere… “Uno, nessuno e centomila”…


Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 01/04/2018