Macron: "En marche" sul treno dei desideri.

Le ragioni degli scioperi che stanno attraversando la Francia.

Que se passe-t-il en France qui agite tant les médias ? Quali provvedimenti intrapresi dalla vieppiù “En marche” Presidenza Macron echeggiano ultimamente così tanto sui giornali francesi e internazionali?

Trascorso ormai quasi un anno dall’insediamento, merita principiare la narrazione ricordando come il Presidente Emmanuel Macron sia stato eletto a larghissima maggioranza dai citoyens francesi, soverchiando Marine Le Pen con oltre il 66% delle preferenze.

A detta di molti, codesto indubbio risultato elettorale sarebbe ascrivibile – oltre alla volontà di arginare il Front National – anche a un ambìto e desiderato programma di riforme, finalizzato al recupero (vis à vis) delle quote di mercato perse dalla inaridita economia francese, nei confronti dei concurrents internazionali e mitteleuropei in particolare.

Il primo provvedimento intrapreso dal neo-Esecutivo ha inerito il Diritto del Lavoro (Droit du Travail). Con lo scopo di stimolare le nuove assunzioni si sono infatti varate specifiche norme “à l’avantage immédiat des entreprises (caratterizzate cioè da un vantaggio fiscale immediato per le imprese, specie se medio-piccole, le più numerose), così da agganciare il treno della ripresa continentale.

Tra l’altro, duole dover qui estrarre l’italico cahier de doleances (quaderno delle lamentazioni) significando come detto treno non abbia fatto apparentemente tappa in Italia…

Sarà stata forse colpa del macchinista…, o meglio degli ultimi quattro conducenti (Monti, Letta, Renzi e Gentiloni) che si sono succeduti alla guida del vapore senza peraltro aver prioritariamente conseguito l’apposito patentino/mandato da pilota/Presidente del Consiglio.

Una cosa è sicura: dal 2011 a oggi, gli Italiani non hanno certo omesso di pagare un caro e sudato biglietto/fio, stante l’oggettiva e non più tollerabile crescita dell’imposizione fiscale.

Aperta e chiusa parentesi, facciamo ora ritorno oltralpe. Alla vigilia si pontificava che i predetti desiderata presidenziali avrebbero riversato in strada schiere di lavoratori francesi, armatisi di forconi come ai tempi della Bastiglia pur di non ingollare codesto medicamento.

Invece, i numerosi tentativi di boicottaggio sindacale sono stati per la più parte ridimensionati, data anche la pochezza dell’ars oratoria dimostrata da Jean-Luc Mélenchon, principale esponente del partito di extrême Gauche.

Inoltre Macron e il suo entourage hanno saputo, con astuzia, far sedere attivamente  i sindacati al tavolo delle trattative, facendone così deflagrare le contraddizioni interne e, di fatto, asfissiandoli, in guisa dividi et impera. A questo si aggiunga altresì l’alacre ritmo di lavoro imposto, certo acconcio per un navigato banchiere formatosi all’ENA ma non certo precipuo di sindacalisti sinistrorsi e imbelli politici della Cinquième Republique.

Nondimeno, in occasione della dichiarata riforma della SNCF (Société Nationale des Chemins de fer Français, Società Nazionale delle Ferrovie Francesi, mastodontico carrozzone di Stato con oltre 450 000 dipendenti e 32 000 chilometri di linea gestiti – di cui 1500 chilometri ad alta velocità) i sindacati hanno messo in atto une grève perlée, ovvero uno sciopero cosiddetto a strascico.

Esso, principiato il giorno di Pasquetta, consiste giustappunto in 2 giorni di sospensione del lavoro, seguiti da 3 giorni di ripresa a cui nuovamente segue una protesta di 48 ore. E così via per almeno un mese.

All’uopo va qui precisato come il Presidente gaullista Nicolas Sarkozy, durante il suo mandato all’Eliseo, fosse giustappunto intervenuto sulla legislazione che regolamenta gli scioperi, obbligando i lavoratori a un minimo di servizio garantito e sancendo – aspetto non previsto ante legem – la decurtazione dei salari in base alle ore non lavorate.

Questo, come facilmente arguibile, ha determinato una significativa contrazione degli scioperi medesimi, con il conseguente diradamento dei manipoli di manifestanti. Cui, per reazione, i sindacati hanno cercato di por rimedio facendo scendere in piazza i pensionati i quali, in quanto quiescenti, risultano di concerto soggetti né a orari minimi da rispettare né a trattenute sull’assegno pensionistico.

Nelle intenzioni presidenziali, la riforma della SNCF dovrà compiersi prima che il mercato – come caldeggiato dall'Europa – si apra alla concorrenza dei privati, precludendo di fatto la possibilità di un'ulteriore ricapitalizzazione statale a copertura degli attuali 40 miliardi di euro di debito.

È dunque in corso un vero e proprio marchandage fra lo Stato e gli cheminots, ovvero il personale delle ferrovie. Tale trattativa punta a dissuaderli dall'offrirsi alla concorrenza, persuadendoli con l'argomento di un trattamento contrattuale lì meno vantaggioso.

La Germania, cui l'Esecutivo d'oltralpe guarda come a un modello, ha già produttivamente agito sull’analogo – in senso letterale… – carrozzone di Stato tedesco, tant’è che la società ferroviaria di trasporti Deutsche Bahn versa oggi in condizioni decisamente più floride, competendo sul mercato con tariffe concorrenzialmente interessanti.

In particolare, tra gli cheminots i conducenti godono di vantaggi precipui: nella fattispecie, l’opportunità di poter addivenire alla pensione non appena compiuti 55 anni d’età (retaggio storico dell’epoca in cui guidare le locomotive a vapore risultava effettivamente pénible e frustrante).

I desiderata del Presidente Macron, volti a uniformare il trattamento pensionistico in SNCF sopprimendo i privilegi, hanno come ovvio suscitato le ire del personale interessato. Questo nonostante la società ferroviaria sottoscriva ormai da 5 anni contratti di lavoro scevri dai sopraddetti benefici dello Statuto Sociale SNCF.

Comunque, almeno per quanto concerne  la settimana scorsa, l’adesione agli scioperi e gli echi da essi sortiti sono stati più evanescenti del previsto. Diverso lo scenario di questi ultimi giorni, caratterizzati da disagi e aspre manifestazioni di piazza.

A latere di quanto esposto poc’anzi, i pensionati (peraltro fra le categorie internazionalmente… più vessate dall’incremento della pressione fiscale) sono stati apertis verbis sospinti da un’ulteriore motivazione, se vogliamo dirimente. Trattasi della riforma delle cotisations sociales (contributi sociali) sui redditi, rimpiazzati dalla maggiormente esosa (+ 2%) CSG (cotisation sociale généralisée).

Nondimeno, per questi ultimi il conseguente e contestuale calo del potere d’acquisto risulterà a fine anno bilanciato dal generale contenimento delle aliquote sulla tax d’habitation (tassa di abitazione, equivalente alla TASI italiana), riduzione che interesserà l’80% dei cittadini francesi.

L’obiettivo conclamato del Governo mira dunque alla rivalutazione del potere d’acquisto dei lavoratori, tramite l’immissione di denaro fresco e sonante negli ancora claudicanti ingranaggi dell’economia francese. Nell’ambito di un contesto in cui, comunque, la Francia vient d’annoncer di non aver sforato la soglia del 3% del PIB  (Produit Intérieur Brut de la France) per quanto concerne il deficit delle finanze pubbliche.

Estremamente abile nel governare la comunicazione mediatica, Emmanuel Macron ha quindi saputo destreggiarsi con scaltrezza fra posizioni e intendimenti politici differenti.

Un po’ liberale e un po’ socialista: così come poc’anzi delineato, et en plus così come insito nella sua esperienza professionale e politica (banchiere Rothschild prima e Ministre de la Gauche dopo, in seno al Governo Hollande).

Afferente dunque a quel Liberalismo sociale, o Terza Via, messosi giustappunto “En Marche” e di cui il popolo francese (sanculotto e non) attende con necessità e trepidazione di conoscere i frutti.

Per recuperare quella grandeur ultimamente un po’ sbiadita, tanto in Patria quanto nei consessi europei.

Perché la Francia, storicamente rappresentata da un coq (gallo, eco etimologica dei suoi antichi abitanti, giustappunto i Galli), torni baldanzosa a cantare, con la cresta protesa verso l’alto  e – riadattando la nota asserzione – “avec les pattes enfin hors du bourbier” (con le zampe finalmente fuori dalla melma).


Quantunque il termine autoctono per definire il complemento di moto da luogo di cui sopra non fosse esattamente questo…

 

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Articolo pubblicato il 07/04/2018