Storia degli Stati Uniti d’America Da Jefferrson a Tramp

Fasti e nefasti della democrazia americana racconta da un grande scrittore Eric Foner vincitore Premio Letterario Pulitzer.

Il libro di Eric Foner “STORIA DEGLI STATI UNITI D’AMERICA” con la Postfazione di Alessandro Portelli, traduzione di Annalisa Merlino, pubblicato da Donzelli Editore ( rilegato pp. 431 16 ill.ni a colori e b/n  €36.00 (foto copertina),venne pubblicato venti anni or sono esattamente nel 1998, i tragici eventi dell’11 settembre 2001 dovevano ancora venire, e avrebbero ancora una volta riportato bruscamente in risalto la questione libertà al centro del dibattito politico americano. Da allora, è stato scritto un nuovo capitolo della storia della libertà americana.

 “Nessun’altra idea, più di quella di libertà, è così fondamentale per l’immagine che gli americani hanno di se stessi, come individui  e come nazione”. Queste parole aprono il magistrale ritratto degli USA che ha consacrato Eric Foner, Premio Pulitzer per la storia del 2011, come uno degli storici  più autorevoli del nostro tempo.

Il volume fa il punto della situazione dal quel fatidico giorno che ha cambiato la storia del mondo, fino ai giorni nostri. Nell’introduzione della  prima parte del libro – l’autore - dedica un ampio spazio all’esame del modo in cui l’esistenza della schiavitù ha prodotto una definizione di libertà ristretta dal punto di vista razziale, offrendo nello stesso tempo a coloro che si ritenevano esclusi dal godimento della piena libertà - lavoratori bianchi - che si lamentavano della “schiavitù del salario”, donne bianche che protestavano per la “schiavitù del sesso”- dedicando ad ognuno un linguaggio con cui esprimere le proprie rivendicazioni.

Foner,  fa poi ruotare attorno alla storia della libertà tre temi tra loro correlati è cioè: il significato di libertà, le condizioni sociali che rendono la libertà possibile e i limiti della libertà –  di chi ha il titolo a goderne.

Ovviamente nessuno studio di un argomento complesso e sfaccettato come quello relativo alla libertà può pretendere di essere definitivo.

Un libro di questo genere riflette inevitabilmente gli interessi personali dell’autore; un altro storico che scrivesse della storia della libertà produrrebbe senza dubbio un opera tutto diversa”.   

Dalla rivoluzione settecentesca ai giorni nostri, per gli americani la libertà è stata insieme una terra promessa e un campo di battaglia, il più forte legame culturale e la più pericolosa linea di tensione.

Gli Stati Uniti nascono con la dichiarazione che annovera la libertà tra i diritti inalienabili, poi in Costituzione si propongono di assicurarne a tutti i benefici; per essa, o contro di essa, è stata combattuta la Guerra Civile; in suo nome si è ripetuta la battaglia contro la schiavitù e l’apartheid.

Il Presidente Roosevelt nel 1940 tentò in vari modi di spiegare alla nazione americana cosa fosse in gioco nel conflitto mondiale per difendere la libertà, intervenendo con un aumento massiccio di aiuti militari concessi alla Gran Bretagna assediata. Nel suo appello  del 6 gennaio del 1941, Roosevelt, parlò in modo eloquente di un ordine mondiale fondato sulle “quattro libertà essenziali”: libertà di parola, libertà di religione, libertà del bisogno e libertà dalla paura.

Infine - scrive l’autore  nella nuova introduzione di questo libro per l’edizione italiana- la difesa della libertà anche al di fuori dei propri confini è stato il criterio ispiratore – e insieme lo schermo ideologico - della politica estera americana, dalla seconda guerra mondiale alla guerra fredda, da Cuba al Vietnam, dalla guerra del Golfo a quella della Siria.  

Oggi, il futuro della liberta americana rimane contestato e incerto, come in vari altri momenti del passato, molti americani continuano a credere che la politica le istituzioni del loro paese siano universali - vale a dire che  rappresentino un modello che le altre nazioni  dovrebbero emulare.  Nella postfazione di Alessandro Portelli, sottolinea dei limiti della libertà americana che non diventano per Foner l’occasione per una distruzione del mito americano, anzi contribuiscono piuttosto a rafforzare il senso di quanto centrale sia l’idea di libertà nell’identità di un paese che, pur nelle sue evidenti contraddizioni, non smette di cercarla.

Per richiamare la sensibilizzazione  e criticare la delocalizzazione della produzione industriale in paesi oltreoceano dove il costo del lavoro è più basso l’artista Hans Haacke ha trasformato l’onnipresente bambola Barbie in un’immagine della Statua della Libertà:”Barbie’s Liberty” (Fig.1).

“Le Libertà faticosamente conquistate non possono essere date per scontate”.  

Eric Foner è De Witt Clinton Professore di Storia americana alla Columbia University.Ha rivestito la carica di presidente dell’Organizzazione of American Historians, dell’American Association e della Society of American Historians e ha curato le grandi mostre sulla Guerra civile e sulla Ricostruzione. Inoltre al suo attivo annovera importanti libri.

 

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Articolo pubblicato il 05/04/2018