Non è forse vero che l’occhio del padrone ingrassa il cavallo?

Non mangi e ingrassi? Mangi (come un cavallo) e non ingrassi? Sei sballottato tra vari pareri a sostegno o smentita di questa o quella dieta? Ecco alcune informazioni alimentari tra luoghi comuni, curiose scoperte e semplici, pratiche suggestioni

Nella vita degli esseri umani l’unica certezza è che nulla è perfetto. Ciò si applica anche a tutte le teorie e pratiche relative all’alimentazione. Diete o cibi miracolosi, idee clamorose, esercizi fantastici, dopo l’entusiasmo iniziale e risultati che fanno ben sperare, lasciano spesso strascichi difficili da eliminare e soprattutto evidenziano un fondamentale stato di impotenza nel cambiare le cose. Ma è proprio così?

Prima di tentare una risposta a questa fondamentale domanda farò una “crociera di divertimento culturale” nel mare delle informazioni contraddittorie sull’argomento. Non cercherò di dare organicità all’esposizione perché non essendo né un esperto né un medico, non mi devo “curare” di ciò che non conosco. Quindi riferirò quanto leggerete sotto forma di chiacchiera da salotto, incurante della veridicità di quanto riportato, tanto ci penseranno gli addetti ai lavori a rettificare quanto incompleto o non corretto. Prendete nota quindi che tutto quanto leggerete deve essere preso con il beneficio del legittimo dubbio ed eventualmente usato dopo il vaglio di chi di dovere.

Cominciamo dal principio…………

Pare che fin dal suo apparire sulla terra, l’essere umano si sia reso conto che, per poter vivere sufficientemente a lungo, fosse necessario nutrirsi. Per farlo egli era spesso costretto a cacciare animali oppure cercare vegetali o frutta in posti anche molto distanti dal luogo e dal momento in cui aveva cominciato a sentire lo stimolo della fame. Non sempre l’azione di trovare cibo a sufficienza si concludeva positivamente e comunque, anche quando ciò avveniva, il bilancio tra energia introdotta nel corpo ed energia consumata per procurarsi il cibo si equivaleva e quindi occorreva provvedere in un ciclo continuo.

L’essere umano doveva correre dietro alla sua preda, arrampicarsi sugli alberi, scavare pozze per trovare l’acqua, attraversare ruscelli, superare asperità lungo il percorso per giungere al cibo; insomma avrebbe fatto meglio a starsene fermo e usare le sue energie di partenza per una proficua vita di ozio. Pare però che il programma di apprendimento di cui era fornito non glielo abbia consentito, e così, dopo millenni di equilibrismi tra modalità sul come procurarsi energia e come utilizzarla, siamo giunto ad oggi.

Attualmente lo sviluppo di tale gioco ha fatto sì che dall’iniziale consumo energetico equivalente a 300 watt giornalieri, l’essere umano si trovi oggi a consumarne circa 10.000; ed ecco che le cose si complicano. Infatti alcuni esseri umani non riescono a procurarsi abbastanza energia per vivere opportunamente mentre altri ne usano o sono costretti a usarne oltre misura.

E noi come siamo collocati in tale quadro generale?

Naturalmente siamo convinti di dover assolutamente mangiare nel modo che ci è proprio per poter sopravvivere, ci mancherebbe!

Ma ecco alcune strane informazioni:

  • si può sopravvivere senza cibo per molti giorni,

in alcune situazioni particolari addirittura per molti mesi

  • si può sopravvivere senza bere per alcuni giorni,

fino ad una settimana in caso di necessità

  • si può sopravvivere senza respirare solo per pochi minuti,

al massimo cinque o sei

  • non si può sopravvivere un solo istante senza pensieri,

perché vorrebbe dire assenza di attività cerebrale e quindi morte.

Queste poche righe evidenziano un primo messaggio; nelle priorità delle necessità energetiche per sopravvivere il cibo non è al primo posto per importanza, ma almeno al quarto.

Proseguiamo con altre informazioni ancora più strane:

l’intero mondo in cui abitiamo è costituito da una catena alimentare: mangiare o essere mangiati; e noi che posto occupiamo in questa catena? Esiste forse qualcosa o qualcuno che si ciba di noi?

Ogni regno della natura dovrebbe seguire la legge naturale cibandosi del regno che gli è inferiore: l’essere umano degli animali, gli animali dei vegetali, i vegetali dei minerali. E i minerali?

Abbiamo appena detto che l’essere umano dovrebbe cibarsi degli animali che sono il regno naturale inferiore, ma è proprio così? Proviamo a riflettere su quanto pensiamo al riguardo ponendoci la seguente domanda: l’essere umano attuale è veramente appartenente ad un regno superiore a quello degli animali o è ancora appartenente a tale regno?

In questo ultimo caso sarebbe semplicemente un animale del genere essere umano e come tale sarebbe opportuno che si cibasse di vegetali anziché dei suoi simili.

Le stranezze non finiscono:

così come il corpo fisico ha bisogno del nutrimento fisico-chimico-biologico che solitamente ci procuriamo, anche i nostri sentimenti e pensieri hanno bisogno di nutrimento specifico. Quale nutrimento forniamo loro?

I nostri sentimenti e pensieri sono in grado di inviare informazioni al nostro sistema corporale affinché parte del cibo che introduciamo sia adeguatamente elaborato dagli organi interni preposti per fornire nutrimento specifico a tali comparti.

Sappiamo che tutto ciò viene stimolato anche dall’ambiente nel quale viviamo, il quale provvede in parte a fornirci il materiale necessario al nostro sostentamento a patto che una parte di esso, dopo la nostra elaborazione e utilizzo, venga restituito per poter servire anche a chi ce lo ha fornito. Una catena insomma! Una catena che non deve interrompersi mai.

Infatti ecco che noi viviamo grazie all’ossigeno che riceviamo dalle piante durante il giorno e loro vivono anche grazie all’anidride carbonica che noi espelliamo come prodotto della combustione del carbonio per mezzo dell’ossigeno, dall’interno del nostro corpo, assimilandola durante la notte.

Potremo continuare all’infinito nel fare raffronti di questo genere, ma, pur essendo cose risapute e ben spiegate dai medici e scienziati, a noi, semplici mortali, nella nostra pratica giornaliera sembra non interessare granché. Tuttavia, anche se il disinteresse è la realtà nuda e cruda, non di meno la nostra esistenza e salute dipendono anche da questi fatti.

Molti componenti di origine animale, vegetale o minerale introdotti nel nostro corpo non possono essere assimilati senza il giusto veicolo o sono addirittura velenosi. Cosa significa?

Significa, per esempio, che il ferro introdotto come elemento chimico in fialette, cioè come parte estratta e separata dai complessi organici in cui normalmente si trova, passa nel nostro corpo senza essere assimilato, ovvero, nel migliore dei casi, non serve praticamente a niente

Oppure che nella carne ci sono due proteine, la putrescina e la cadaverina che solo dal nome ci fanno capire che bene ci possono fare.

Oppure che non basta dire che una cosa è naturale perché faccia bene: anche il fungo amanita falloide è naturale, ma provate a mangiarne uno e poi mi dite.

Il cibo viene assimilato non solo per via fisico-chimica, ma anche per via eterico-energetica. Cosa significa?

Significa che ci nutriamo anche alla vista del cibo, anche respirando l’aria di un bosco, vedendo il colore del cibo, sentendo l’odore dell’ambiente, vivendo in un ambiente piacevole e sano, ascoltando musica o saltando qua e là in un prato di margherite. Anche il nostro modo di comportarci, di relazionarci agli altri, e il modo in cui si esprime il nostro carattere verso ogni cosa contribuiscono ad alimentarci; persino la nostra nascita in questa o quella parte del mondo e le nostre convinzioni religiose

Ma lascio tutto ciò alla spiegazione degli ambientalisti, ecologisti, medici, psicologi, preti, specialisti del vivere sano, saltimbanchi delle tecniche per tornare sani e conservarsi tali. Tutte cose che funzionano, ma che a me, se permettete, costano più fatica che stare come sono. Come disse un famoso matematico: i conti non tornano. Se devo spendere di più di quello che ricevo, potrà anche far bene, ma è bene che faccia bene ad un altro.

Si tratta di un semplice bilancio energetico, anche qualitativo: infatti basti pensare quale impegno ha profuso il nostro intero essere per trovare costantemente un equilibrio metabolico-funzionale in ogni istante della nostra vita per comprendere che non saremo mai in grado di competere con i suoi sofisticati strumenti di elaborazione.

Se un cibo fa bene, non è detto che mangiare solo quel cibo ci faccia bene; tutte le diete costituite preferenzialmente da particolari alimenti producono effetti importanti rafforzando aspetti caratteriali a volte non proprio desiderabili. C’è sempre il pro e il contro in ogni cosa.

Passiamo ora in rassegna alcuni dei suggerimenti che appartengono alla categoria delle cose che funzionano, ovviamente se condotte nel giusto modo: diete vegetariane, vegane, vegetaliane, macrobiotiche, probiotiche, dei consumatori di sola frutta, dei digiunatori, dei salutisti, dei naturalisti, dei nudisti, di quelli che masticano e poi sputano senza inghiottire, dei quello che ci piace funziona etc etc.

Cosa hanno in comune tutte queste pratiche?

Hanno in comune che quando si dà un ordine al proprio sistema e, in caparbia buona fede, lo si persegue come un obiettivo, anche se alla fine possono rivelarsi peggiore del male, all’inizio e durante daranno sicuramente dei risultati che ci potranno anche colpire favorevolmente. E allora?

Continuo a dire: se il conto si rivela troppo salato, se non è commisurato a ciò che abbiamo avuto, conviene pensarci su prima di “consumare”.

Come si fa a sapere prima come finirà la storia?

Molto semplice!

Basta porsi questa domanda:

cosa c’è di sbagliato in quello che sono attualmente?

Tranne che per questioni patologiche che non vogliamo, né possiamo indagare, la risposta è NIENTE!

Infatti tutto quello che capita ha un senso ed è una lezione che viene presentata affinché la si possa comprendere e utilizzare. Quindi, se abbiamo già a disposizione quello che serve, perché dobbiamo per forza cercare altre complicazioni. Cominciamo a utilizzare quello che abbiamo e poi si vedrà.

Cosa possiamo fare personalmente senza bisogno di aiuti esterni?

1 – Possiamo cominciare ad accettarci per quello che siamo senza volerci modificare a tutti i costi, prendendo tranquillamente atto di come funzioniamo in questo momento.

2 - Successivamente dall’osservazione di noi stessi, possiamo comprendere, molto semplicemente, quali modifiche sino attuabili nel nostro quotidiano, e attuarle senza aspettarci nulla di particolare.

3 – Infine dovremo lasciare tutto il tempo necessario per permettere la comparsa di risultati percepibili, interessanti e duraturi, che potremo accettare o cambiare ulteriormente

Il costo (certo) e la fatica (meno di quella che facciamo correndo dietro a questo o a quel rimedio) necessari perché ciò possa avvenire, richiedono un pagamento in una moneta costituita da onestà verso se stessi, perseveranza e responsabilità.

Ecco il programma:

  • osserviamo il nostro comportamento giornaliero

  • annotiamo quante più informazioni possiamo o desideriamo

  • confrontiamo la nostra qualità della vita con le note

  • deduciamone le indicazioni che fotografano le nostre migliori condizioni

  • perseguiamole con perseveranza.

Nella seconda e terza parte dell’articolo troverete indicazioni pratiche e schede per sviluppare il programma

foto e testo

Pietro Cartella

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Articolo pubblicato il 02/05/2018