La nuova direttiva europea in materia di privacy: che cosa cambia per il cittadino

Attesa per quel che verrà recepito nella legislazione italiana

Il prossimo 25 maggio entra in vigore la direttiva europea n.679, che aggiorna le regole in materia di privacy. Potenzialmente ha effetti rilevanti sull'uso di internet, dei cellulari, e in generale su tanti dati personali che si vedono circolare con troppa facilità.

La direttiva dovrà essere recepita nella legislazione degli stati membri, per cui la rivoluzione non è per il giorno dopo in quanto burocrazia e industria devono prima adeguare i propri archivi. Stabilisce però alcune pietre miliari in materia di trattamento dati:


  • Il consenso dell'interessato (al trattamento dei suoi dati personali) deve essere preventivo e inequivocabile, anche se espresso attraverso dati elettronici.
  • Deve essere esplicito per trattare dati sensibili.
  • Può essere revocato in qualsiasi momento.


I fornitori di servizi Internet e i social media devono richiedere il consenso a chi esercita la potestà genitoriale per trattare i dati personali di minori di 16 anni.

Se si applicano questi semplici principi alle vicende che si trovano fra le notizie quotidiane si scopre che i genitori dei ragazzini che pubblicano in rete video denigratori di amiche e amici sono responsabili dell'atto dei propri figli, ma anche i genitori delle minorenni protagoniste di video hard con il fidanzatino lo sono.

Non parliamo poi di un caso molto più nascosto, che è quello della profilatura di un individuo qualsiasi. Se entro sul sito internet di una banca per fare una qualsiasi operazione on-line mi viene chiesto da quale punto geografico della città interagisco e se vado avanti rispondo a varie altre domande, spesso più o meno comprensibili.

Qui il discorso si complica rispetto al caso dei ragazzini, perché la valutazione si incrocia con l'uso che farà di questi dati l'istituto o l'ente che me li chiede. È ammesso (ed è ovvio che lo sia) che me li chieda per servirmi meglio, cioè propormi suoi prodotti più personalizzati rispetto alle mie esigenze, ma deve essere esplicito nel dirmi l'uso che farà dei dati se questi riguardano la salute, le opinioni, l'appartenenza a movimenti o sindacati; se sto trattando l'acquisto di un servizio o di un oggetto, sta alla mia responsabilità non rispondere a domande che non c'entrano direttamente con il bene o servizio che sto comprando.

Queste riflessioni sono solo la punta di un iceberg di ipotesi. Non è corretto dire che i minori di 16 anni non potranno più usare i social media come Facebook, Youtube, Whatsapp (senza la autorizzazione dei genitori).

È corretto che chi esercita la potestà genitoriale sia responsabile, civilmente, economicamente ed eventualmente penalmente di un uso non appropriato di questi strumenti.

Signori il dibattito è servito!

Giancarlo Micono

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Articolo pubblicato il 27/04/2018