Avviare un’impresa è ancora (purtroppo) un’impresa

Le priorità che la politca non potrà più ignorare

Italia al 46° posto al mondo per facilità ad aprire un’impresa. Non proprio una posizione invidiabile, per quanto in salita rispetto a precedenti rilevazioni, quella assegnata al nostro Paese dalla Banca Mondiale nella classifica 2018 dell’ “Ease of doing business”, indice che misura la facilità di aprire e condurre un’impresa in una nazione.

I motivi specifici sono molti, ma tra questi i più rilevanti risiedono nella regolamentazione relativa all’ottenimento di permessi di costruzione, all’accesso al mercato del credito, al pagamento delle tasse e all’esecuzione dei contratti. Per dirla in sintesi: troppa burocrazia, che soffoca lo spirito d’intrapresa. E, come sappiamo: più lungo è il tempo richiesto agli imprenditori per avviare un’attività, più basso sarà l’incentivo per realtà più produttive di entrare sul mercato.

Non che non si siano fatti dei passi in avanti, per citarne uno: la cosiddetta “Comunicazione Unica”, attivata grazie ad una riforma del 2010 del governo Berlusconi.

Un’altra riforma, effettuata un anno dopo, è andata a ridurre i tempi di acquisto delle licenze necessarie per condurre le attività d’impresa attraverso un’unica agenzia.

Le parziali riforme, comunque insufficienti quando si sia messi in confronto con gli altri Paesi, hanno incrementato le nuove realtà che riescano ad affacciarsi sul mercato.

Uno studio di Amici, Giacomelli, Manaresi e Tonello del 2015, “Red tape reduction and firm entry: evidence from an italian reform”, per Banca d’Italia, che rileva non solo un aumento nel numero di nuove aziende, ma anche un effetto positivo sulla selezione delle attività imprenditoriali stesse, che risultano avere una maggiore longevità.

Porre in risalto questi dati assume un particolare significato oggi, in cui la politica italiana si dibatte nelle difficoltà di trovare una maggioranza parlamentare a sostegno di un nuovo Governo.

Quella della sburocratizzazione, infatti, dovrebbe essere una vera priorità programmatica. Ben più rilevante, per la vita concreta dei cittadini, dello strumentale insistere sull’affaire vitalizi.

Occorre davvero “riformare per creare lavoro”. Non si può non partire dalla semplificazione dell’avvio d’impresa, che è la generatrice del lavoro.

Marco Margrita

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Articolo pubblicato il 18/04/2018